Rotting in the Sun racconta il peggio della nostra comunità

Il film di Sebastian Silva è un incubo fatto di popper, influencer e morte.

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Rotting in the Sun
Rotting in the Sun
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Ho raggiunto un punto in cui non riesco più a parlare di rappresentazione queer sullo schermo.

Che sia la tragedia pietistica degli anni 2000 (Boys Don’t Cry, Brokeback Mountain), che siano i Teletubbies edificanti per la gen Z (scusa Heartstopper), o i mostri col popper (Queer as Folk), pare che tra i tre estremi non c’è punto d’incontro, e soprattutto nessuna storia soddisfa tutti: troppo buoni, troppo cattivi, troppo sesso o non abbastanza, troppo allegri o troppo tragici. Siamo così abituatə a non vederci mai sullo schermo che quando succede pretendiamo che il risultato rappresenti ogni singolo spettatore seduto in poltrona (aspettativa già di per sé impossibile pure per la controparte cis-het).

Al netto di questo, Rotting in The Sun, nuovo film del regista cileno Sebastiàn Silva – disponibile in streaming su MUBI – sceglie di prendere il peggio della nostra comunità (in primis, gli uomini gay) per raccontare quello che pare a lui: nessun tentativo di soddisfarci o educarci, ma un incubo reale, dove l’elemento queer è solo la cornice.

Nel film Silva interpreta sé stesso (o meglio, una estremizzazione di sé): un regista che passa le sue giornate a leggere L’incoveniente di essere nati di E. M. Cioran, scrollare TikTok, e contemplare il suicidio a Mexico City. Nella spiaggia nudista di Zicatela incappa in Jordan Fistman (anche lui, nei suoi panni), influencer che nel 2020 si è aggiudicato la nomina di ‘uomo più divertente su Internet’, avvinghiato a Sebastian con l’obiettivo di fargli dirigere il suo primo show. Al pensiero Sebastian preferirebbe davvero ingerire il veleno per cani, ma i produttori della HBO sono così entusiasti e la creatività scarseggia. Non fa in tempo a dire sì, che a malapena trenta minuti di visione, Sebastian sparisce dalla scena.

Inutile svelarvi come e perché. Significherebbe rovinarvi il primo vero punto di svolta di un film che fino a quel momento è un concentrato di piselli, popper, cruising, e ketamina alla peggiore festa gay a cui avete partecipato in vita vostra. Se vogliamo entrare nel merito, i piselli in primo piano sono così tanti che sin dalla sua premiere al Sundance Film Festival, si è annoverato la nomina del “film con 30 c*zzi”. Ma l’ossessione della stampa per le scene di nudo, ha giocato a favore di Firstman e Silva che hanno costruito una campagna di marketing proprio su questo (a partire dalla locandina): “solo per vedere quanto superficiali e stupide fossero per trascinarle in sala” dichiara l’influencer a Pink News.

mubi
Rotting in the Sun (MUBI)

Perché Rotting in The Sun è prima di tutto una commedia, che diventa un dramma, che diventa un thriller, e tutte queste tre cose insieme. È soprattutto una satira che chiama in causa tuttə: dagli uomini convinti che chiunque vuole mettergli le mani nelle mutande (e si offendono se non ricambi), alla differenza di classe che alterna i problemi ‘reali’ dei gruppi marginalizzati ai ‘capricci’ dell’ennesimo gay bianco con 27k su Instagram.

Non c’è nessun mistero da risolvere, perché il film ce lo svela subito con un twist che cambia le carte in tavola e passa il timone della storia a Vero, domestica di Sebastiàn interpretata da una stellare Catalina Saavedra, e finalmente cambia prospettiva.

Condensando le peggiori idiosincrasie della nostra epoca, ha il pregio di sospendere il giudizio morale e svincolarsi dagli standard narrativi, offrendoci un White Lotus molto più sporco e cattivo, che dentro questa spirale di orgie e attacchi di panico, riesce anche a strapparci una risata amara.

Facilissimo odiarlo (per chi scrive, un rewatch è impensabile), ma se proprio vogliamo parlare a tutti i costi di rappresentazione queer, Rotting in The Sun va in piena collisione con le mille storie d’amore igienizzate che troviamo su Netflix. Al suo meglio, è un’ulteriore conferma che le nostre storie sono fatte anche di esseri umani orribili, con cui non vorremmo avere niente a che fare nella vita, ma possiamo seguire per ottantotto minuti su uno schermo. Se non vi sentite rappresentatə, forse meglio così.

© Riproduzione riservata.

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