“Black, queer and femme”, tre parole che Kingsley Gbadegesin (@k.ngsley) usa per definire il suo brand. Dopo un’esperienza da Versace, Loewe e Celine, il designer e attivista nigeriano-americano fonda il marchio K.ngsley (k.ngsley.com).
Più che come brand, K.ngsley nasce come un movimento con l’obiettivo di riformulare il modo in cui i corpi black, queer e femme vengono visti, grazie a capi dal taglio minimal, sensuale e genderless. Un movimento che sottolinea l’importanza di forgiare un futuro in cui è possibile amare chiunque senza paura. Una risposta concreta alla mascolinità tossica che ancora è presente in gran parte del mondo. E i capi di Gbadegesin sono un dito medio alzato proprio a quella parte di mondo.
Non solo abbigliamento: infatti K.ngsley, a metà di quest’anno, ha lanciato anche una linea di sex positive gioielli tutti Made in Italy. Noi lo abbiamo incontrato e questo è quello che ci ha raccontato.
Un passato da autodidatta per poi arrivare a lavorare con maison come Versace, Loewe e Celine. Durante la pandemia da Covid-19 hai deciso di aprire il tuo brand K.NGSLEY. Raccontaci com’è andata e cosa ti ha spinto a farlo.
È nato tutto come un piccolo progetto. Ho realizzato un prototipo del FIST tank per me, per andare a ballare, prima che fosse in produzione. Quando poi l’ho postato sui social è esploso. Non sapevo cosa aspettarmi, ma ho deciso di buttare benzina sul fuoco mediatico e così è nato K.NGSLEY.
Hai dichiarato che il tuo brand è “made for the girls by the girls, rooting for everybody”. Puoi spiegarci questa frase?
Significa che traggo ispirazione dalla comunità, perché ci vuole coraggio a essere se stessi e c’è qualcosa di magico in questo. L’energia e la passione che portiamo nei luoghi in cui siamo.
Cosa non ti piace del mondo della moda?
La sua velocità.
Inclusività è la parola di tutti. Cosa ne pensi?
Essere presenti conta e credo che sia davvero importante vederci, e vedere la nostra comunità, in luoghi che un giorno vorremmo rappresentare..
Parlando delle tue collezioni tutto nasce dal Tank Top. Cosa rappresenta per te questo capo e perché è così importante?
Un aspetto di cui sono entusiasta è il lato queer del tanktop, ma anche il fatto che celebra il sé più autentico. La mascolinità tossica è la piaga della società di oggi, e nella comunità nera non fa eccezione, ma è più sfumata. C’è un particolare tipo di orgoglio o vergogna associato ad essa, e c’è un’idea ben definita di ciò che un uomo nero dovrebbe essere. I Tank Tops sono spesso legati all’immagine del black maledom, così ho preso quel simbolo e luogo comune e l’ho cancellato. Elevato, rielaborato per poi reclamarlo. Ed è il saper dare una nuova luce, un nuovo significato agli oggetti, che mi ispira veramente, come ho fatto con il tanktop.
Quali sono secondo te le celebrities più giuste nel panorama contemporaneo?
Ora, sicuramente la comunità LBGTQIA+! Amo come ognuno di loro si sia creato la propria strada e abbia deciso come mostrarsi al mondo. La loro autenticità è la chiave del loro successo. Faccio il tifo per tutte le GIRLS da Lil Nas X, KAYTRANADA, Zaya Wade, Kiddy Smile, MNEK a Sara Ramirez.
Hai da poco lanciato la tua linea gioielli Made in Italy. Qual è il concept creativo di questa nuova avventura?
Dopo il grande successo della main line, mi sono chiesto quale potesse essere lo step successivo. E ho realizzato insieme a K.L una linea di gioielli, qualcosa che catturasse l’attenzione. Dopo varie idee, siamo arrivati alla PrEP. Il lavoro è stato molto meticoloso e abbiamo cercato di riprodurre al meglio il vero colore della pillola. Colore che nella comunità queer è molto conosciuto. Per le persone queer che prendono la pillola è come dire “sono in PrEP”, ma senza dirlo.
Hai progetti futuri da svelare? Ci dai qualche indizio? Quali sono i programmi?
Al momento stiamo lavorando sulla collezione C1A2, e sono molto contento per come sta venendo.
Conosci bene l’Italia: cosa pensi della recente bocciatura di una proposta di legge contro l’omotransfobia?
Mi si è spezzato il cuore quando ho visto sui social media il Governo italiano applaudire all’affossamento del ddl ZAN. È un enorme passo indietro, su una strada che è già piena di ostacoli. Nessuno dovrebbe avere la percezione di non essere preso in considerazione, di non esistere. L’affossamento della legge però rappresenta proprio questo.