Il 17 maggio, Giornata Internazionale contro l’Omotransfobia, un ragazzo di 16 anni è stato picchiato dallo zio solo e soltanto per aver legato una bandana rainbow al suo zaino, prima di uscire con delle amiche. A denunciarlo sui social Silvio Cilento, presidente Arcigay Cosenza.
Lo zio, avvisato dal padre del ragazzo, dinanzi al nipote con una semplice bandana rainbow gli ha urlato contro “non vogliamo ricchioni nella nostra famiglia“, per poi prenderlo a schiaffi, a pugni, a calci. Non contento, ha chiamato altri tre uomini adulti per aiutarlo nel pestaggio. Risultato: 4 costole rotte, setto nasale deviato, lesioni di vario genere. A quel punto lo zio lo ha caricato in auto, dicendogli: “Ora muori in casa”.
“Siamo in Calabria. Siamo in provincia di Cosenza. Sono state fatte le giuste e necessarie denunce. Non serve altro“, scrive Cilento su Facebook. “Fisicamente il ragazzo sta meglio, si riprenderà Moralmente e psicologicamente non oso immaginare come stia, forse non lo voglio immaginare. Non chiedetemi altro, per questioni di tutela è necessario assumere un atteggiamento di chiusura e di riservatezza. Condivido con voi tutte e tutti questo episodio solo per ricordarvi quanto è necessario e importante parlare di violenza di genere, di questioni LGBTI, di identità di genere e di orientamenti sessuali. Per farvi capire quanto sia necessario parlare del 17 maggio, di omofobia, transfobia e lesbofobia. Per darvi un buon motivo per scendere in piazza e partecipare, partecipare e partecipare alle iniziative di contrasto all’odio e alla violenza. Per darvi un motivo in più“.
E se in ospedale sono stati/e super accoglienti e gentili e le forze dell’ordine hanno svolto il loro lavoro, tutt’altro da dire ci sarebbe sugli/sulle assistenti sociali, denuncia Cilento, con un doloroso “stendiamo un velo pietoso“.
“Ora andate a spiegargli che non serve una legge“, ha tuonato Alessandro Zan.
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