Sull’annunciata operazione outing di Aurelio Mancuso, l’ex presidente di Arcigay è stato scaricato dalla stessa Arcigay che lo ha accusa di protagonismo e di voler mettere in piedi un meccanismo degno della "macchina del fango". Un pezzetto del comitato d’onore della associazione da lui fondata (Equality Italia) lo ha abbandonato; un nome di peso, quello del vicepresidente del PD Ivan Scalfarotto che Mancuso ha provato a minimizzare. I Radicali di Certi Diritti che paragonano la pubblicazione dell’elenco al Caso Boffo. I gay di centrodestra di Gay Lib che bollano l’operazione come "mossa pubblicitaria". Dall’altra parte sono rimasti a difendere l’iniziativa: la deputata Paola Concia (PD), Alessio De Giorgi (Gay.it) seppur con molte riserve e Giuseppina La Delfa (Famiglie Arcobaleno). Per non parlare del "popolo della rete", espressione abusata per riferirsi agli internauti che sui social network si prendono a commenti in faccia accalorandosi sul tema. Ognuno con le sue motivazioni, i suoi pro e i suoi contro. Al netto della passione, le obiezioni dell’una e dell’altra parte possono però essere unite in gruppi che proviamo a elencare.
1) Il gruppo di anonimi – Mancuso ha detto
di essere "il padre ispiratore" dell’iniziativa ma che saranno altri (che lui neanche conosce, dice) a procedere con la pubblicazione dei nomi su di un sito registrato all’estero. In questo modo, la responsabilità e le relative conseguenze – soprattutto legali – dell’outing saranno figlie di nessuno. Il rischio è che un’operazione politica che in altre nazioni (come l’America, ad esempio) ha avuto molto successo e ha portato alle dimissioni di politici gay ma pubblicamente omofobi diventi la delazione che gli stessi gay hanno subìto per anni. Utilizzata da Don Milani fino a Marco Pannella e Emma Bonino, lo strumento nobile della disobbedienza civile, per cui si vìola la legge in maniera palese e annunciando il gesto per tempo, perde la forma fino ad oggi conosciuta e diventa volgare delazione anonima.
2) Il sito estero – E’ stato Mancuso, nonostante si sia poi detto estraneo alla messa in opera dell’iniziativa, ad annunciare l’indirizzo web al quale saranno pubblicati i primi 10 nomi (di 100 in totale). Si tratta di un blog realizzato su una piattaforma molto diffusa e popolare, WordPress, che poco si presterebbe a operazioni hacker, riservate e anonime. La polizia postale, inoltre, essendo venuta a conoscenza per tempo dell’iniziativa, potrebbe già essersi attrezzata per provvedere rapidamente al sequestro della pagina in caso di effettiva violazione della legge. Certo, una volta pubblicato l’elenco, il copia-incolla degli utenti permetterebbe, come sempre accade, di bypassare la censura delle forze dell’ordine, ma il sito non sarebbe più disponibile per la pubblicazione degli elenchi successivi.
3) Le prove – Saranno pubblicate prove a supporto di ogni nome? E quali potrebbero essere? Foto? Video? Difficile, anche se non impossibile, che nel breve tempo da quando è stata annunciata l’operazione (maggio) ad oggi si sia riusciti ad accumulare del materiale così delicato in quantità sufficiente per ciascuno.
4) La privacy – La privacy è un argomento
la cui salvaguardia è imprescindibile secondo i detrattori dell’operazione: va protetta sempre, anche quella degli omofobi. L’orientamento sessuale è considerato effettivamente un dato sensibile dalla legge che regolamenta il tema al pari dello stato di salute, delle simpatie politiche e religiose. Ma normalizzare l’omosessualità parlandone apertamente – sostengono i difensori dell’iniziativa – passerebbe anche dal farle perdere quell’alone di tabù che oggi la legge sulla privacy contribuisce a conferire al tema.
Il sondaggio in homepage di Gay.it da
venerdì ha raccolto più di 1000 voti. I lettori del nostro portale sembrano avere le idee chiare. Al momento, il 75% di chi ha risposto alla domanda se è giusto attuare l’outing di vip e politici pensa che sì, per porre fine all’ipocrisia è giusto. Il restante 25% si divide tra chi lo considera dannoso, ingiusto o inutile.
I rischi di una operazione così delicata sono moltissimi. Prima tra tutti, quello di far passare un’iniziativa di outing a una semplice (e volgare) Sputtanopoli. Se il tutto non sarà gestito nel migliore dei modi si rischia di mettere in piedi un’arma a doppio taglio pericolosa per lo stesso movimento lgbt.
di Daniele Nardini
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