Se la Lega imprime un marchio omofobo, razzista, antisociale, sempre più forte al governo con il M5S, l’opposizione c’è già. E sta nelle piazze di questi pride.
La marea di persone che ascolta il discorso di una signora di 93 anni, partigiana, il dito medio al palazzo occupato di Casapound, le proteste determinate contro il ministro Lorenzo Fontana o l’amministratore leghista e bigotto di turno. I Pride, e quello di Roma del weekend appena concluso è l’ultima conferma, sono diventate le più grandi manifestazioni antifasciste d’Italia.
Un bene per la comunità LGBTI che “diventa grande” e si (ri)scopre impegnata? Un male per gli antifascisti “di ruolo”, i cui cortei sentono la fatica del tempo? Poco importa, se da qui si costruisce. Perché di là, la costruzione già esiste: l’abbiamo visto nelle candidature dei catto-integralisti nella Lega, nei legami obliqui tra quel mondo e i fascisti di Forza Nuova.
Se la sinistra istituzionale ancora balbetta, ansiosa di fare “l’opposizione costruttiva”, sul mantenimento delle promesse di Lega-M5S, in piazza c’è un popolo visceralmente contro un governo che, appena insediatosi, è stato ansioso di dimostrarsi omofobo e razzista.
Un popolo visceralmente contro, al di là della croce segnata sulla propria scheda di voto, che vuole gridare la gioia di un amore riconosciuto, la gioia di una vita salvata, la gioia di una diversità difesa: questa è la vera “opposizione costruttiva”, una ribellione gioiosa, come solo nei Pride si può trovare.
A chi tocca ora fare la prossima mossa? Alla comunità LGBTI dunque, certo non tutta. Non tutta partecipa ai Pride, lo sappiamo, non tutta sarà pronta a chiamare alle loro responsabilità coloro che da alleati stanno consentendo la deriva di questo governo, con il cinismo del complice o l’ingenuità del compare. E tocca anche a tutti coloro che hanno sfilato con noi per le strade del nostro Paese e che lo faranno per tutta l’estate con l’Onda Pride, da Torino a Siracusa.
Per farlo saremo chiamati a fare esattamente l’opposto di quanto predica l’iperattivo ministro dell’Interno del governo: assumere su di noi la battaglia dell’altro. Senza indugi. I diritti civili, i diritti sociali, l’antifascismo, il femminismo. Si chiama intersezionalità, significa restare umani.
Si annunciano cinque anni durissimi, potrebbero diventare cinque anni bellissimi. Dipende da noi.
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