Sulla donazione del seme, a differenza di quella del sangue, si sa ancora relativamente poco. O meglio, non se ne parla così tanto come l’altra, quindi i dettagli che la riguardano non sono conosciuti da una grossa fetta dell’opinione pubblica, compresi i diretti interessati. Anche se le linee guida più generali si somigliano, i diversi Paesi hanno delle legislazioni diverse per quanto riguarda la donazione del seme nelle banche dati e, alcune di queste, discriminano ancora gli uomini gay e bisessuali.
L’argomento è tornato scottante negli Stati Uniti nei giorni scorsi quando la notizia della disavventura di TreVaughn Roach-Carter, uomo gay di 26 anni originario della California, che aveva contattato la Sperm Bank of California per donare il proprio sperma. Il ragazzo ha reso nota la propria storia dopo aver ricevuto la mail in cui gli si comunicava che era stato rifiutato dalla banca del seme perché nel questionario iniziale aveva indicato di essere omosessuale.
Può sembrare anacronistico, visti anche i recenti passi avanti fatti nell’ambito della donazione del sangue, ma negli Stati Uniti è ancora vietato agli uomini queer di donare lo sperma. Più in generale, le norme stabilite dall’FDA, la Food and Drug Administration americana, sono estremamente restrittive e includono un esame fisico e psicologico, una storia medica di tre generazioni, un controllo dei precedenti penali, uno screening genetico e un’analisi dello sperma. Bonus aver raggiunto una laurea, o comunque un livello di istruzione superiore, ed essere almeno alti 1,70m.
Il processo, già abbastanza selettivo di per sé, ha un però un problema fondamentale per la comunità LGBTQ+. La norma dell’FDA che vieta agli uomini queer di donare il seme risale al 2005, non così tanto tempo fa, è vero. Peccato che all’epoca il divieto venne istituito sulla base dei dati risalenti agli anni Ottanta e Novanta, quando si registrava il picco nell’epidemia di AIDS che decimò la comunità. Il risultato è che il divieto sussiste per tutti gli uomini che abbiano intrattenuto rapporti sessuali con altri uomini nei cinque anni precedenti alla richiesta.
Ora che la questione è tornata alla luce grazie alla storia di TreVaughn Roach-Carter, i gruppi di attivisti americani stanno già chiedendo che la legislazione venga cambiata, essendo questa basata su stereotipi e pregiudizi che non corrispondo più alla realtà in cui ci troviamo oggi dal momento che, come si continua a ripetere, l’AIDS non è una malattia esclusiva degli uomini gay e, soprattutto, il fatto di avere rapporti sessuali con gli altri uomini non implica automaticamente che il soggetto donatore sia a rischio di trasmissione.
In Italia, invece, la situazione è un po’ diversa e, per una volta, leggermente a favore della comunità LGBTQ+. Se è vero che l’uso delle banche del seme per la fecondazione artificiale è possibile esclusivamente per le coppie etero ed è vietata invece alle coppie omosessuali, non vi sono alcune restrizioni agli uomini gay o bisex per quanto riguarda la donazione dello sperma a una banca del seme.
Le condizioni che le norme italiane pongono per i soggetti che desiderano diventare donatori sono avere un’età compresa tra i 18 e i 50 anni (anche se dopo un accordo comune le cliniche di fecondazione assistita accettano solo donatori fino ai 35 anni); essere consapevoli della propria scelta; non avere malattie infettive trasmissibili, come Hiv, epatite B e C o sifilide; non avere alcuna malattia genetica o storia familiare di alterazioni ereditarie; presentare buona salute fisica e mentale; attestare attraverso esami e test un’ottima qualità seminale e non avere più di 6 figli al momento della donazione (questo per evitare futuri eventuali problemi di co-sanguineità).
L’Italia, oltre alle ovvie eccezioni per malattie trasmissibili, non fa differenza tra uomini etero, omosessuali o bisessuali. Il fatto di avere rapporti sessuali con altri uomini, quindi, non rappresenta una discriminante che possa pregiudicare la donazione. Il caso degli Stati Uniti, tuttavia, dimostra come ancora una volta lo stigma e i pregiudizi nei confronti della comunità LGBTQ+ sono purtroppo ben radicati, anche quando vanno contro dati, statistiche e la realtà di tutti i giorni.
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