È sempre un piacere rivedere sul grande schermo quel bel tenebroso di Colin Farrell, star irlandese gay-friendly il cui lancio definitivo è in realtà ancora da venire (i film a tematica omo-bisex non gli hanno però portato troppa fortuna, dal kolossal zoppicante "Alexander" al letterario "Una casa alla fine del mondo"). Rieccolo nel passabile gangster movie "London Boulevard" dell’esordiente alla regia William Monahan, sceneggiatore premio Oscar per "The Departed" di Scorsese, in un ruolo che gli calza a pennello, l’ex galeotto inquieto Mitchel incapace di star lontano dal crimine e i suoi ammalianti vortici malavitosi.
Adattando l’omonimo romanzo del 2001 di uno specialista del genere hard-boiled conterraneo di Farrell, Ken Bruen, il bostoniano Monahan parte in zona "Viale del tramonto" – il titolo ricalca l’originale "Sunset Boulevard" – affiancando, in un’inedita Londra da bassifondi, lo spaesato Mitchel a una neodiva dai nervi fragili, Charlotte (una Keira Knightley piuttosto trattenuta e sottoutilizzata), col compito di proteggerla dagli invadenti paparazzi che assediano la villetta di Holland Park nella quale si è autoreclusa con un ex attore sballato dallo humor disarmante (un irresistibile David Thewlis in una caratterizzazione piuttosto queer).
Ovviamente tra Mitchel e Charlotte scoccherà la scintilla passionale, ma il regista sembra voler fuggire i risvolti edulcorati da commedia sentimentale per addentrarsi con consapevolezza in un’intricata trama noir: quando Mitchel si mette a collaborare con l’instabile Billy (un Ben Chaplin sfattissimo) che vive riscuotendo prestiti ad usura, gli viene presentato il suo boss, il potente e pericoloso Gant (Ray Winstone, insostituibile) che è gay e adocchia Mitchel sia come preda sessuale che come possibile erede nella piramide criminale nella combine di una rapina proprio all’interno della villa della bella Charlotte. Peccato che la caratterizzazione del personaggio sia piuttosto manichea – Gant sembra davvero l’incarnazione del male assoluto – e intrisa di fastidiosi luoghi comuni (è diventato gay perché abusato da uno zio durante l’infanzia) anche se la vendetta stupratrice nei confronti dell’incolpevole medico proprietario dell’appartamento ‘sottratto’ dal boss ha un che di sardonico che dà un tocco di humor nero azzeccato.
Chi ama il genere troverà tutto l’armamentario codificato che ci si può aspettare, attraverso uno stile action-ironico dai ritmi serrati e pochi orpelli, sulla scia del cinema adrenalinico di Guy Ritchie e della letteratura classica di Chandler ed Ellroy: scazzottate sanguinolente, sparatorie a raffica, vendette trasversali, droga a fiumi, locali di lap-dance malfrequentati, debiti d’onore riscossi a prezzo della vita. Anche il personaggio dello spietato boss gay non è a dir il vero originale e ha un precedente in un film inglese del 1971, "Il Mascalzone" ("Villain") di Michael Tuchner, su un brutale gangster omosex, Vic Dakin, interpretato nientemeno che da Richard Burton, in combutta con un ispettore di Scotland Yard e legato alla madre da una dipendenza edipica ossessiva.
A rendere gradevole l’inappuntabile confezione di "London Boulevard" contribuisce l’ottima fotografia notturna di Chris Menges, vincitore di due Oscar, e una colonna sonora davvero strepitosa firmata da Serge Pizzorno, apprezzato chitarrista dei Kasabian, che condensa Dylan, Rolling Stones e Yardbirds in un amalgama sixty molto accattivante.
© Riproduzione Riservata