Da anni l’Ordine Nazionale dei Giornalisti tiene corsi di aggiornamenti obbligatori per tutti gli iscritti, alcuni dei quali legati anche all’uso corretto della lingua nei confronti di tematiche LGBTQ. Uno di questi, “Approccio alla persona con disforia di genere e medicina transgender”, è stato annunciato dall’ordine dei giornalisti Lombardia e della Fondazione Brunelli Onlus e si sarebbe dovuto tenere a Brescia il 23 settembre per offrire “una informazione qualificata ai giornalisti relativamente alla disforia di genere”, coinvolgendo tra i tanti Massimo Gandolfini, leader del Family Day da sempre nemico giurato della comunità LGBTQ nazionale. Si sarebbe dovuto tenere perché dopo la denuncia di Simone Alliva, via l’Espresso, è scoppiato il putiferio. Ma andiamo con ordine.
Come può un uomo come Gandolfini tenere un corso inerente ad un linguaggio inclusivo e non discriminatorio nei confronti della comunità trans? Questa è stata per ore la domanda del giorno. Il primario di neurochirurgia alla fondazione Poliambulanza di Brescia è infatti da anni in prima fila nell’ostentare omotransfobia.
«Suicidi gay? Spingiamoli all’eterosessualità» attraverso una «correzione del disagio identitario», disse nel 2015. Nel 2019 Gandolfini è stato condannato dal Tribunale di Verona per aver dichiarato che tra le 58 identità di genere approvate da Arcigay vi fosse anche la pedofilia. Condanna che gli è costata 40.000 euro di risarcimento. Ma nel corso del tempo Gandolfini ha anche detto che «l’omosessualità è un disagio identitario», che «l’intersessualità non esiste», che «parlare di cambio di sesso è assurdo» in quanto «operazioni di camouflage» e soprattutto che «il transgender è sostanzialmente un movimento filosofico, culturale e politico e porta avanti l’idea, l’assioma della ideologia gender, cioè un soggetto appartiene a un determinato sesso biologico, maschio o femmina, ma il genere non è strettamente collegato e interdipendente con la identità sessuata».
Per quale motivo Massimo Gandolfini è stato invitato ad intervenire in qualità di relatore in un corso di formazione giornalistica dal titolo “Approccio alla persona con disforia di genere e medicina transgender“? Durissima la reazione di Pietro Turano, portavoce Gay Center che si è detto “sgomento” dalla notizia.
“Chiediamo all’Ordine di fornire spiegazioni e rimuovere Gandolfini dai relatori. Gandolfini è il leader del Family Day e si è espresso negli anni con posizioni omotransfobiche e anti-abortiste, parlando di omosessualità come disagio identitario da poter correggere, di percorsi transgender come assurdità, di aborto come omicidio. Ha portato avanti battaglie contro diritti lgbt+ e famiglie omogenitoriali. Da sempre Gay Center denuncia l’inadeguatezza di titoli e articoli di giornale scorretti e non rispettosi dell’identità e della dignità delle persone LGBT+, in particolare transgender: come l’uso di pronomi scorretti o di deadnaming. La partecipazione di Gandolfini a un simile evento appare incomprensibile e strumentale”.
“Persone come Gandolfini parlano di “ideologia gender” ma l’unica cosa ideologica sembra la loro azione diffamatoria contro le persone LGBT+”, ha continuato Turano.” Inoltre la battaglia della comunità trans è caratterizzata dal superamento di un approccio morbosamente patologizzante, mentre un corso che dovrebbe fornire strumenti e informazione ai giornalisti risulta organizzato su un piano esclusivamente medico, seppur con la partecipazione di persone che assumono posizioni antiscientifiche. Come mai l’ordine dei giornalisti, per migliorare lo stato attuale dell’informazione riguardo le persone transgender, offre corsi di formazione invitando chi ha espresso solo posizioni contrarie a quelle della comunità LGBT+? Non è accettabile”.
Dopo una giornata intera di ovvie polemiche, l’Ordine ha cancellato il contestatissimo corso. Ma sarebbe ora interessante capire ‘come’ sia stato possibile invitare Massimo Gandolfini.
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