Nella giornata di ieri Fabrizio Marrazzo, Marina Zela ed Andrea Grassi, cofondatori di Partito Gay LGBT+, si sono autocandidati alle imminenti elezioni Europee con il Movimento 5 Stelle, “con il quale siamo impegnati da diversi anni, dalla legge contro l’omobitransfobia al referendum “no alla caccia”, passando per il sostegno ad Alessandra Todde in Sardegna“.
I tre si sono autocandidati per la Circoscrizione Centro (Marrazzo- Zela) e la Circoscrizione Nord-Ovest (Grassi). “Il Movimento 5 Stelle e Partito Gay LGBT+ hanno una lunga storia di impegno per i diritti LGBT+, dimostrato dalla collaborazione nella creazione di leggi contro l’omobitransfobia e dalla candidatura di Marrazzo e Zela alle elezioni politiche del 2022“, si legge nella nota congiunta. “Questa collaborazione ha portato a risultati significativi, come la creazione di centri contro le discriminazioni LGBT+ e la promozione del Referendum sul Matrimonio Egualitario, del No alla Caccia e per la transizione ecologica. Inoltre, abbiamo lavorato anche per l’approvazione di delibere in oltre 10 comuni che multano gli omobitransfobici con 500 euro. Con oltre 20 anni di attivismo, continuiamo a lottare per l’uguaglianza e la dignità per tutte e tutti, impegnandoci a portare la nostra esperienza al Parlamento Europeo.”
Peccato che le polemiche politiche siano preste esplose.
Dal Movimento 5 Stelle c’è chi ha fatto notare come il regolamento per le autocandidature del M5S, all’articolo 3 comma c, stabilisca che il potenziale candidato “non dovrà essere iscritto ad alcun altro partito o movimento politico”. Dal Partito Gay hanno subito ribattuto, sottolineando come due su tre dei cofondatori siano iscritti al M5S dal 2022 nonché ai gruppi territoriali. Zela, inoltre, ha già corso per le Politiche 2022. Ma c’è chi ipotizza addirittura una battaglia legale, nel caso in cui questa triplice autocandidatura dovesse andare in porto.
“Sebbene noi siamo attivamente coinvolti nel Partito Gay LGBT+, questo è strutturato e riconosciuto come un’associazione, non un partito politico tradizionale e nel pieno rispetto dei principi del Movimento 5 Stelle”, ha replicato Marrazzo al Corriere, che ha di fatto negato la natura partitica del suo “Partito Gay”.
“Inoltre, il nostro impegno riflette un profondo allineamento con i valori e le politiche del Movimento 5 Stelle ed i suoi principi fondanti, specialmente riguardo alla tutela dei diritti umani, alla promozione delle differenze, all’inclusività e lotta alle povertà, diritti degli animali e della transizione ecologica. Il nostro lavoro ha sempre perseguito obiettivi che sono in armonia con quelli del Movimento, evidenziando un impegno condiviso verso la creazione di una società più equa e inclusiva. La nostra esperienza per i diritti LGBT+ arricchisce, come già provato alle scorse elezione politiche, il Movimento 5 Stelle, portando una prospettiva importante e necessaria che supporta la lotta contro ogni forma di discriminazione. La nostra autocandidatura è un ponte tra il movimento e le persone LGBT+, promuovendo politiche inclusive a livello europeo”.
Nel 2021, ovvero appena 3 anni fa, Fabrizio Marrazzo si candidò a sindaco di Roma per il Partito Gay, criticando l’amministrazione Raggi (M5S) appena conclusa per “non aver fatto nulla” sui diritti LGBT, così come nessuna amministrazione precedente.
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