Giappone, sì all’autodeterminazione delle persone trans da parte della Corte Suprema

È incostituzionale la legge del 2003 che impone la chirurgia: "Tutti i cittadini devono essere rispettati come individui".

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In una mossa storica che potrebbe avere ripercussioni significative non solo a livello nazionale ma anche internazionale, la Corte suprema del Giappone ha recentemente dichiarato incostituzionale una legge del 2003 sulla transizione di genere.

La legge, che imponeva alle persone transessuali di sottoporsi all’intervento chirurgico per poter modificare il proprio genere sui documenti anagrafici, richiedeva anche una patologizzante diagnosi formale di “disturbo dell’identità di genere da parte di un professionista medico – un po’ come accade qui in Italia.

La Corte suprema ha giudicato il regolamento in contrasto con l’articolo 13 della Costituzione giapponese, che afferma: “Tutti i cittadini devono essere rispettati come individui“.

È importante evidenziare che in Giappone la Corte suprema raramente dichiara una legge come incostituzionale, il che rende questa sentenza particolarmente significativa. Si tratta inoltre del primo caso in cui la Corte si è espressa su una questione specificamente legata ai diritti delle persone transgender. 

La sentenza è stata accolta con favore da numerosi gruppi per i diritti civili e organizzazioni LGBTQIA+, così come da medici e professionisti del settore sanitario che avevano precedentemente criticato le complesse procedure per l’affermazione di genere.

In base a dati ufficiali, circa 12.000 individui in Giappone hanno dovuto sottoporsi a un intervento chirurgico, come previsto dalla legislazione del 2003.

Sebbene oggi la sentenza sia un forte segnale, il parlamento giapponese deve ancora modificare la legge per conformarsi alla decisione della Corte. Tuttavia, c’è un’aspettativa generalizzata che il Parlamento agirà in tal senso, visto l’importante peso giuridico e morale della sentenza.

La situazione dei diritti LGBTQIA+ in Giappone

Mentre la recente sentenza della Corte suprema è senza dubbio un passo avanti significativo per i diritti delle persone trans nel paese, è importante inserirla nel contesto più ampio della situazione dei diritti LGBTQIA+ in Giappone.

Il Giappone è spesso percepito come una società conservatrice, soprattutto quando si tratta di questioni di genere e sessualità. Tuttavia, negli ultimi anni, si è registrato un incremento delle iniziative per il riconoscimento dei diritti LGBTQIA+.

Recentemente, il Giappone ha introdotto infatti le unioni civili tra persone dello stesso sesso, anche se a livello nazionale non è ancora stato riconosciuto il matrimonio egualitario. Inoltre, sono in aumento le campagne di sensibilizzazione e le iniziative educative volte a combattere la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Nonostante questi progressi incoraggianti, numerose sfide rimangono irrisolte. Tra queste, la discriminazione sul posto di lavoro e nel contesto scolastico continua a essere un problema endemico. Un elevato numero di giovani appartenenti alla comunità LGBTQIA+ in Giappone riporta di essere stato vittima di bullismo, mentre le risorse destinate al sostegno psicologico e medico sono frequentemente inadeguate.

La decisione della Corte suprema potrebbe però costituire un autentico punto di svolta.

Questa sentenza non solo rimuove un significativo ostacolo per le persone transgender, ma potrebbe anche fungere da catalizzatore per ulteriori riforme e una maggiore accettazione delle identità LGBTQIA+.

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