La prima volta che ho visto Megan Fox ero in seconda media e portavo l’apparecchio ai denti.
All’epoca vederla mi provocava un’indifferenza che gradualmente decisi di convertire in fastidio.
Se non dava fastidio, Megan Fox era un poster, letteralmente alla mercé degli screensaver di ogni maschio etero dai 15 anni in su.
Nel 2008 sessualizzazione e fastidio apparivano come le uniche due reazioni possibili davanti una donna bellissima e famosa che non sfuggiva allo stereotipo della bambola sexy, ma lo celebrava davanti il mondo intero.
Megan Fox oggi ha 35 anni. Promuove nuovi lavori, è fidanzata con il rapper Machine Kelly, e le sue ultime comparsate sul red carpet hanno mandato in cortocircuito il web.
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Se parte della nostra società continua a legittimare gli stessi retaggi dei primi anni duemila, dall’altra l’attrice ha finalmente ripreso controllo della sua persona pubblica e privata, rifiutandosi di accomodare le aspettative dell’industria hollywoodiana.
Ma aveva già iniziato a farlo dodici anni fa.
Il risveglio di coscienza è iniziato quando sui social ha cominciato a circolare lo spezzone di un’intervista al Jimmy Kimmel Live, risalente al 2009: nel video Megan racconta di quando a quindici anni, durante un’audizione per Bad Boys II, il regista Micheal Bay la fece ballare sui tacchi, indossando un bikini Star and Stripes, completamente bagnata.
“Questo è solo un esempio di come funzionava la mente di Bay” racconta Megan, ma Jimmy risponde che “la mente di tutti gli uomini funziona così, solo che alcuni di noi sono più bravi a reprimerlo” a ritmo con le fragorose risate del pubblico. Per avvalorare la sua tesi, il conduttore le regalerà successivamente un ritratto di loro due a letto insieme.
Se oggi una scena del genere ci fa incazzare, dodici anni fa era solo un episodio goliardico, qualcosa da non prendere troppo sul serio. Lo stesso anno la crew di Micheal Bay pubblicò una lettera dove Megan era definita con appellativi come “unfriendly bitch” e “dumb as a rock”.
È la storia più vecchia del mondo: una donna espone pubblicamente i maltrattamenti subiti dagli uomini con cui ha lavorato, e il mondo risponde definendola “pazza e difficile”.
Perché siamo così abituati alla narrazione di un uomo da considerarla l’unica possibile, e chiunque osa metterla in discussione è solo una povera scema. È la stessa narrazione che ci ha insegnato a non prendercela troppo, che sia una battuta o una mano sul culo.
Megan Fox in una scena di Jennifer’s Body (2009)
Nel 2009 eravamo così impegnati a riversare tutta la nostra misoginia su Megan Fox, da perderci per strada due punti importanti: il suo coming out come bisessuale e Jennifer’s Body (vedi trailer in alto n.d.r.)
Jennifer’s Body è una strepitosa, affilata,e satirica fusione di horror e commedia, diretta dalla regista e sceneggiatrice Diablo Cody.
Io l’ho vista per la prima volta quest’anno perché all’epoca non volevo prenderla sul serio, come tutto il resto del mondo.
Per chi ancora oggi sta brancolando nel buio – è la storia di una liceale posseduta da un demone che inizia a mangiare tutti i ragazzi che incontra.
Può fermarla solo la sua migliore amica (Amanda Seyfried) tra un bacio saffico e una pugnalata alle tette.
L’intelligente sceneggiatura – che con ironia pungente e momenti squisitamente sopra le righe si prende gioco dello sguardo maschile e ribalta il ruolo della femme fatale – venne completamente asfaltata dalla campagna promozionale.
“Venne presentata come una commedia sporcacciona per ragazzi adolescenti, e in quanto tale, fu un fallimento” scrive Constance Grady per Vox. “Nel 2009 Cody era considerata una pretenziosa e artefatta meteora del momento e Fox un’insulsa ragazza copertina qualificata solo per fare un carwash in bikini in Transformers” continua Grady “Quando uscì Jennifer Body, c’era una narrazione precostituita ad accoglierlo: script troppo forzato, troppo sessualizzato, o forse non abbastanza sexy, un b-movie trash e vuoto”.
Ma Jennifer’s Body non solo è diventato un cult del genere, ma ha reso anche Megan Fox un‘icona bisessuale.
Fu uno dei primi tentativi dell’attrice di dar spazio alla propria sessualità e contribuire ad una degna rappresentazione LGBTQIA+ sul grande e piccolo schermo (nel 2016, recitò nella serie tv New Girl nei panni di Reagan Lucas, personaggio apertamente bi, che la stessa Megan in un’intervista per Washington Post definì molto in linea con la sua personalità).
I tempi sono maturi per chiedere scusa a Megan Fox, ma anche per chiederci: quali donne prendiamo sul serio e quali scegliamo di ignorare? E sotto quali criteri?
Nell’epoca del MeToo, avrebbe potuto raccontare tante di quelle storie. Eppure Megan le ha tenute per sé.
“Per come venivo percepita dalle persone – e dalle femministe” ha detto “Non ho pensato di essere una vittima abbastanza credibile.”
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