Dopo più di sei mesi sono arrivati i risultati dell’autopsia sul corpo di Luca Varani, il giovane ucciso a marzo a Roma da Marco Prato e Manuel Foffo. Luca ha provato a disarmare i suoi assassini: questo è quello che dicono le sue impronte sulle impugnature del coltello e del martello usati per colpirlo e sul cavo elettrico con cui Prato e Foffo cercarono in un primo momento di strangolarlo.
Un accanimento eccezionalmente cruento: Luca Varani è stato infatti ucciso con cento fra colpi di martello e coltellate. “Seviziato e torturato” è il responso finale dell’autopsia consegnata ieri al pm Francesco Scavo. Un risultato che però dal punto di vista processuale andrà incrociato con quello degli altri esami e dei vari test.
Quello che ormai è chiaro è che due assassini fecero abbondante uso di alcol e droga (anche il Ghb cosiddetta “droga dello stupro”). Valori molto elevati, come l’11% di tasso alcolico nelle urine di Prato o i 142 mg/ml di cocaina per Foffo rilevati dai suoi peli pubici. Sempre dai test effettuati è emerso che i due non erano consumatori occasionali: questo potrebbe dare materiale alle difese per sostenere la non consapevolezza di Prato e Foffo su quanto fatto quella notte.
Ma altri dati possono già mettere in dubbio la versione fornita dal pr nel suo unico interrogatorio: “Foffo era una furia, ha fatto tutto lui”, ha dichiarato Prato. Scenario che viene smentito dal fatto che sul manico del martello e sulla parte alta di quello del coltello ci sono anche le sue impronte. Gli esami tossicologici verranno discussi davanti al gip il 27 settembre.
Domani ci sarà invece il primo doppio sopralluogo nella casa del delitto in via Igino Giordani e nella stanza d’albergo a piazza Bologna dove Prato avrebbe tentato il suicidio. I due luoghi sono rimasti sigillati in tutti questi mesi e mai nessuno ha potuto accedervi.
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