Non si preannunciano buone notizie per la comunità LGBT inglese. Il neo premier Boris Johnson ha voluto come consigliere un ex giornalista, Andrew Gilligan. I due si conoscono bene: quando il primo ministro era redattore di The Spectator , assunse lo stesso Gilligan con il quale poi lavorò. Ora, sarà consigliere ai trasporti. Ma Andrew Gilligan, nei panni di giornalista del The Times e per The Sunday Times, è stato al centro di varie polemiche per alcune sue dichiarazioni di natura transfobica.
Il fatto più grave risale al luglio 2018, quando Gilligan scrisse un articolo per il The Sunday Times, riguardo l’uso dei bagni pubblici per le persone transessuali. Come riporta Pink News, l’allora giornalista Andrew Gilligan parlava in modo scorretto della questione, tanto che i media LGBT (Pink News ad esempio ha un vasto archivio sul personaggio) lo avevano definito “anti-trans“. In particolare in questo articolo criticava il fatto che le persone trans potevano utilizzare i bagni in cui identificavano, nonostante l’aspetto esteriore. Inoltre, a gennaio aveva riportato delle notizie false riguardo un’associazione si supporto ai bambini trans. Alcuni articoli sono stati eliminati dal sito e il giornale ha dovuto pubblicare una rettifica per quanto affermato da Gilligan.
In merito all’articolo di luglio, l’Independent Press Standards Organization (IPSO) aveva definito fuorviante il testo, sottolineando che “non vi era stata alcuna cura nell’accuratezza di tali informazioni in violazione del codice IPSO” .
Lo scandaloso odio di Andrei Gilligan verso la comunità Trans
Ma il neo consigliere sembra avere una vera e propria ossessione per la comunità transessuale britannica. Molti suoi articoli riguardano la questione, solitamente offendendo pesantemente i membri della comunità.
In relazione alle carceri e ai detenuti transgender, nel 2017 aveva sostenuto che la metà delle persone trans detenute potrebbero essere i responsabili di reati sessuali, criticando così la proposta di auto-definizione del proprio genere contenuta nella riforma del Gender Recognition Act.
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