Un uomo gay è stato giustiziato in Iran con l’accusa di “sodomia”. A darne notizia la Human Rights Activists News Agency (HRANA), secondo cui 10 detenuti sarebbero stati giustiziati nella prigione di Rajai Shahr, nella città settentrionale di Karaj, il 29 giugno.
Tra di loro c’era anche Iman Safari-rad, condannato a morte perché gay. Iman è stato ucciso insieme a Mehdi Khalgoldi, accusato di “stupro”. Una condanna, quest’ultima, spesso usata come pretesto per giustiziare liberamente le persone omosessuali, secondo un rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
In Iran le persone LGBTQ+ sono continuamente sottoposte a violenza. L’attività sessuale tra persone dello stesso sesso è severamente vietata dal codice penale della repubblica, con pena capitale. Peter Tatchell, attivista LGBTQ+ britannico, ha dichiarato al Jerusalem Post: “Ancora una volta un altro uomo è stato giustiziato con l’accusa di sodomia, che potrebbe aver commesso o meno, con o senza consenso. Quello che è certo è che quest’uomo quasi certamente non ha ricevuto un processo equo sotto il sistema giudiziario iraniano notoriamente prevenuto. Agli imputati viene regolarmente negato l’accesso ad avvocati e testimoni della difesa”.
Tatchell ha ricordato come il sistema giudiziario iraniano possa processare i gay con udienze affrettate, con un avvocato a difesa degli imputati solo a pochi minuti dall’inizio del processo. Da decenni in Iran coloro che vengono accusati e condannati per attività omosessuali sono decapitati, lapidati, gettati da un dirupo e/o amputati. Un uomo che bacia semplicemente un altro uomo deve pagare con 31/74 frustate.
Il rapporto statistico più recente dello Human Rights Activists in Iran (HRA) afferma che tra il 1 gennaio 2021 e il 20 dicembre 2021 almeno 299 cittadini, tra cui quattro minorenni, sono stati giustiziati. Nello stesso periodo sono stati condannati a morte 85 cittadini. Le autorità giudiziarie iraniane non annunciano pubblicamente oltre l’88% delle esecuzioni. Queste esecuzioni mai confermate sono conosciute come “esecuzioni segrete” dalle organizzazioni per i diritti umani.
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