Lo scorso giugno, gli Stati Uniti d’America hanno assistito a un evento storico quanto tragico, ovvero l’abrogazione della decisione Roe V Wade della Suprema Corte risalente al 1973. La legge in questione chiariva e regolamentava l’accesso all’aborto in tutti gli stati, e – in sua assenza – molti di essi oggi non hanno una struttura legislativa a sostegno di questo diritto.
Il dibattito sull’aborto, in America, non si è mai sopito da quel momento. Trattandosi di una nazione fortemente influenzata dal proprio retaggio puritano, la morale in questo senso ha sempre presentato un sottotesto inquietante secondo la quale il diritto all’autodeterminazione del corpo femminile è subordinato ai dettami religiosi.
Eppure, fino alla metà del 2022, il diritto all’aborto non era in discussione, e rimaneva a discrezione della persona scegliere se aderirvi o meno. Oggi, in molt* non hanno altra scelta se non quella di portare a termine una gravidanza, sottoporsi a procedure illegali, oppure intraprendere viaggi infiniti per recarsi in uno stato che – in autonomia – tutela l’accesso all’aborto.
Tuttavia, sebbene l’abrogazione della Roe V Wade può sembrarci una vicenda lontana da noi, da osservare come spettatori non coinvolti, le analogie tra America e Italia sono oggi ben visibili, specialmente se prendiamo in considerazione lo stampo conservatore dell’attuale governo e le recenti proposte avanzate dai suoi ministri.
In questo articolo, proveremo a capire perché la Roe V Wade non è riuscita ad arrivare al suo 50esimo anniversario, e come la deriva conservatrice che sta imperversando a livello globale potrebbe presto intaccare e limitare questo e altri diritti anche nel nostro paese.
La Roe V Wade: breve storia del diritto all’aborto in America
Nel 1968, Norma McCorvey rimane incinta per la terza volta. Ha solo 21 anni, ed è sposata con un uomo molto più grande di lei da cui ha avuto la prima figlia a soli 17 anni. Woody McCorvey, è un uomo violento: beve e si droga regolarmente, e regolarmente abusa di Norma e dei loro due figli, tanto da costringere la donna a darli in affidamento alla madre.
Quando scopre la terza gravidanza, Norma non ha dubbi in merito: deve abortire, a qualunque costo, per evitare l’ennesimo trauma a sé stessa, ma anche a un’innocente creatura che non ha chiesto di nascere in una situazione così malata.
Al tempo, il diritto all’aborto era riservato solo nei casi di stupro e incesto, oppure nell’eventualità che la gravidanza potesse essere fatale alla gestante. Così Norma denuncia di essere stata violentata da uno sconosciuto. La polizia non le crede, e la donna è costretta ad ammettere di aver mentito. Ma non si arrende.
Norma porterà a termine la gravidanza, ma si batterà, insieme a un team di avvocati progressisti, per portare il proprio caso alla Suprema Corte e determinare una storica vittoria femminista nel 1973 grazie alla decisione Roe V Wade, che garantirà il diritto all’aborto in qualsiasi caso entro il primo trimestre.
La storia di Norma – e la conseguente decisione della Suprema Corte – ebbe un impatto impensabile sulle coscienze dell’America degli anni 70’: da una parte, i conservatori indignati, dall’altra, il movimento femminista esultante verso la possibilità di poter finalmente decidere sul proprio corpo.
La Chiesa Cattolica condannò aspramente la decisione, e gli attivisti pro-life si organizzarono rapidamente per manifestare in opposizione. Un’opposizione durata fino ai tempi recenti, e che ha dato vita a diversi casi arrivati in Suprema Corte, tutti contrastati da una struttura legislativa forte e inoppugnabile. Almeno, fino all’anno scorso.
L’abrogazione della Roe V Wade a giugno 2022
È importante prima di tutto evidenziare il contesto storico in cui si trovavano gli Stati Uniti a giugno dell’anno scorso. In un’America a prevalenza democratica, la Suprema Corte faceva però eccezione. All’interno dell’organo troviamo infatti cinque giudici conservatori – ovvero la maggioranza:
- Samuel Alito, nominato da George Bush nel 2005 e poi riconfermato nel 2006. Nel 2020 è stato uno dei tre membri della Suprema Corte a votare contro l’estensione del Civil Rights Act del 1964 a tutela dei diritti LGBTQIA+.
- Clarence Thomas, secondo afroamericano alla Suprema Corte, nominato sempre da George Bush nel 1991. Considerato il membro più conservatore della corte.
- Neil McGill Gorsuch, nominato da Donald Trump nel 2017 grazie a un cavillo legislativo. Estremista cattolico e conservatore.
- Brett M. Kavanaugh, nominato da Donald Trump sempre nel 2017. Uno dei tre giudici, insieme ad Alito, a votare contro l’estensione del Civil Rights Act. Accusato, nel 2018, di violenza sessuale verso una compagna del liceo.
- Amy Coney Barrett, nominata da Donald Trump nel 2020 e unica donna a votare a favore dell’abrogazione di Roe V Wade. Ferma conservatrice e parte del “Movimento Carismatico”, organizzazione per la confermazione dei “miracoli cristiani”.
Una maggioranza schiacciante unita da un’ideologia condivisa. Ma da dove è nata l’idea di eliminare la Roe V Wade? Non si parla sicuramente di una decisione presa nottetempo, anzi, il processo è stato lungo e ben preparato in anni di strategie dal movimento conservatore e repubblicano.
Si parte da novembre del 2016. Donald Trump viene eletto presidente degli Stati Uniti d’America. Repubblicano, conservatore e senza peli sulla lingua, mette da subito in chiaro la volontà di reinstaurare i “vecchi valori americani” e “rendere l’America di nuovo grande”.
Senza perdere tempo, valuta la composizione della Suprema Corte americana e interviene, eleggendo tre membri di stampo conservatore assicurando una maggioranza a sua immagine e somiglianza.
In cinque anni di consolidamento, è evidente che la Suprema Corte ha un profondo bias. Il primo tentativo di abrogare la Roe V Wade avviene nel 2021, nel caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization. Tuttavia, fallisce, a causa dell’ottima argomentazione presentata dall’avvocato della controparte.
Nel maggio del 2022, tuttavia, una proposta secretata del giudice Samuel Alito viene illegalmente diffusa. “La Roe V Wade è stata un errore dal principio“, si legge. In molti credono che si tratti in realtà di una mossa strategica che permetterà alla Suprema Corte di preparare il terreno.
Fino ad arrivare, il 24 giugno 2022, al concretizzarsi della proposta: gli Stati Uniti d’America perdono la struttura legislativa su cui si regge il diritto all’aborto. Alcuni stati a maggioranza democratica prendono subito provvedimenti, creando leggi ad hoc. Gli stati repubblicani esultano per la possibilità di poter finalmente rinforzare le “trigger laws” che limitano l’accesso all’aborto.
La mappa illustra la situazione nei vari stati americani:
Abrogazione di Roe V Wade: l’America è più vicina di quanto pensiamo
Analizzare gli eventi dello scorso giugno in America è importantissimo per comprendere le similarità e le congruenze tra la situazione socio-politica statunitense e quella Italiana.
In entrambi i casi, abbiamo un governo di stampo conservatore e di estrema destra, e, in entrambi i casi, i suoi esponenti hanno espresso più di una volta ideologie non dissimili da quelle del governo che ha portato, in America, all’abrogazione della Roe V Wade.
Italia e Stati Uniti sono due nazioni con una storia di diritti civili andata sempre di pari passo – in linea di massima, proprio come in qualsiasi altro territorio del blocco occidentale.
L’abrogazione della Roe V Wade è, metaforicamente parlando, un terremoto che ha fatto crollare il terreno da sotto i piedi a tantissime nazioni con un progresso sociale simile, e che ha però fatto guadagnare significativamente terreno ai movimenti populisti di estrema destra.
L’apparente indistruttibilità e intaccabilità dei risultati ottenuti fin’ora è stata smentita e smantellata nel giro di un mese da un organo istituzionale il cui compito sarebbe invece quello di preservare la libertà e il benessere dei propri cittadini: cosa impedisce ad altri enti internazionali di fare lo stesso?
Ed infatti, a riprova, ecco i primi segnali: solo negli scorsi giorni, Fratelli D’Italia ha avanzato una proposta per un DDL pro-life che andrebbe a “proteggere i diritti del feto dal momento del concepimento”.
Come abbiamo visto in America, non si tratta di un processo rapido – almeno in principio. Insidiare anni di vittorie e di traguardi dei movimenti per i diritti civili è un compito che richiede qualche tempo, ma che a quanto pare è possibile.
La minaccia è concreta. Proprio per questo motivo, è importante guardare a ciò che è successo in America come un campanello di allarme, e non come un triste evento circoscritto a una nazione isolata. Il rapido progredire dei movimenti populisti doveva essere un indicatore determinante già qualche anno fa. Anche in Italia.
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