Domani mattina Roberto Cicutto, Presidente della Biennale di Venezia, e Alberto Barbera, Direttore artistico del Settore Cinema, presenteranno al mondo il programma della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, che si terrà al Lido di Venezia dal 31 agosto al 10 settembre 2022. Ad inauguraere il Festival sarà White Noise, scritto e diretto da Noah Baumbach, con Adam Driver, Greta Gerwig, Don Cheadle, Raffey Cassidy, Sam Nivola, May Nivola, Jodie Turner-Smith, André L. Benjamin e Lars Edinger.
15 anni fa, era il 2007, tra i premi collaterali della Mostra si fece spazio il Queer Lion Award, premio cinematografico attribuito al “Miglior film con tematiche omosessuali & Queer Culture” tra quelli presentati alla Mostra. A idearlo il critico e giornalista Daniel N. Casagrande, che abbiamo voluto intervistare tra passato, presente e imminente futuro del riconoscimento e del cinema LGBTQ+.
Quella in arrivo sarà la sedicesima edizione del Queer Lion. Com’è nata l’idea di un premio da assegnare al “Miglior film con tematiche omosessuali & Queer Culture” alla Mostra del Cinema di Venezia?
Tutto ebbe inizio da una mia intervista a Moritz de Hadeln nel 2003. Gli chiesi se, da direttore della Mostra, avrebbe creato le condizioni per la nascita di un premio queer, come già aveva fatto da direttore della Berlinale con la creazione del Teddy Award. La risposta sorprendentemente fu sì, e da allora iniziammo a lavorarci, anche grazie al supporto di Franco Grillini. Un improvviso ed inatteso avvicendamento alla direzione della Mostra, ci impose di iniziare tutto daccapo col nuovo direttore Marco Müller. E nonostante il suo entusiasmo sin da subito, solo nel 2007 il premio riuscì finalmente a vedere la luce.
Ci furono ‘problemi’ all’epoca per convincere chi di dovere a farlo diventare premio collaterale?
Un po’ di diffidenza iniziale ci fu; nella prima edizione alcuni problemi vennero creati da uffici stampa e case di produzione, evidentemente la novità destabilizzò certi equilibri, a volte il timore era di dover promuovere un film come ‘pellicola gay’. Ma già dalla seconda edizione queste preoccupazioni scomparvero quasi completamente, anche grazie a Tinto Brass che quell’anno accettò di presiedere la giuria.
In 15 edizioni un solo vincitore italiano, “Un altro pianeta” di Stefano Tummolini nel 2008, senza dimenticare la co-produzione francese “La dernière séance” di Gianluca Matarrese nel 2021. Casualità o c’è ancora oggi un’inspiegabile mancanza produttiva nostrana legata al cinema queer?
No, non credo si possa definire quella italiana una mancanza produttiva; nel corso delle 15 edizioni, infatti, ci sono state tante produzioni nazionali che hanno concorso al premio, ed alcune si sono fatte notare per la loro qualità, come ad esempio “Io sono l’amore” di Luca Guadagnino, “Et in terra pax” di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, “amore carne” di Pippo Del Bono ed “Arianna” di Carlo Lavagna.
Cosa rispondi a chi si domanda che senso abbia, nel 2022, parlare ancora di ‘cinema queer’. Perché è importante difenderlo, produrlo, realizzarlo, diffonderlo, proteggerlo, vederlo?
Il cinema queer non è un genere riconducibile a canoni specifici, di conseguenza, nel corso degli anni, è andato incontro a continui cambiamenti e trasformazioni, nella forma e nei contenuti, che rispecchiano i mutamenti in atto nella società. Poter rintracciare sullo schermo personaggi apertamente lgbtq è ancora oggi importante perché permette, soprattutto ai giovanissimi, di vedere sul grande schermo parte della propria identità.
C’è un vincitore del Queer Lion su tutti di cui vai particolarmente orgoglioso? Il Queer Lion tra i Queer Lion.
Ho seguito tutte le deliberazioni di giuria nel corso delle 15 edizioni, per me ogni vincitore è come fosse un figlio, e per motivi diversi, li amo tutti. Però i piccoli film che il premio ha in qualche modo aiutato, sono quelli che mi sono rimasti più nel cuore, ad esempio l’islandese “Heartstone” di Guðmundur Arnar Guðmundsson, o il guatemalteco “José” di Li Cheng, entrambi provenienti dalle Giornate degli Autori; senza dimenticare il polacco “Baby Bump” di Kuba Czekaj, proposto da Biennale College e vincitore di una Menzione Speciale.
Puoi invece dirci il Queer Lion che ti ha meno convinto, che ti vedeva meno partecipe, tra quelli assegnati, e quello che tra i non vincitori avresti voluto premiare?
Anche se non mi sono sempre trovato d’accordo con tutte le deliberazioni, rivendico ogni singola scelta fatta dalle giurie proprio perché libere. Sono tanti i titoli che non hanno vinto e che vorrei citare; tra tutte, cito solo due opere che meritano una menzione in questa intervista: il canadese “Marécages” di Guy Édoin, ed il francese “Les garçons sauvages” di Bertrand Mandico, entrambi selezionati dalla Settimana Internazionale della Critica.
Da anni ad Hollywood si dibatte se sia giusto o meno che attori eterosessuali interpretino ruoli LGBTQ. Che idea ti sei fatto?
Pur comprendendo quale sia la base di questo ragionamento, sono contrario a limitazioni e steccati di questo genere; l’idea stessa dell’attore e del recitare racchiude la possibilità di poter interpretare qualsiasi ruolo. La storia del cinema è costellata di straordinari personaggi LGBTQ interpretati da attori eterosessuali; basti ricordare le iconiche performance di Antonio Banderas nei film di Almodóvar, di William Hurt ne “Il bacio della donna ragno”, lo straordinario trio Terence Stamp/Hugo Weaving/Guy Pearce di “Priscilla, la regina del deserto”, o la magistrale interpretazione di Marcello Mastroianni in “Una giornata particolare”; di contro, eccezionali performer dichiaratamente omosessuali come Ian McKellen o Sarah Paulson, non hanno costruito la propria carriera esclusivamente intorno a personaggi gay.
Dovendo incoronare il “film queer” della tua vita, quale titolo faresti. E perché.
“La legge del desiderio”. Perché oltre ad essere uno tra i migliori film di Pedro Almodóvar, ho un ricordo indelebile di quando lo vidi, poco più che ragazzino, all’interno di una serata sulla allora Telemontecarlo, che costruì una sorta di evento intorno a questa prima tv considerata allora “borderline”.
Aspettando l’annuncio dei film in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, atteso per martedì 26 luglio, quali film a tematica queer vorresti vedere al Lido. C’è qualche titolo che aspetti con particolare attenzione, ispirazioni da cullare, considerando anche le sezioni parallele spesso ricche di contenuti LGBTQ.
Come puoi immaginare, non posso anticipare nulla. Posso però dirti che in selezione ufficiale ci saranno almeno 4 film a tematica LGBTQ che sorprenderanno per qualità. E che le Giornate degli Autori preannunciano una selezione molto queer. Senza tralasciare le sorprese che potrebbero arrivare da Settimana della Critica, Biennale College, ed altre sezioni.
QUEER LION – I VINCITORI
2007 – The Speed of Life – Edward Radtke
2008 – Un altro pianeta – Stefano Tummolini
2009 – A Single Man – Tom Ford
2010 – En el futuro – Mauro Andrizzi
2011 – Wilde Salomé – Al Pacino
2012 – The Weight – Jeon Kyu-hwan
2013 – Philomena – Stephen Frears
2014 – Les nuits d’été – Mario Fanfani
2015 – The Danish Girl – Tom Hooper
2016 – Hjartasteinn – Guðmundur Arnar Guðmundsson
2017 – Marvin – Anne Fontaine
2018 – José – Li Cheng
2019 – El príncipe – Sebastián Muñoz
2020 – The World to Come – Mona Fastvold
2021 – La dernière séance – Gianluca Matarrese
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