Dopo Giuliano Amato e Silvana Sciarra, nella giornata di ieri anche il nuovo presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera ha espresso pubblicamente rammarico per il mancato intervento del Parlamento sul riconoscimento della doppia genitorialità per i figli e le figlie delle coppie dello stesso sesso, nonostante i numerosi richiami da parte della Corte Costituzionale.
“A fronte di una persistente inerzia legislativa la Corte non può rinunciare al proprio ruolo di garanzia, che include anche il compito di accertare e dichiarare i diritti fondamentali reclamati da una ‘coscienza sociale’ in costante evoluzione”, ha detto Barbera, che ha di fatto invitato il Parlamento a compiere un passo avanti sul riconoscimento dei diritti, perché se l’inerzia del legislatore si dovesse protrarre sarà la Corte stessa a dover intervenire a tutela della Costituzione.
Barbera si è auspicato “sia un intervento del legislatore” che dia seguito alla sentenza Cappato “sul fine vita”, sia un intervento “che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso”.
Immediate e immancabili le reazioni.
“Come Associazione Famiglie Arcobaleno da 19 anni chiediamo che la politica si assuma la responsabilità di riconoscere pari diritti e pari dignità ai nostri figli e figlie, e in quest’ottica abbiamo elaborato una proposta di legge insieme all’associazione Rete Lenford”, hanno commentato da Famiglie Arcobaleno. “Per quanti anni ancora i nostri figli e le nostre figlie dovranno subire questo vergognoso e ormai inspiegabile silenzio da parte del legislatore italiano? E quanti ancora dovranno intervenire prima che il Parlamento decida di rispondere a questi illustri suggerimenti?”.
Rete Lenford ha aggiunto.
“Dopo un lungo e intenso lavoro con Famiglie Arcobaleno, già nel giugno 2022 abbiamo scritto una proposta di legge con l’obiettivo di estendere a single, a coppie dello stesso sesso e, soprattutto, alle loro figlie e figli, diritti che oggi sono loro negati. Di fronte all’ostinato silenzio del Parlamento, negli scorsi mesi abbiamo lanciato la nostra campagna #affermazionecostituzionale a sostegno di tutte le famiglie omogenitoriali che hanno subito da parte delle Procure la cancellazione del riconoscimento delle proprie figlie e figli: la Costituzione continua a indicare la via a un legislatore sordo e cieco e noi non ci arrendiamo. Vogliamo tornare in Corte costituzionale, per l’uguaglianza di tutte le famiglie. Ce la faremo!”
“Finalmente una voce autorevole fa eco alle richieste che ripetiamo da anni senza essere ascoltati, testimoni di un ritardo sempre più inaccettabile e di una noncuranza colpevole, se non proprio aperta ostilità”, ha commentato il presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Mario Colamarino. “I minori e i loro genitori dovrebbero essere tra i primi soggetti tutelati dallo Stato, e invece le famiglie arcobaleno continuano a essere vittime della discriminazione della classe politica. Non si può continuare a chiudere gli occhi anche quando il principale garante dei valori alle radici del nostro Paese esprime le sue preoccupazioni a riguardo”.
“Il Presidente della Consulta Barbera oggi sferza per l’ennesima volta il Parlamento per una legge sul fine vita e una che tuteli i figli della famiglie arcobaleno. Dimostra che i diritti non sono di parte, ma insiti nella Costituzione. La politica ha il dovere di riconoscerli”, ha twittato Alessandro Zan.
Da destra sono invece arrivate le prime critiche. “Con tutto il rispetto, mi hanno insegnato che la Consulta giudica la costituzionalità delle leggi, il Parlamento le fa, e decide quali e quando”, ha cinguettato l’ex senatore leghista Simone Pillon. “Dettare agenda e contenuti ad un altro potere dello Stato non è compito della Corte, pena la morte della democrazia rappresentativa”.
Molto più gravi le parole di Lucio Malan, in quanto presidente del gruppo parlamentari di Fratelli d’Italia al Senato, che pur senza fare il nome di Barbera ha twittato: “Penso che essere stati più volte in Parlamento con il Partito Comunista fin da quando riceveva i soldi dall’Unione Sovietica sia un’assoluta garanzia dell’imparzialità di un giudice“. Parole tremendamente simili a quelle espresse da Pro Vita e Famiglia, che ha così commentato: “In Italia un comunista diventa Presidente della Corte Costituzionale e ordina al Parlamento di fare quello che il suo Partito non è mai riuscito e non riesce ancora a ottenere tramite elezioni democratiche“.
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