Matteo Mena, classe 81, di sangue milanese ma britannico di adozione è da sempre appassionato di musica e sottoculture.
Affascinato sin da piccolo dal mondo del fumetto e dell’illustrazione, studia moda e si specializza nel design di calzature; attualmente lavora come consulente per diversi brand.
I suoi frequenti viaggi all’estero, in particolare nel Regno Unito, gli hanno fatto apprezzare differenti realtà culturali e sociali legate al mondo della musica e dell’arte.
Matteo ci porterà ad approfondire la subcultura gayskin, una nicchia nascosta, lontana da problematiche ideologiche e politiche, dominata dal feticismo per determinati codici estetici.
Esistono per te dei legami fra l’estetica Skinhead e l’ambito sessuale?
L’interesse per l’estetica e l’attitudine skinhead, per molti, rientra pienamente a far parte delle categorie fetish, limitandosi semplicemente all’aspetto puramente sessuale della cosa, alla dominazione da parte di una figura appartenente all’immaginario comune del mondo eterosessuale e con un’indole aggressiva pronta a soddisfare la propria fantasia di sottomissione. Per me è interessante approfondire questo aspetto, partendo dalla cultura skinhead tradizionale e analizzandone la sua diffusione anche nel mondo gay; la necessità di uscire allo scoperto per molti traditional skinheads, legata anche al cambio generazionale ed alla possibilità di potersi confrontare anche con realtà diverse e generazioni più tolleranti. Ascoltando diverse testimonianze e racconti, ho capito che gli skinheads gay sono sempre esistiti, nonostante la volontà comune di non uscire allo scoperto, non è ancora semplice nel 2019 per molti accertarsi o essere accettati, figuriamoci in passato.
Quali aspetti dell’estetica Skinhead ti piacciono?
Lo stile traditional skinhead, come evoluzione più dura e di strada di quella modernista, ha sempre avuto un grande fascino sul mio immaginario estetico. Mi piace molto osservare il look e i suoi dettagli di ogni singolo individuo, dalle spille, ai colori indossati, niente è lasciato al caso.Le lunghezze e la vestibilita’: sono tutti dettagli che hanno subito attecchito a livello di fetish, creando codici estetici con determinati significati . Per non parlare poi delle varie declinazioni più casual. Fonti di ispirazione continua anche per quanto riguarda il mio lavoro di creativo.
Condividi solamente l’estetica Skinhead o anche lo stile di vita?
Sono da sempre interessato alle sottoculture e ho una grande passione per il Regno Unito, ma il mio avvicinamento
è avvenuto grazie alla frequentazione di alcuni traditionals skinheads gay britannici. Sono stato accolto bene, adottato ed invitato a far parte del BGSC (British skinhead gay community) che organizza frequentemente reunions in città di riferimento per la cultura LGBTQ inglese come Manchester, Brighton, Birmingham e la stessa Londra, città molto importante che ha visto la nascita ed il diffondersi dell’aspetto fetish di questo movimento. Il mio interesse quindi parte dalla parte sociale e culturale del movimento. Nel 2019 è interessante anche vedere che oltre alla musica traditional, sono molto aperti anche per altre cose. Mi piacerebbe poter approfondire a livello nazionale, ma credo che in Italia ci siano purtroppo ancora molte barriere e molti passi avanti ancora da fare per poter riconoscere la coesistenza di una realtà omosessuale anche all’interno di un ambiente così di nicchia.
Hai un Fetish in particolare?
Mi colpisce molto la fratellanza ed il rispetto che si crea in un qualsiasi tipo di rapporto, che possa essere di frequentazione o anche di semplice amicizia. Ogni skinhead gay più giovane diventa quasi come un figlio o un fratello minore per uno skinhead maturo, con il quale condividere serate, musica, esperienze di vita, e tante birre nei pubs. Caratteristiche spesso rare negli ambienti gay, dove a mio parere, competizione, importanza estetica e voglia di apparire prendono spesso il sopravvento facendo sentire poco a proprio agio persone che per scelta decidono di uscire fuori dal coro manifestando la propria omosessualità in maniera più solitaria e discreta. Non nascondo ovviamente che anche l’abbigliamento e l’attitudine facciano la loro parte. A mio parere è molto sexy pensare che la nudità non sia al centro dell’interesse generale, cosa invece che spesso accade nel mondo gay, dove nudo fisico e genital diventano gli unici aspetti valutabili nel momento in cui ci si ritrova a stretto contatto, o anche solo come drive nella volontà di approcciare e identificare qualcuno. C’è invece molta attenzione per il dettaglio, quasi maniacale, una sorta di disciplina che rende orgogliosi di fare parte di un gruppo, cosa che da sempre ha accomunato le sottoculture e gli interessi musicali in generale.
Cosa ne pensi della visione “negativa” della cultura Skinhead condivisa dalla maggior parte delle persone?
Personalmente credo sia prevalentemente legata alla visione generale che nell’arco degli anni è stata trasmessa alle persone. E come sempre ciò che non si conosce, può spesso spaventare. Ovviamente come in tutte le cose, si parla di un movimento composto da aspetti positivi e negativi, la consapevolezza c’è, e il lato omosessuale è molto presente anche nella parte come dire “più oscura” del movimento, che ci crediate o no. L’indole aggressiva rimane per molti anche una costante, ma forse il fascino di questa sottocultura, a livello di feticismo, risiede anche nei vari contrasti presenti all’interno delle varie fazioni, da quelle politiche a quelle sociali. Per natura tutti sono composti da bene e male, basta esserne consapevoli, l’importante è non giocare troppo con il fuoco…
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