Una donna sieropositiva ha eliminato il virus dell’HIV in modo naturale. È il 2° caso al mondo

Dopo "il paziente di San Francisco", ecco arrivare la "paziente argentina".

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Secondo un rapporto pubblicato lunedì 16 novembre dalla rivista specializzata Annals of Internal Medicine, una donna di 31 anni a cui è stato diagnosticato l’HIV nel 2013 ha eliminato il virus senza l’uso di farmaci antivirali. A riportarlo il Time. La donna aveva preso parte ad una terapia antiretrovirale solo per sei mesi, durante la propria gravidanza, per prevenire la trasmissione dell’hiv al suo bambino.

Tuttavia, numerosi test hanno ora mostrato l’assenza del virus nelle sue cellule, come sottolineato dalla dottoressa Xu Yu, ricercatrice presso il Ragon Institute of Massachusetts General Hospital, MIT e Harvard, nonché professoressa associata di medicina presso la Harvard Medical School. I risultati suggeriscono che il sistema immunitario della paziente avrebbe addirittura eliminato i cosiddetti “serbatoi” di HIV che consentono al virus di continuare a replicarsi per decenni. Gli attuali farmaci anti-HIV possono abbassare i livelli del virus a livelli non rilevabili, ma non possono liberare completamente il corpo da questi persistenti serbatoi del virus.

Non possiamo dire che abbiamo la prova che non esista il virus in questo paziente“, ha affermato Yu. “L’unica cosa che possiamo dire è che dopo aver analizzato un gran numero di cellule della paziente, grazie alla tecnologia nel nostro laboratorio non possiamo rifiutare l’ipotesi che la paziente abbia probabilmente raggiunto una cura sterilizzante per l’immunità naturale“.

La donna è la seconda paziente a debellare apparentemente il virus in modo del tutto naturale. Il primo è stato il cosiddetto “paziente di San Francisco“, nel 2020. Questa seconda paziente, originaria di Esperanza, in Argentina, sta continuando a lavorare con il team di Yu, fornendo loro campioni di sangue per la ricerca. Attualmente è incinta del suo secondo figlio. Yu e il suo team stanno provando a capire se la sua condizione clinica che la vorrebbe libera dal virus stia a significare che non avrà bisogno di assumere farmaci anti-HIV prima e durante il parto, cosa attualmente raccomandata alle donne sieropositive in gravidanza.

Il team della dottoressa Yu ha analizzato 1,5 miliardi di cellule del sangue e dei tessuti della paziente Esperanza, dal 2017 ad oggi, alla ricerca di eventuali indizi di materiale virale genetico che indicherebbe come il virus sia ancora attivo e in grado di replicarsi. Ma non sono riusciti a trovare tali prove. Contrariamente, hanno trovato frammenti di geni virali che indicano come la paziente sia stata infettata dall’HIV.

Yu ha sottolineato come questi risultati potrebbero non essere ampliati alla maggior parte dei pazienti HIV+. I ricercatori di tutto il mondo stanno studiando intensamente queste persone, ma non è chiaro quale percentuale di sieropositivi sia in grado di contenere il virus naturalmente con il proprio sistema immunitario. Yu ritiene che potrebbero essercene di più, incoraggiando le altre persone a test e studi, in modo che gli scienziati possano capire meglio quale aspetto del loro sistema immunitario stia fornendo un modo così efficace per bloccare l’HIV.

Molti fattori immunitari potrebbero avere un ruolo specifico“, ha affermato. “Ora che abbiamo un secondo caso, probabilmente ci sono molte persone là fuori che potrebbero non sapere di avere una cura sterilizzante. Alcune potrebbero anche non essere consapevoli di essere infette. Speriamo di attirare più pazienti; se disponiamo di una coorte di questi casi estremamente rari, ciò ci consentirà di analizzare davvero le loro risposte immunitarie in modo più approfondito e ampio e, si spera, di darci un indizio su quali fattori immunitari contribuiscano maggiormente a questo stato. A quel punto potremmo applicare ciò che apprendiamo alla popolazione generale”.

Va ricordato come ci siano state segnalazioni precedenti di pazienti che hanno smesso di assumere farmaci anti-HIV e hanno raggiunto livelli di virus non rilevabili per anni, tra cui Timothy Ray Brown, noto anche come “il paziente di Berlino” e Adam Castillejo, “il paziente di Londra“. Ad entrambi, tuttavia, era stato diagnosticato un cancro e avevano beneficiato di un trapianto di cellule staminali per curarlo, che ha permesso loro di sostituire le proprie cellule con quelle di donatori in grado di bloccare l’infezione da HIV.

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