Difesa da panico gay. O meglio, gay panic. Esiste davvero, anche se viene usata molto poco e il più delle volte non porta alcun risultato. Ma di cosa stiamo parlando?
Il gay panic è una tecnica usata nelle aule di tribunale dai legali che difendono una persona colpevole di aver aggredito una persona omosessuale. Il legale, in questo modo, intende dimostrare che l’accusato non era in grado di intendere, a causa di una infermità mentale temporanea. Causata da cosa? Dal panico omosessuale.
La difesa da panico gay si basa sul fatto che le avanches da parte di una persona omosessuale possono risultare offensive verso un’altra persona etero (o meglio, un omofobo). Questo shock temporaneo può indurre la “vittima” ad attaccare verbalmente o fisicamente il gay.
Lo potremmo associare ai fatti di violenza sessuale oggi. Quante volte abbiamo sentito terribili commenti del tipo “quella donna lo avrà provocato” oppure “se l’è andata a cercare”.
Data questa descrizione, non è strano che il gay panic sia un modo disperato per tentare di evitare una condanna. Ma è anche vero che, in alcuni casi, questo espediente ha limitato gli effetti della sentenza, diminuendo la pena. I soli casi in cui i giudici possono accettare il gay panic è quando sono convinti dell’innocenza dell’accusato oppure ci sono prove certe che si stava per verificare una violenza sessuale.
Casi in cui il gay panic ha salvato l’aggressore
Secondo l’articolo After decades of ‘gay panic defence’ in court, US states slowly begin to ban tactic (The Guardian), uno dei casi più rilevanti in cui si è tentato di utilizzare questa tattica è avvenuto nel 2018. L’imputato era Jonathan Schmitz, colpevole di aver ucciso Scott Amedure. Quest’ultimo era innamorato di Schmitz, che lo uccise perché le proposte dell’amico lo aveva irritato e umiliato. Nonostante ciò, venne condannato per omicidio.
Il gay panic è saltato fuori anche per l’omicidio di Matthew Shepard, nel 1999. Anche in questo caso, le avanches avevano scatenato l’ira degli omofobi, che lo aveva picchiato, torturato e infine ucciso.
Terzo caso riguarda Gwen Araujo, ragazza transessuale uccisa da tre uomini nel 2004. Non c’erano stati tentativi di approccio, ma solo l’odio verso una persona.
© Riproduzione Riservata