In fuga dai testimoni di Geova perché gay: “ora mi sento libero”

Il 30enne Alessandro ha raccontato la sua storia da ex testimone di Geova.

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Per i testimoni di Geova l’omosessualità è disapprovata da Dio, moralmente sbagliata e contro natura. Impossibile non partire da questa triste realtà nel raccontare la storia di Alessandro, 30enne cuoco di Asti che è stato un testimone di Geova per 22 anni. Intervistato da Fanpage.it, Alessandro ha raccontato la sua esperienza da omosessuale all’interno di questo movimento.

Da quando ho abbandonato i testimoni di Geova mi sento molto più libero. Ho subito due comitati giudiziari da parte dei testimoni di Geova: il primo per aver consentito la trasfusione di sangue che ha salvato la vita a mio padre; il secondo perché sono gay. Mi sentivo attratto da un ragazzo e l’ho confidato ad un altro fedele. Questa persona, di cui mi fidavo come un fratello, è andata subito a raccontarlo agli anziani. Durante il comitato giudiziario hanno voluto sapere tutti i minimi particolari. Mi hanno persino fotografato mentre cenavo con un amico. Secondo loro, era la prova del mio peccato. Quando ho ammesso di essere gay, gli anziani me ne hanno dette di tutti i colori. Tutto ciò, comunque, fa parte del passato e adesso mi sento molto più libero.

Ufficialmente i Testimoni di Geova si dichiarano contro l’omofobia, sottolineando come la Bibbia comandi ai cristiani di amare il prossimo e di non giudicarlo, ma così non è, perché sono i primi ad alimentare odio e discriminazione. Alessandro e sua madre hanno chiesto la disassociazione, dopo essere finiti a processo per aver autorizzato una trasfusione di sangue (vietatissima per i testimoni) al padre in coma, e sono stati letteralmente emarginati da tutti. Parenti compresi, perché ancora testimoni di Geova.

In ogni caso, ci sembra di essere rinati da quando non facciamo più parte di questa setta”, ha concluso Alessandro, la cui vita è “cambiata in meglio. La prima cosa che ho fatto è stata iscrivermi ad un corso di ballo, una passione che ho fin da piccolo ma che non ho mai potuto realizzare”. “Stare seduto in un bar a bere un caffè e chiacchierare con un amico, ad esempio, prima era qualcosa di impensabile per me. Mi era sempre stato insegnato che il tempo andava trascorso ad evangelizzare più gente possibile. Adesso invece ho la possibilità di avere la vita che prima mi è stata totalmente proibita”.

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damkon 10.11.19 - 13:55

Sono gay e sono un ex testimone di Geova anche io. Le parole riportate del ragazzo e l'articolo contengono inesattezze: che gli anziani glene abbiano "dette di tutti i colori" lo trovo altamente improbabile. Che siano andati a scavare in maniera un po' morbosa è possibile, ma a 30 anni una persona deve avere anche il coraggio di rifiutarsi di rispondere a certe domande se le trova inappropriate. I testimoni di Geova non sono una setta (si veda la definizione di setta). Tra le inesattezze dell'autore riporto che: i testimoni di Geova non discriminano nè alimentano odio di alcun tipo, non è vietato essere omosessuali, ma praticare l'omosessualità. E anche in quel caso non si viene nè discriminati nè odiati. L'emarginazione di cui parla l'articolo non è per nulla associata all'omosessualità ma alla questione della trasfusione di sangue, cosa che per altro non passa attraverso nessun "processo". Ultima nota: il ragazzo è sempre stato libero di andare a prendere un caffè con un amico o frequentare un corso di ballo anche quando era testimone, nulla glielo vietava. Ne sono uscito anche io perchè non collimava con il mio modo di vivere, all'interno della religione ci son tante incongruenze, ma non mi pare corretto sparare a zero o far intendere cose che non sono vere. Grazie

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