4 volte campione del mondo di Formula 1, ex pilota Ferrari e oggi pilota Aston Martin, Sebastian Vettel si è concesso una lunga intervista con Attitude, magazine LGBTQ+ britannico che è così riuscito ad avere il primo pilota di Formula 1 in copertina della propria storia editoriale. Vettel, che è ancora oggi l’uomo più giovane ad aver mai conquistato un titolo mondiale (a 23 anni e 134 giorni nel 2010), ha parlato di omosessualità nel mondo delle corse, e di come il circuito sia pronto ad un pilota dichiaratamente gay.
Dal primo Gran Premio del 1950 ad oggi ci sono stati 771 piloti di 41 nazionalità diverse e solo tre di loro si possono considerare apertamente LGBTQ: Nicha Cabral, che ha corso quattro gare mondiali nei primi anni ’60 dichiarandosi bisessuale a 75 anni; la pilota degli anni ’70 e ’80 Lella Lombardi, una delle sole due donne ad aver corso in un Gran Premio di Formula 1 del Campionato del Mondo, dichiaratamente lesbica; e Mike Beuttler, che ha corso 28 Gran Premi di Formula 1 del Campionato del Mondo all’inizio degli anni ’70, dichiaratamente gay. Poi il nulla.
La scorsa estate Vettel e Lewis Hamilton hanno pubblicamente protestato contro Viktor Orbán, premier ungherese, correndo il gran premio d’Ungheria con casco, scarpe e t-shirt arcobaleno per replicare all’omotransfobica legge voluta dal primo ministro. Vettel quel gesto non l’ha mai rimpianto, anzi, replicandolo in Arabia Saudita. Anche perché dal 2007, suo primo anno in Formula 1, il pilota tedesco ha confessato che molte cose sono cambiate.
“Il mondo intero è cambiato molto in questi anni. Ci sono sempre state persone LGBTQ in Formula 1, ma non posso parlare per loro o dire se sentissero di doversi nascondere o meno. Certamente, il fatto che il mondo si sia aperto li ha aiutati a uscire allo scoperto. Quindi, sta migliorando e ora vedi alcuni ingegneri e meccanici che si sentono sicuri nell’essere più aperti. Ma c’è ancora molto che possiamo fare per migliorare la diversità e l’inclusività negli sport motoristici, non solo in termini di sessualità, ma anche sostenendo e incoraggiando le donne, le persone di colore, le persone con disabilità e così via. La Formula 1 ha avviato un movimento chiamato “We race as one”, il che è positivo, ma dobbiamo tutti fare uno sforzo per garantire che ottenga effettivamente un cambiamento positivo; quindi agiamo di conseguenza piuttosto che parlarne”.
In quanto ad omofobia, Vettel non ha mai assistito a scene in modo diretto, ma “indirettamente ho sentito persone parlare negativamente delle persone LGBTQ e della comunità LGBTQ. Ogni volta che ho sentito dire queste cose in passato, mi sono sempre sentito sbagliato, ma oggi sono più sicuro di parlare apertamente e zittirle\. L’omofobia è pregiudizio e il pregiudizio è sbagliato. È davvero così semplice”.
Nel 2022, sostiene Vettel, il paddock sarebbe pronto ad accogliere a braccia aperte un pilota dichiaratamente gay: “Sì, certamente. Forse non sarebbe stato così in passato, ma ora penso che un pilota gay di Formula 1 sarebbe il benvenuto, giustamente. Sento che un pilota gay aiuterebbe ad accelerare l’eliminazione dei pregiudizi e contribuirebbe a spingere il nostro sport in una direzione migliore”.
Sul perché piloti passati e presenti eventualmente gay abbiano paura di fare coming out, Sebastian si è fatto un’idea precisa: “”Sono abbastanza sicuro che ci siano stati alcuni piloti gay, ma non hanno mai fatto coming out, ed è un peccato. Averne uno apertamente omosessuale aiuterebbe a eliminare più velocemente i pregiudizi e contribuirebbe a spingere il nostro sport verso una direzione migliore. Il progresso è inevitabile, dunque ho speranza. Le ragioni di un mancato coming out potrebbero essere simili a quelle che ci possono essere nel calcio: la vecchia immagine di un giocatore o di un pilota come un “eroe” che dovrebbe corrispondere a un certo insieme di criteri. Ma i criteri di valutazione sono spesso semplicemente sbagliati. Chi li ha inventati? Chi li ha decisi? Ad esempio, “gli uomini non piangono” o “non mostrano debolezza”: in che modo questi stereotipi sono in qualche modo legati alle nostre performance? Perché la nostra società prova ancora vergogna nei confronti di qualcuno che ammette le proprie debolezze o riconosce il proprio fallimento? Per me dovrebbe essere il contrario. Ci vuole un enorme coraggio per mostrare il tuo vero io piuttosto che nasconderti dietro una maschera che rappresenta ciò che le persone si aspettano. Dovremmo iniziare a vedere e capire che è la diversità nelle persone che ci ha fatto evolvere e ci ha spinto a nuove vette”.
Sulla famigerata protesta nei confronti dell’Ungheria di Orban, Vettel ha ribatido la propria posizione.
“L’ho fatto perché volevo dimostrare che non avevo e non avrei mai approvato la legge anti-LGBTQ che era stata recentemente promulgata in Ungheria. Non l’ho fatto per essere popolare. Non gestisco i miei social media, ma capisco che la mia azione è stata ampiamente riportata su Twitter, Instagram e Facebook. Non l’ho fatto per questo motivo, come ho detto, ma se le persone LGBTQ che erano rimaste sconvolte dalla legge sono state incoraggiate dalla mia protesta, è stato ovviamente un piacere scoprirlo. Sono totalmente contro il razzismo, il sessismo, l’età, l’omofobia e ogni forma di pregiudizio. Sono molto preoccupato per l’ambiente. Difenderò sempre quei valori e principi. Se mi vengono fatte certe domande, risponderò. Se la piattaforma della Formula 1 ci consente di diffondere e condividere questi valori e principi in modo più ampio, penso che sia un’ottima cosa”.
E infine, come reagirebbe Vettel ad un eventuale coming out di uno dei suoi figli? “Sento che il mio ruolo di genitore è amare e sostenere i miei figli nel miglior modo possibile. Inoltre, penso che ci siano così tante cose che i bambini possono insegnarci e mostrarci. Il modo in cui vedono il mondo è così puro. Qualunque cosa decidano di fare, o chiunque decidano di amare, voglio sostenerli. Risposta breve: idealmente nessuna reazione diversa dal supporto e dall’amore incondizionati“.
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