A un passo dal traguardo, la Thailandia non è riuscita ad ottenere il matrimonio egualitario. Questo accadeva il 17 novembre, quando la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che ha posto un freno alla strada verso la possibilità di sposarsi per le coppie dello stesso sesso con un verdetto che, secondo gli attivisti, potrebbe mettere a rischio anche altre lotte per i diritti LGBTQIA+ in futuro.
La Thailandia è conosciuta universalmente come uno dei “paradisi gay” al mondo – e persino l’ufficio del turismo punta spesso a pubblicizzarla così -, ma la realtà è che la comunità queer nel Paese non è così libera come si vorrebbe far credere. Per quanto riguarda il matrimonio, la Sezione 1448 del Codice Civile e Commerciale prevede che solo un uomo e una donna possano decidere di unirsi in matrimonio: la cultura thailandese definisce infatti il matrimonio come l’accordo volontario tra uomini e donne di vivere insieme nel rapporto tra marito e moglie. I legislatori hanno invece definito le coppie dello stesso sesso come «preferenza sessuale e attrazione», di fatto ponendolo al di fuori della definizione.
Per questo fanno ancora più paura le parole che sono state usate nel verdetto, piene di giustificazioni legate a una mentalità conservatrice retrograda che tentiamo ogni giorno di superare: «Dopo aver soppesato i benefici di rendere il matrimonio una possibilità per le coppie dello stesso sesso, vi è una perdita netta di benefici sia per le unioni tradizionali tra uomini e donne, sia per le coppie dello stesso sesso. Insieme a questa perdita, ci sarà anche la distruzione delle leggi della natura e dell’unità familiare, che sono importanti fondamenta per la società e la sopravvivenza dell’umanità».
«Nella sentenza, ci sono un sacco di cliché omofobi e argomenti transonici. Credo che, venendo dal tribunale, questo potrebbe far pensare ai conservatori che condividono questi punti di vista che le loro opinioni sono legittime»
Guts Thorngrop Rodsavas, attivista per i diritti umani, ha sottolineato come il verdetto possa essere stato influenzato da pregiudizi già esistenti, dato che la presenza omofoba all’interno del governo e dei suoi uffici è cosa nota.
Il risultato quindi è: i turisti possono recarsi nel paradiso gay che è la Thailandia, e celebrare persino matrimoni gay, ma i thailandesi non hanno gli stessi diritti. Tentando di contrastare una scelta che sa solo di ipocrisia, la risposta della popolazione è stata abbastanza immediata. È partita infatti una petizione per chiedere l’approvazione del matrimonio egualitario che, nel giro di pochi giorni, ha raggiunto ben 270.000 firme. Un quarto di milione di persone hanno messo il proprio nome e la propria firma per protestare contro un provvedimento che nega un diritto fondamentale per tutte le coppie.
Il governo non si è ancora espresso e non ha risposto alla petizione, a quanto pare per niente intenzionato a tornare sui propri passi e riprendere in mano il provvedimento. L’imponente petizione, intanto, ha attirato anche l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale e sui social milioni di utenti si sono espressi con messaggi di supporto alla comunità LGBTQIA+ thailandese.