Intervista a Marco Albergati: amori e fascismi ne “La più bella estate”

Marco Albergati ambienta in piena era fascista la storia di un uomo che ha trascorso tutta la sua vita a non avere consapevolezza di sé e dei suoi desideri.

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Marco Albergati è l’autore di La più bella estate (Augh!), romanzo ambientato nella Bologna del Intervista a Marco Albergati: amori e fascismi ne "La più bella estate" - 2018 05 12 16.42.43 - Gay.it1928 ma in realtà assolutamente attuale.

A un quieto bibliotecario non più giovane viene inviato da un collega napoletano un manoscritto che lo fa precipitare in una vera e propria ossessione omoerotica che lo conduce alla scoperta di sé e alla consapevolezza dell’incompatibilità col regime: a cosa ti sei ispirato per questa storia? Per certi versi il protagonista ricorda Gabriele, omosessuale interpretato da Mastroianni in Una giornata particolare di Ettore Scola.

Non conoscevo quel film, quando me ne hai parlato l’ho visto: magnifico. Bello e attuale anche al di là della questione del fascismo. Se il mio libro fosse un film, il bibliotecario Mastroianni sarebbe perfetto! Ho avuto la stessa reazione quando il comitato del premio Calvino ha scritto che il mio romanzo ricordava “Gli occhiali d’oro” di Giorgio Bassani. Sono molto contento di questi accostamenti perché mi confermano che quanto ho scritto ha colto lo spirito di quel tempo, senza incorrere nelle forzature della penna di un contemporaneo poco accorto o interessato a proporre una tesi ideologica. In realtà però l’idea mi è venuta leggendo I Neoplatonici, di Luigi Settembrini, un romanzetto omoerotico scritto da un uomo colto e impegnato politicamente, un eroe ottocentesco della Patria con tanto di famiglia, che, sorprendentemente, si è trovato a mettere per iscritto fantasie poco ortodosse, diciamo, per quel tempo, che sono state ritrovate proprio negli anni in cui è ambientato il libro. Allora mi sono chiesto cosa avrebbe potuto sentire nel profondo un uomo di regime, tutto d’un pezzo, se si fosse accorto di vivere così intensamente una passione omosessuale. Da lì poi, le pagine si sono scritte (quasi) da sole.

Un ruolo molto importante nel tuo libro è rivestito dal potere delle parole e del linguaggio: come mai questa scelta?

Hai ragione. In realtà la lingua che ho usato è inventata. Visto che il romanzo è in forma di diario, volevo che la voce narrante potesse esprimere i propri sentimenti e descrivere ciò che vedeva con le parole che avrebbe usato un uomo colto dell’Italia fascista. Se avessi usato esattamente quella lingua, il testo sarebbe risultato di difficile lettura da parte di un moderno, come ci si accorge sfogliando qualche romanzo dell’epoca, di quelli che si trovano ancora sulle bancarelle, o curiosando fra gli archivi dei giornali del ventennio. Quindi ho semplificato al massimo, ma ho cercato di mantenere alcune parole, alcuni modi di dire che potessero lasciare il gusto di quegli anni.

Quali sono i fascismi di oggi?

Ah, ma questa è una domanda difficilissima. Secondo me Pier Paolo Pasolini ha dato una rappresentazione molto lucida di cosa possano essere i fascismi dopo Mussolini. Nonostante siano passati anche cinquant’anni da alcuni suoi testi, le sue riflessioni sul fascismo restano estremamente attuali. Andrebbe riletto e meditato. Garzanti ha recentemente pubblicato alcuni suoi interventi sul tema. Personalmente credo che il fascismo del ventennio sia, almeno in Italia, morto e sepolto, nonostante qualche idiota con il braccio destro alzato. Credo che ci sia fascismo ogni volta che un gruppo di persone, più o meno ristretto, impone con un misto di forza e di consenso la propria idea di cosa è bene e di cosa è male alla maggioranza. Sono convinto del fatto che il vero fascismo globale ora sia quello del mercato, è il fascismo del discorso economico totalizzante che non ci consente di pensare altrimenti. Sospetto che sia destinato ad evolvere, ma a durare ancora molto.

Intervista a Marco Albergati: amori e fascismi ne "La più bella estate" - piatto Web Visentin - Gay.itTu insegni all’università, quindi hai un osservatorio privilegiato sui ragazzi che si trovano ad affrontare la precarietà generale odierna: sono più spaventati, speranzosi, delusi o rassegnati?

I ragazzi di oggi sono la vera speranza per il domani, ed è proprio così, anche se suona retorico dirlo. A differenza dell’impegno degli anni settanta, ottanta e novanta, però, la maggior parte di loro è anestetizzata dalla cultura del possedere e dell’apparire. C’è poco impegno politico, e, dove c’è, tende spesso a polarizzarsi su posizioni antistoriche. L’individualismo che ci ha insegnato la cultura anglofona della ricerca del successo genera esclusione e i pochi entusiasmi che si scorgono (perché ci sono!, quella è l’età dell’entusiasmo e dell’impegno) vengono fagocitati dalla massa inconsapevole o strumentalizzati da una politica poco illuminata. In molti di loro vedo la voglia di cambiare, c’è maggiore attenzione all’ambiente, all’equità, alle diseguaglianze. Alle volte però il vivere quotidiano, tragicamente, distoglie l’attenzione dalle cose importanti della vita e la fissa, invece, sulla rincorsa degli idoli moderni della visibilità sui social o del denaro. Io sono fiducioso: anche dove si ripone ormai poca speranza nella politica o nella forza del ‘popolo’, molti si impegnano individualmente. Spero che in futuro ci sia una presa di coscienza collettiva, oserei dire rivoluzionaria, che deve partire dal basso: deve partire da loro.

Che diresti a un ragazzo che fa fatica a fare coming out? Com’è stato il tuo?

Gli direi che non è affatto necessario fare coming out. Io non l’ho mai fatto, il mondo se n’è accorto più o meno gradualmente, si è accorto di qualcosa che andava stagliandosi lungo l’orizzonte dell’ovvio. Ho molti amici che hanno fatto coming out. Alcuni lo hanno fatto con rabbia, creando grande sofferenza a chi li circondava, alcuni lo hanno fatto con naturalezza, perché chi gli stava attorno aspettava solo una parola di conferma, altri lo hanno fatto come atto simbolico, coraggioso e ribelle (ed è grazie a loro che noi possiamo vivere più apertamente e serenamente la nostra natura, nonostante tutto), e altri ancora lo hanno fatto per disperazione. Io vedo i miei studenti o le mie studentesse gay, si baciano in pubblico, postano sui social le foto con il moroso o con la morosa, vivono il loro amore con la stessa naturalezza di un amore eterosessuale. Resto sempre molto impressionato di fronte a quella naturalezza, e commosso, perché appartengo ad una generazione diversa. Per la mia di generazione sarebbe insolito mettere su Instagram la foto di un risveglio con il proprio partner anche per una coppia eterosessuale, non è una questione di omosessualità. Ti dirò di più, mi è stato chiesto se il protagonista del mio libro stesse raccontando una specie di coming out: niente di più lontano culturalmente dal mondo in cui viveva (in proposito è stato scritto molto). La faccio breve: non voglio essere normativo, ognuno ha il suo vissuto, ha il suo percorso. Se ritiene di fare coming out lo faccia, ma credo che il bello dell’oggi e l’immensa fortuna di vivere in un Paese come il nostro sia che, tutto sommato, a parte le sempre presenti resistenze del tradizionalismo perbenista, non freghi a nessuno con chi andiamo a letto.

 

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