Si chiama Simon Fanshavwe e agli italiani questo nome non dirà un granché. Ma in Gran Bretagna, il paese dove vive e lavora, questo signore è considerato un pezzo grosso del giornalismo. Nonostante sia dichiaratamente gay, Fanshavwe non è per niente orgoglioso dell’ambiente che lo rappresenta. Troppa frivolezza a suo dire, ma non solo.
Per dimostrare a tutti quelle che negli anni sono diventate per lui delle convizioni radicate, alcune delle quali molto decise, senza sconti né sfumature, il giornalista ha realizzato il documentario "The Trouble with Gay Men" (letteralmente: "Il problema con gli uomini gay") che andrà in onda sul canale inglese BBC3.
Chi ha avuto modo di visionarlo in anteprima racconta quanto dia un’immagine del mondo gay – londinese nello specifico ma facilmente generalizzabile agli altri ambienti gay occidentali – fatto di superficialità, narcisismo, immaturità psicologica e distruttività (e chi più ne ha più ne metta).
Lo scopo è duplice, perché se da una parte Fanshavwe ritiene di voler esprimere il giudizio sulla gay-lifestyle dall’altra spera che le cose possano cambiare e i gay maturare. Ma vediamo nello specifico quali sono le accuse lanciate dal giornalista verso l’ambiente omosessuale.
Troppo sesso
Si inizia dal sesso: gran parte del tempo libero dei gay ruoterebbe intorno ad esso. Anzi, «quello che gli omosessuali hanno fatto è definire la propria identità intorno al sesso – sostiene Fanshavwe – e ciò è corrosivo. Peggio ancora, la promiscuità è divenuta la norma». «Gli omosessuali – continua il giornalista – sono talmente votati al sesso libero da sottoporsi a plastiche e trapianti per migliorare il proprio aspetto.» Trovare un’intimità genuina sarebbe praticamente impossibile.
«Abbiamo combattuto discriminazione e pregiudizi», afferma Fanshawe, «solo per distruggerci con droghe e sesso selvaggio». «Siamo schiavi della vanità. Nonostante l’Aids siamo ancora alla ricerca dei piaceri sessuali, e ci autodistruggiamo con le ultime droghe. Siamo piú che felici di dare al mondo l’immagine degli uomini gay come checche effeminate».
Nessuna relazione seria
Il divertimento continuo, dice Fanshavwe, è sintomo di uno stato di «eterna adolescenza» da cui i gay dovrebbero uscire e finalmente crescere. Ma la felicità sarebbe solo apparente. Il cinismo (o realismo) del giornalista inglese è categorico: la vita omosessuale è incompatibile con la fedeltà delle relazioni umane. Per questo le unioni civili tanto richieste non servirebbero a nulla, tanto «le tentazioni esterne saranno sempre d’intralcio tra due uomini che vogliono avere una relazione lunga ed affettuosa».
In sostanza: fra gay non ci può essere nessun coinvolgimento emotivo fino a quando il sesso animalesco sarà considerato come unica fonte di felicità e divertimento.
C’è una droga? I gay la provano!
Ma al di là del giudizio apparentemente moralistico, Fanshavwe racconta anche storie di droga, che in realtà è il suo pretesto per affermare un’autodistruttività insita negli omosessuali. Perché «se esiste una droga, i gay saranno i primi a provarla». E cita un dato: un gay su cinque, a Londra, fa uso di anfetamine. La disinibizione porterebbe ad altro sesso, altra felicità fasulla, altre relazioni che finiscono nel nulla per colpa di questo. E il cerchio si chiude.
E tu? Sei d’accordo con il lato del mondo gay documentato da Simon Fanshavwe? Ti riconosci in questo profilo di eterno adolescente dedito solo alla cura del proprio fisico, ai rapporti occasionali e alle droghe?
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