La direttrice di Raitre, Daria Bignardi, su Vanity Fair ha voluto dire la sua sul caso Balivo–Leotta, scoppiato durante Sanremo >>> LEGGI QUA.
Ecco cos’ha scritto nella sua rubrica:
La conduttrice Diletta Leotta, con quel nome da cartone animato, mi è molto simpatica. È una ragazza solare, che ha dato un buon esempio di come si possa reagire a una violenza come quella che ha subito lei: fotografie private rubate e diffuse in Rete, evento dal quale una persona meno strutturata avrebbe potuto, e purtroppo capita che sia, venire travolta.
Non solo Diletta Leotta invece ha reagito e ha denunciato, ma si è presentata a Sanremo per parlare di cyberbullismo vestita come un papavero sexy: corpetto a reggiseno e ampia gonna con spacco – subito definito «alla Belén» – rossi, con ricami argentati. Una scelta che rafforza il messaggio del non lasciarsi intimidire dai violenti e dagli scorretti.
La vicenda delle polemiche sull’abbigliamento scelto da Diletta Leotta per presentarsi al Festival è nota: una collega ha scritto un tweet critico («Non puoi parlare della violazione della #privacy con quel vestito e con la mano che cerca di allargare lo spacco della gonna»), altri l’hanno difesa, e la domenica pomeriggio, nel programma L’Arena, si è dibattuto su chi avesse torto e chi ragione, e perché.
Alba Parietti ha parlato dell’opportunità di un abbigliamento più sobrio se si parla di un tema serio, Maria De Filippi ha risposto: «È come dire che ti violentano perché avevi la minigonna».
Il tema è meno banale di come appaia. In parte perché ci parla del nostro provincialismo – Chi mai a una notte degli Oscar si sognerebbe di criticare l’abito sexy di un’attrice che ha recitato in un film impegnato? – ma soprattutto, per quanto mi riguarda, perché indica quanto diamo importanza all’abbigliamento.
È inevitabile: il modo in cui siamo vestiti e pettinati è la prima cosa che parla di noi, quando ci mostriamo in pubblico. Ma non tutti hanno la capacità o la voglia di scegliere abiti o pettinature che gli somiglino: alcune persone privilegiano la comodità, altri fanno scelte incerte, altri si travestono da quello che non sono. Di qui la grande comodità della divisa maschile: abito, camicia, cravatta.
Ho sempre aspirato a vestirmi in divisa. Ho vissuto anni in jeans e maglione d’inverno e jeans e camicetta d’estate. In Tv ho sofferto parecchio prima di trovare uno straccio di stile che mi facesse sentire vagamente a mio agio, che alla fine si è ridotto a una serie di abiti neri più o meno uguali. Quando ho smesso di condurre e sono finalmente scesa dai tacchi, che non ho mai saputo portare e mettevo solo in studio per non sembrare una papera, sono tornata ai miei pantaloni e camicetta o maglione tutti uguali con grande soddisfazione.
Bisogna fare le cose che ci si diverte a fare: non potrei mai giocare in Borsa, perché non sono capace e non mi divertirei, così come non posso inventarmi uno stile
ogni mattina: non sono capace, non ho tempo, penso ad altro. Detto questo, in certi periodi scelgo i vestiti da indossare con più cura che in altri,
ascoltandomi, chiedendomi di che colore o di che indumento ho voglia quel giorno. Dipende dall’umore, dalla concentrazione, dal tempo a disposizione.
Vestirsi è un’arte e un divertimento, oltre che un piacere. Vestirsi per lavoro, se si ha un ruolo pubblico, a volte è un dovere. Per una donna di venticinque anni che va al Festival di Sanremo, non a un convegno alla Camera, a dire alle ragazze più giovani di lei di non aver paura delle intimidazioni e delle violenze, perché avere nel telefonino foto private e intime non è una colpa, ma la colpa ce l’hanno i ladri che le rendono pubbliche, secondo me un vestito rosso da papavero sexy è perfetto.
https://www.gay.it/donne/news/de-filippi-contro-caterina-balivo
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Ma di che cosa stiamo parlando? Ho appena visto il video della tipa a Sanremo, sembrava la Lecciso....concentrata a guardarsi nei monitor e attenta a aprire bene lo spacco inguinale del vestito, in modo che il pubblico vedesse tutto. Ognuno faccia quello che vuole, non me me può fregar di meno, ma tentare di far passare certi personaggi per paladini dei diritti delle donne e gli altri per sessisti è qualcosa di assolutamente ridicolo.
Mah credo che se la Balivo si fosse fatta i fatti suoi, la veloce apparizione all'Ariston della giornalista sportiva sarebbe passata quasi inosservata, compreso il messaggio nobile. Quindi non tutto il male vien per nuocere anche se come al solito si guarda il dito anziché la luna.