CasaPreti: i miei abiti no gender sono case da abitare. Intervista

Il brand di Mattia Piazza e Steve Gallay è anche un luogo, uno spazio dove la creatività, il saper fare italiano misto ad uno story telling d'autore raccontano una Palermo che tocca il cuore.

casapreti palermo moda fluida no gender intervista
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7 min. di lettura

Mattia Piazza è il fondatore, insieme a Steve Gallay, del brand CasaPreti, un marchio giovanissimo nato a Palermo nel 2017 che sta riscuotendo successo di critica e pubblico. Con CasaPreti il designer punta all’essenza, mettendo al centro del suo mondo le persone con le proprie imperfezioni e diversità arricchendole con linee sartoriali e tessuti estremamente raffinati e pregiati.
Il tutto accogliendo i corpi con abiti pensati come “luoghi da abitare” che abbracciano ed esaltano ciò che all’occhio poco sensibile potrebbe sembrare un difetto ma che in realtà, non è altro che un valore aggiunto caratterizzante.

Mattia è una persona consapevole, sa bene di cosa parla e non ha paura di farlo, se non ci credete leggete la nostra intervista.

Come va, che stai facendo? 

Va tutto molto bene, abbiamo finito da poco la fw22 che ha affronta una tematica a me molto cara che è l’innocenza vista con gli occhi di un bambino, ma anche un po’ cattiva. 

Parlamene

Innocenza è il nome della nuova collezione, sostanzialmente CasaPreti quest’anno compie 5 anni e questa vuole essere una sintesi di questo percorso con accenni nuovi. Sono molto felice di questo lavoro perché dopo Luce, Ama e Pelle che sono le precedenti collezioni arriva al punto giusto.

Partiamo dall’inizio: oggi hai 28 anni ma quando hai iniziato nel 2017 ne avevi 24, quando hai conosciuto il tuo socio Steve Gallay, me ne parli?

Ti dirò, è nato tutto in maniera molto naturale, io mi sono Laureato in fashion design all’Accademia di Belle Arti a Palermo e poi ho girato un pò a random perché non trovavo un posto che mi facesse sentire a casa, sono ossessionato dalla voglia di scappare via dalla provincia e in un certo qual modo viaggiando ho capito che tutto ha un po’ un senso provinciale, nel senso che anche Parigi può essere provinciale. 

Poi ho deciso di restare a Parigi e il mio prof di Fashion Design mi dice che c’è un posto libero da Rick Owens, ma la paga era misera quindi mi sono chiesto se valesse la pena restare a Parigi e guadagnare poco lavorando per altri quando a Palermo sono comodo anche con poco e posso lavorare nella mia città con un brand mio, così nasce CasaPreti, che prima si chiamava MattiaPreti perché prendeva ispirazione da Caravaggio, che diventa subito uno spazio dove si incontrano persone da mondi diversi ma che nel mio atelier si sentono a casa.

Poi che succede?

L’anno dopo CasaPreti diventa un luogo d’attrazione dove la rigidità borghese tipica dell’atelier sparisce per dar voce ad anime punk, informale, chic e varie pazze che vengono da tutta Italia a trovarmi nel mio spazio, tra cui Steve che prima diventa mio cliente e poi amico che mi consiglia di vendere in Svizzera, lui viene da li, e allora decidiamo di diventare soci. 

casa preti

Cosa è per te la moda?

Per come sono fatto io della moda non me ne frega niente, non trovo il fine utile, o quanto meno non lo è per me. La mia progettazione consiste nell’avere un confronto con concetti piuttosto che con oggetti. Io faccio vestiti, ma potrei fare cucina, il performer.

Perché hai scelto i vestiti?

Per non impazzire, perché uno come me se diversifica troppo ha meno forza, quindi ho deciso di investire su un qualcosa di unico che mi dia la possibilità di avere il controllo di tutto: dallo styling alla regia etc..Per me fare vestiti è come fare la pipì, è la cosa più naturale che mi viene da fare.

Cosa proprio non ti piace della moda?

La contemporaneità nella moda mi annoia da morire e poi l’attitudine della critica della moda che generalmente gioca col culo degli altri e che manda a puttane il lavoro degli artisti, per questo me ne frego dei trend e faccio quello che mi pare.

Chi è il cliente di CasaPreti?

CasaPreti produce a Km0, ha un approccio slow, creando piccole collezioni per non riempirci di merce morta, quindi penso che i miei clienti non me li sono scelti, li ho trovati. Vanno dalle sessantenni che fanno le pazze e le ragazze che vogliono giocare con la moda. Il mio pubblico è queer ma in realtà è pansessuale.

CasaPreti si trova in un quartiere popolare di Palermo, ai Lattarini, e quindi ti chiedo: conosci tutti i tuoi clienti?

Si, più o meno li conosco tutti perché passano tutti da qui, tranne quelli che acquistano via Instagram perché non mi occupo io di quella parte li. 

Cosa intendi per buono uguale bello?

Io parto sempre dal presupposto che tutti i contesti lavorativi e le situazioni che mi hanno portato alla bellezza sono contesti illuminati. Ti spiego: Platone parlava di tre nature una aurea, una argentea e una bronzea e ferrea e in qualche modo io cerco di fare il mio lavoro con una natura aurea, ho sempre lavorato con persone grandiose, piene di bontà, non nel senso democristiano del termine, e di innocenza. Il gusto poi ha un altro senso, un capo CasaPreti può farti schifo, ma non puoi negare che il modo in cui è stato prodotto non sia buono. Per questo buono per me è uguale a bello.

 

CasaPreti: i miei abiti no gender sono case da abitare. Intervista - Casa Preti AI 21 22 16 scaled - Gay.it

Come è stato sfilare ad AltaRoma?

Adoro il mood di AltaRoma perché è una realtà che ti permette di interfacciarti in modo super professionale al mondo della moda e poi ho amato la sua attitude un po’ del sud che ho trovato più rilassata rispetto al mood di Milano. Ti dirò, è quasi come Parigi. 

Quindi Milano non ti piace?

Ho fatto il White a Milano e mi sono accorto che c’è un problema di fondo nella moda italiana che è  quello di non saper far squadra, al contrario dei francesi. Questo mi dispiace molto, perché la gara del chi ce l’ha più grosso non funziona più.

Se penso a CasaPreti mi viene in mente un posto che si abita, e da abita poi mi viene in mente l’abito. È un trip mio o i tuoi vestiti sono luoghi d’abitare?

No, non è solo un tuo trip. Io penso agli abiti come dei luoghi d’abitare per questo i miei pezzi vestono over, perché accolgono il corpo in metraggi di tessuti infiniti cuciti benissimo e tagliati altrettanto bene perchéper me questo è fondamentale, non mi piace fare tagli a vivo anche perché Margiela esiste già.

 

casa preti

Parli di taglio e cucito perché ti definisci più sarto che designer?

William Morris parlava di art and craft e mi ci rivedo tantissimo perché odio le limitazioni date dalla carta perché ho bisogno di toccare il materiale, sono estremamente carnale e di conseguenza prima di produrre provo i materiali sul mio corpo, mi blocco male con l’odore, la tridimensionalità, quindi lascio agli altri come definirmi, perché io non so circoscrivermi in una definizione. Un pò come quando mi chiedono se devono darmi del maschile o femminile. Tutto mi sta stretto e niente mi sta stretto. 

A proposito di maschile e femminile, mi pare che la tua moda non abbia genere.

Si, è così ma già da prima che diventasse cool il no gender. Anche quando creo un pezzo non penso mai se lo abiterà un uomo o una donna. Non mi interessa questo.

Una delle tue passate collezioni si chiama Ama che immagino venga da amare, qui a Milano nella comunità gay usiamo Ama per chiamare gli amici. Me ne parli?

Questo nome porta con se mille sfaccettature, per me era Ama come dici tu, poi era Ama che è il nome della raccolta rifiuti di Roma e poi la base del mio pensiero che è l’amore in tutte le sue parti.

Pensi di sfilare o di presentare le tue collezioni a Milano?

Ora come ora stiamo cercando di capire quale sia la strategia migliore, visto il momento che stiamo vivendo, quindi non so. 

Hai vestito La Rappresentante di Lista a Sanremo l’anno prima che andassero al Festival come concorrenti, come è nata questa relazione?

Per via del mio lavoro tendo a non far parte del sistema quindi quando Dario e Veronica sono venuti a CasaPreti io manco sapevo chi fossero, parlando poi mi dissero che facevano i cantanti e abbiamo giocato con i vestiti, abbiamo indossato degli abiti e poi veloci come un treno. Arrivò Sanremo, poi il video di Wow con i miei pezzi. Con loro è tutto molto in divenire, siamo amici e li amo intellettualmente, il nostro lavoro insieme è come un atto politico.

 

CasaPreti: i miei abiti no gender sono case da abitare. Intervista - Schermata 2022 01 11 alle 17.29.59 - Gay.it

In che senso?

Un po’ di tempo fa ho saputo che due persone a Palermo erano state aggredite e in quel momento ho deciso di scendere in piazza con la mia collezione AMA in giro per Palermo, così ho chiamato Dario e Veronica per farmi dare una mano, dal momento che loro sono molto conosciuti perché dobbiamo dire di no alla violenza, dobbiamo solo amare e così abbiamo fatto, perché CasaPreti non può tacere davanti a questo scempio.

C’è qualcuno che nella moda che proprio non ti piace mentre qualcuno che ami follemente?

Trovo che il lavoro del designer oggi sia complicatissimo e quindi in generale non mi piace giudicare il lavoro degli altri perché ci vuole una vita per capire il lavoro di un brand per questo penso che chi si affacci alla moda oggi è da considerare un eroe. Tra i contemporanei non c’è qualcuno che racconta una storia che mi intriga particolarmente. Mentre dal passato amo Pierre Cardin, Capucci, Cristobal Balenciaga. Che sogno.

CasaPreti: i miei abiti no gender sono case da abitare. Intervista - Schermata 2022 01 11 alle 17.27.59 - Gay.it

Che musica ascolti?

Musica Classica tantissimo, l’indie e la vecchia musica italiana come la Vanoni e la Bertè e Battisti, anche se nella narrazione è un po’ razzista. 

Se CasaPreti fosse qualcosa da mangiare cosa sarebbe?

Un cioccolatino quadrato su un piatto bianco ma che quando lo mordi sa di peperoncino e un mix di sapori che non so descriverti.

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