Nella giornata contro l’omobitransfobia, l’associazione Medus3 Osservazioni sulla Lesbofobia ci fornisce i dati ufficiali sulla situazione delle donne lesbiche in Italia: dal 2011 al 2021 sono stati confermati più di 100 episodi lesbofobici, per una media 10 casi all’anno (quindi almeno 1 ogni mese).
Nelle ricerche di Medus3, su 158 intervistat*, si riscontra che il 77% ha subito episodi lesbofobici, l’85% riporta di conoscere anche 1 sola persona che ha subito lesbofobia, e 1 persona su 4 ha vissuto almeno 10 episodi di violenza. Il report conferma come buona parte di questi episodi non riguarda esclusivamente l’orientamento sessuale, ma porta con sé tutta una serie di bias culturali derivati da misoginia, cultura patriarcale, ed eteronormativa: non a caso, almeno in 1 caso su 5 si riportano aggressioni determinate dal genere (22%) e 1 caso su 4 per l’espressione di genere (27%).
Almeno il 58% dei casi riporta come violenza anche la totale invisibilizzazione, in quanto come specifica Medus3, per una vita le donne lesbiche sono state escluse dalla narrazione comune, oggettificate o dimenticate (anche all’interno della stessa comunità), senza la possibilità di autodeterminarsi al di fuori dello status quo. Almeno il 63% dei dati riporta casi di violenza verbale, di cui il 34% avviene in luoghi pubblici, alla luce del sole come se nulla fosse. Il 43% dichiara discriminazioni anche nell’ambiente famigliare, il 36,3% a scuola o sull’ambiente di lavoro, mentre 23% dichiara di aver vissuto episodi di violenza lesbofobica online.
Medus3 riporta che a perpetuare violenza e aggressioni al 58,64% sono uomini, con un 28,57% di donne e un 12,7% persone sconosciute, tutt* appartenenti a diverse fasce d’età.
Il report prende in esame anche il caso dell’omicidio di Elisa Pomarelli – uccisa da Massimo Sebastiani nell’agosto 2019 – per evidenziare come la violenza lesbofobica si traduca anche nella narrazione mediatica, che non fa altro che empatizzare con il femmincida, deresponsabilizzandolo e romanticizzando l’intero evento (i vari “delitti passionali”, “impeti di gelosia” etc.). In tutto questo di Elisa Pomarelli non si sa nulla, se non l’età, il lavoro, la sua collocazione tra due figure maschili: l’assassino e il padre. La violenza non viene evidenziata come un dato strutturale, figlio di una cultura patriarcale e misogina, ma diventa “una tragedia romantica” che cancella ancora una volta le donne lesbiche in nome della facile retorica.
Una narrazione fuorviante, che tra i tanti effetti collaterali, scoraggia sempre più donne dallo sporgere denuncia perché assoggettate e ridicolizzate da un sistema che non fa altro che colpevolizzarle: difatti, almeno il 62,5% conferma che la denuncia non è stata accolta, il 25% che è stata accolta in maniera approssimativa, e solo il 12% riporta che è stata accolta con la dovuta attenzione. La mancanza di una legge e il fatto che spesso la conversazione riguardo la violenza di genere si limiti all’esperienza delle donne cis-het non fa che aumentare il livello di impotenza e invisibilità della comunità lesbica in un sistema che non le riconosce o tutela.
Nonostante i dati si fermino al 2021, il lavoro dell’Osservatorio Medus3 riporta già 9 casi confermati dall’inizio del 2022, che confermano come la lesbofobia sia ancora così radicata e divagante all’interno della nostra società.
È per questo che sin dagli anni Sessanta le donne lesbiche hanno fondato comunità e spazi autonomi e autogestiti dove riconoscersi, condividere le proprie storie e vissuti personali. Medus3 sottolinea quanto sia fondamentale fare riferimento, lasciare il microfono e dare visibilità e voce alla soggettività lesbica in modo da non ridurla ad un semplice orientamento sessuale, ma un movimento rivoluzionario e fondamentale per smantellare quei bias e retaggi patriarcali che vanno a mirare la quotidianità di ogni persona queer o marginalizzata.
Potete trovare qui il report completo con tutti i dati.
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