L’omosessualità ancora una volta paragonata alla pedofilia e alla bestialità: succede in Bielorussia, stato autonomo dell’est Europa che recentemente sembra aver cavalcato l’onda omobitransfobica della vicina Russia per avviare la propria personalissima crociata ideologica contro le identità non conformi.
Il Ministero della Cultura bielorusso ha infatti scelto di etichettare le “relazioni sessuali non tradizionali” – in cui si accorpano omosessualità, amore lesbico, relazioni bisessuali, poliamore, pedofilia, bestialità, necrofilia, sadismo, masochismo, voyeurismo, esibizionismo, travestitismo feticista – come pornografia, che è già illegale nel paese e punita con fino 4 anni di carcere.
Nel comunicato del Ministero, la pornografia viene descritta come “volgare e cinicamente disgustosa, una fissazione indecente su rapporti sessuali usati per fini personali, con una esposizione deliberata di genitali per lo più scoperti e scene sgradevoli di atti sessuali. Include perversioni sessuali, relazioni e comportamenti sessuali non tradizionali, oltre a rappresentazioni distorte della natura”. Secondo il Ministero, questi contenuti “non rispettano i criteri morali, offendono l’onore e la dignità delle persone, riducendoli a livello di comportamenti istintivi animali“.
Ma non si tratta del primo segnale preoccupante dell’intensificarsi del sentimento tradizionalista e conservatore della dittatura de facto bielorussa: già a marzo dell’anno scorso, il presidente omofobo Aliaksandr Lukashenko si era scagliato contro la fantomatica “moda occidentale di non avere figli”, sostenendo che qualsiasi promozione di idee non tradizionali sulla famiglia e di famiglie senza figli avrebbe dovuto essere rimossa dallo spazio informativo e culturale bielorusso.
“Qualsiasi diffusione di tali appelli velati, così come tutte le tendenze non tradizionali, non è altro che un tentativo di spopolare e indebolire lo Stato – aveva commentato Lukashenko – Tale ideologia dovrebbe essere messa fuori legge”.
Ma c’è correlazione tra questa nuova ondata repressiva verso le identità non conformi in Bielorussia e ciò che sta accadendo in Russia? I rapporti tra Vladimir Putin e Alexander Lukashenko sono da sempre complessi, ed hanno attraversato diverse fasi altalenanti.
Putin e Lukashenko lavorano da sempre insieme sull’Unione Interstatale tra i due paesi, accordo mirato a rafforzare i legami economici e politici tra i due paesi in ambiti come la difesa, l’economia e la politica estera.
La Russia è un partner commerciale cruciale per la Bielorussia, a cui fornisce anche energia a prezzi scontati, il che è vitale per l’economia del paese.
Nonostante la collaborazione, non sono mancati momenti di tensione tra i due leader, spesso legati a questioni economiche, come i prezzi dell’energia e i debiti commerciali, ma anche al ruolo della Bielorussia in ambito del conflitto russo-ucraino – la Russia ha usato il territorio bielorusso come punto di partenza per alcune delle sue operazioni militari, inclusa l’invasione dell’Ucraina nel 2022.
Il tira e molla tra i due paesi ha da sempre come fulcro principale la sovranità nazionale della Bielorussia, a cui i suoi leader non sono disposti a rinunciare sotto le pressioni del Cremlino, che invece desidera un controllo maggiore sul territorio.
Le relazioni tra i due leader si sono comunque intensificate dopo le proteste in Bielorussia del 2020, seguite alle elezioni presidenziali fantoccio contestate dagli oppositori politici, in cui Lukashenko è stato rieletto. In quel periodo, la Russia offrì sostegno politico e finanziario a Lukashenko, consolidando ulteriormente l’alleanza tra i due paesi..
L’iniziativa repressiva potrebbe quindi rappresentare un’ennesima dimostrazione di fedeltà da parte della Bielorussia alla Russia, volta a consolidare i rapporti anche attraverso l’allineamento culturale tra i due paesi.
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