Avreste mai il coraggio di metter su famiglia in uno Stato dove la vostra sessualità è un crimine? Olivia Chiong e Irene lo hanno avuto, e con la loro Zoey di 3 anni vivono a Singapore, luogo dove l’omosessualità è reato.
La vita per la comunità LGBTI non è tragica come in altre parti del mondo (abbiamo visto, nei giorni scorsi, le situazioni assurde di Kenya e Uganda): ne abbiamo già parlato spesso (qui per tutte le news passate a riguardo); tuttavia l’arcaica sezione 377A del codice penale, che di fatto vieta l’omosessualità ma non è attivamente applicata dalla polizia, permette che l’omofobia dilaghi e che non venga fatto nessun passo in avanti in fatti di diritti civili, e per i singoli e per le coppie formate da persone dello stesso sesso. Infatti al momento non esiste nessun tipo di regolamentazione civile per le unioni omosessuali.
Nonostante ciò, grazie al loro amore, Olivia e Irene si sono costruite un nido. Incontratesi nel 2008, sono state fidanzate per 6 anni e poi hanno deciso di fare il grande passo: grande passo ovviamente metaforico, poiché non hanno potuto in alcun modo “sancire” legalmente la loro unione. Questo vuol dire che le due ragazze non hanno accesso a nessun tipo di aiuto concesso alle coppie eterosessuali, compresa la possibilità di affittare o comprare una casa con i sussidi del governo o di unire i propri contributi fiscali in un unico nucleo familiare.
I passi importanti sono stati due: nel 2014 hanno celebrato un’unione a San Francisco, anche se poi questa non è stata riconosciuta una volta tornate a casa; ma già prima dell’unione, nella seconda metà del 2012, le due ragazze si sono recate a Bangkok per avere un figlio tramite pratiche di inseminazione artificiale: ovviamente a Singapore è vietata ogni pratica di fecondazione assistita alle coppie dello stesso sesso.
“Anche a Bangkok abbiamo affrontato molte difficoltà”, afferma Olivia. “Ho dovuto fare numerose visite psichiatriche per essere diagnosticata come ‘sana di mente’ e il mio utero era stato inizialmente bollato come non adatto ad una gravidanza”. Nonostante tutto la ragazza è riuscita a rimanere incinta, ma anche durante la gravidanza i problemi non mancarono: “Siamo state costrette a seguire dei corsi prenatali dove eravamo l’unica coppia omosessuale, e tutti ci consideravano in modo diverso”. L’11 marzo 2013 però, tutto cambia e un nuovo capitolo nella vita di Irene e Olivia comincia: nasce Zoey, la loro gioia più grande.
La fortuna per loro è di essere due professioniste che guadagnano bene, altrimenti non sarebbe stato minimamente possibile avere un bambino: “Non riceviamo alcun bonus nascita, né alcun altro tipo di beneficio, in ogni campo. Le coppie etero li hanno: siamo fortunate ad essere mediamente benestanti, altrimenti non avremmo avuto la possibilità di avere nostra figlia”. Nonostante Irene abbia cambiato il cognome in Chiong, sperando che questo potesse aiutarla ad ottenere la parentela genitoriale con Zoey, Olivia è l’unica ad essere effettivamente riconosciuta come madre della bimba, essendo il unico genitore biologico noto.
Dopo l’esperienza della maternità che l’ha cambiata radicalmente, Olivia ha iniziato a scrivere su un blog (qui il link) della quotidianità con Zoey e Irene: il sito è diventato così famoso che una casa editrice, la Epigram Books, ha chiesto a Olivia di scrivere un libro sulla loro storia. È così che è nato “Baby Zoey: Our Search for Life and Family”, che verrà pubblicato il 30 aprile. “Non sarei mai riuscita a pubblicare il libro se non fossi stata contattata direttamente dalla Epigram: avere un blog e scrivere un intero racconto sono cose ben diverse, per cui ho dovuto parlarne con Irene e decidere cosa fare. Il libro contiene dettagli molto intimi della nostra storia e del nostro percorso, a volte molto tortuoso, per avere nostra figlia”.
Olivia spera che alzando con umiltà la propria voce molte più coppie omosessuali vengano allo scoperto, e che con la pubblicazione del libro qualcosa cambi nella legislatura: “Dopotutto paghiamo le tasse come tutti! Non è giusto, per i nostri figli, subire questo tipo di discriminazione. Ad esserne svantaggiati saranno loro, in futuro”.
Ci auguriamo che il loro coraggio serva davvero a cambiare qualcosa a Singapore, e che finalmente vengano riconosciuti i diritti che spettano a ogni famiglia, comprese quelle omosessuali come quella di Olivia e Irene.
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