“Sono trans, disabile e cattolico. Dio non fa errori”

Vi raccontiamo alcune testimonianze della comunità LGBTQ+ cristiana: "Il cristianesimo è questa cosa qui: comprendere che la tua vita è un dono per te e per gli altri".

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Alfredo Ormando, poeta siciliano gay, si diede fuoco il 13 gennaio del 1998 a San Pietro per denunciare l’omofobia delle gerarchie vaticane.

Un’accusa precisa rivolta oltre Tevere attraverso il rogo del suo corpo. Eppure, anche così, in un primo tempo rischiò di non essere ascoltato. Subito dopo il suo gesto, la sala stampa vaticana emetteva un comunicato ascrivendo il fatto a problemi familiari del poeta. La verità si seppe dopo. Il significato del suicidio fu chiaro tramite le sue lettere, pubblicate a distanza di tempo. Ormando morì dopo 10 giorni di agonia.

Da allora, ogni 13 gennaio si celebra la Giornata mondiale del dialogo fra religioni e omosessualità. “Dialoghiamo” è l’invito rivolto dalla comunità LGBTQ+ credente alla Chiesa. Ancora oggi a distanza di più di vent’anni, una richiesta attuale. Spesso i credenti LGBTQ+ si sentono divisi tra il loro credo e la loro identità. Il rifiuto è una strada che porta, nonostante la fede, all’allontanamento dalla Chiesa. Ci siamo messi in ascolto di questa comunità dentro la comunità. Di fronte a una Papa che parla di gender e la CEI che denuncia la pericolosità di una legge contro l’omotransfobia alimentando fake-news. Come vivono queste persone? È possibile vivere il rapporto tra laicità, fede e dettati delle gerarchie?

“La Chiesa è una realtà in cammino”

Alessandra ha 47 anni. Lesbica, cattolica. Legale rappresentante di “Cammini di speranza”, associazione nazionale di cristiani LGBTQ+. Nel 1998 proprio l’anno della sacrificio di Alfredo Ormando, Alessandra si scopre. Ma è una scoperta graduale, il suo coming-out arriverà soltanto nel 2013: “Dopo un percorso di studio e confronto anche con alcuni preti. La conoscenza mi ha portato alla consapevolezza che, indipendente dall’orientamento sessuale, posso vivere la mia fede come omosessuale. Tutto questo è in linea con il messaggio evangelico. Non vedo “lo spreco”, di cui spesso parlano alcuni cristiani, nella mia vita sessuale, laddove fa parte di un percorso di crescita e condivisone con la donna che mi sta a fianco”. La consapevolezza di Alessandra, avviene, come spesso accade, uscendo dai confini.  “Fondamentale è stato conoscere realtà europee e mondiali. Nel bene e nel male.  Pensiamo alle stesse conferenze episcopali (sappiamo che quella tedesca è diversa da quella italiana). Ho avuto l’occasione di parlare con persone che vivono realtà diverse e questo mi ha fatto vedere che una Chiesa è in cammino. Mi ha regalato la speranza di una realtà non immutabile”.

“Ringrazio Dio per avermi creato omosessuale”

Paolo Spina ha 35 anni, dalla provincia di Varese lavora come medico ospedaliero e fa parte del Progetto Adulti Cristiani Lgbt, una rete informale nata per gemmazione dal Progetto Giovani Cristiani LGBT per accompagnare il cammino dei cristiani LGBT dai 30 ai 50 anni.

“Ho fatto coming out a 21 anni. Vengo da una famiglia come tante ce ne sono in Italia, cattolica ma senza particolare fervore. Alle superiori non so cosa sia scattato ma volevo approfondire questa dimensione. E leggendo il Vangelo, studiando, sentivo che la dimensione spirituale avesse qualcosa da dire alla mia vita. Il dono della fede è qualcosa di naturale come respirare. Farei fatica a pensarmi senza”. Non è stato un percorso semplice, specifica: “Spesso nei momenti di preghiere recitavo: Dio se mi avessi creato eterosessuale, mi avresti risparmiato un sacco di guai. Chiedevo a Dio il perché”. Una sofferenza che però lo ha portato a quello che lui stesso definisce “serenità teologica. Dio non parla attraverso le gerarchie, tramite Cardinali e Papi. Dio parla a me nella mia vita. Non è una ditta automobilistica che può mandare fuori un modello sbagliato”. Per spiegarsi meglio Paolo recita un passo della Bibbia dal libro della sapienza: “Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; perché tutte son tue, Signore, amante della vita”. “L’ho sempre sentita rivolta verso di me questa frase.  Il signore non può creare qualcosa di sbagliato e così non può aver creato me sbagliando”. Non è della stessa idea la gerarchia Vaticana. Ma Paolo, nel suo percorso di fede, sembra aver trovato una risposta: “Dovremmo uscire dallo sforzo ideale di pensare che il Papa possa dire o fare quello che vuole”, dice serenamente: “In fondo fa parte di una macchina così grande, pachidermica. Per sovvertire uno strumento così non basterebbe il più ‘Francesco dei Franceschi’. Ma innesta meccanismi che se raccolti, possono creare un cambiamento”. Ma la realtà è altro, la vita quotidiana di Paolo è una testimonianza:” I miei preti hanno sempre saputo di me. Mi hanno sempre detto: sappiamo chi sei e il tuo orientamento sessuale non costituisce un problema al tuo voler fare il catechista, l’educatore, l’animatore in oratorio.

“Alla fine” conclude: “il cristianesimo è questa cosa qui: comprendere che la tua vita è un dono per te e per gli altri. Non c’è giorno che io non ringrazi. C’è una preghiera che molti di noi ripetono la sera ed è: ‘ti ringrazio per avermi creato e fatto cristiano’. Ecco adesso io dico: “Ti ringrazio per avermi creato e fatto omosessuale cristiano.”

“Sono trans, disabile e omosessuale. Dio non ha fatto nessun errore”

Giona ha 20 anni, è un ragazzo disabile, trans, omosessuale e cattolico. La sua vita è un torrente che scorre nel canale della fede e come un torrente la racconta: “Vent’anni fa arriviamo io e mia sorella, due gemelline con talmente tanta fretta di farsi (ri)conoscere, da nascere con ben due mesi di anticipo. Ho dovuto presto imparare a mie spese che la fretta è cattiva consigliera, con un’emorragia cerebrale e una conseguente disabilità motoria. Niente che una bimba intelligente e vivace non sia in grado di vivere serenamente, nonostante le tante ore di ricreazione sostituite dalla fisioterapia.
Eppure, presto o tardi chiunque si interroga e, solitamente, alla domanda ‘perché a me?’ facciamo tutti scena muta. Io invece, trovai presto una risposta: perché il Signore ha stima di me”
Una fede incrollabile che non l’ha mai abbandonato: “Mi era stato da subito evidente quanto il mio corpo fosse atipico e comportasse fatiche diverse da quelle altrui, ma mi convinsi presto che il Dio in cui credevo fosse un Padre attento; e un genitore che ti conosce e ti ama, se ti affida un compito difficile è perché ti ritiene responsabile e capace” spiega. Neanche nel momento del suo secondo coming out, quando scopre la propria identità di genere.
“Non solo ero lusingato, ma anche felice nel sapere che il mio corpo non era sbagliato, ma strumento particolare di un progetto specifico. Poi, quando – mettendo in fila malesseri e indizi – ho capito di essere una persona trans, avrei preferito non credere. Avevo appena risposto alla grande domanda ‘chi sei?’ e ora mi chiedevano ‘stai dicendo che il tuo Dio ha fatto un errore con te?’. Ero ormai esausto di indagare, ma sapevo di non poter rinunciare né a me stesso né a Lui ed è nell’impegno che ho messo nel cercare di superare questa dicotomia che ho riconosciuto la grandezza della mia fede. Oggi so che sono Giona, ciò che anche nel suo Progetto sono sempre stato chiamato ad essere. E il mio nome non è casuale. Giona, il profeta che – nonostante un iniziale timore – si è fidato di Dio e, ancora nel ventre della balena, ha deciso di sfruttare la sua seconda possibilità per adempiere alla sua chiamata”

“Sapere che la Chiesa spesso non è disposta ad ‘accoglierci’ mi ferisce”, confessa. “Mi sembra che le stesse persone che mi hanno insegnato l’Amore incondizionato pongano limiti e condizioni a questo stesso Amore. Per superare questa fatica cerco sempre di tenere a mente che Dio e la Chiesa non coincidono, ma anzi la Chiesa è il tentativo umano e fallibile di rappresentare Dio e renderLo tangibile sulla terra e – in quanto tale – è destinato ad evolversi e progredire.
D’altra parte, il nostro Dio non ci ha mai richiesto una perfezione – che è solo Sua -, ma si è vestito della nostra umanità, per dimostrarci che è sempre possibile Amarci gli uni gli altri e diventare migliori.”

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