Al Musée des Arts Décoratifs (MAD) di Parigi è possibile visitare, fino al 24 aprile 2022, Thierry Mugler, Couturissime – e non poteva che essere un superlativo assoluto! – la mostra su uno dei più sorprendenti designer degli ultimi cinquant’anni.
Thierry Mugler, anzi Manfred Thierry Mugler – alter-ego dello stilista, versione pro nata nel 2002 dopo numerosi interventi estetici e intensi allenamenti di bodybuilding – ha ideato insieme a Thierry-Maxime Loriot, amico e curatore, l’esposizione-evento che ripercorre i trent’anni della sua prolifica carriera.
Già presentata a Montreal, Rotterdam e Monaco – la mostra è stata inaugurata lo scorso 30 settembre ad apertura della fashion week parigina. Esposte le creazioni di Mugler dal ’73, anno della prima sfilata, al 2003, quando il multiforme genio francese ha deciso di abbandonare il mondo della moda.
«La danza mi ha insegnato molto rispetto al linguaggio del corpo, l’importanza delle spalle, come tenere la testa, camminare e posizionare le gambe».
Nato a Strasburgo nel 1943, Thierry Mugler ha iniziato la sua carriera danzando per sei anni nel corpo di ballo del Teatro dell’Opera del Reno. Periodo fondamentale per la sua formazione: il rispetto per il corpo e la profonda conoscenza del suo movimento saranno sempre alla base del suo lavoro artistico.
«regista, show conceptor, perfume creator, costume designer, fotografo».
Non solo stilista, come recita la sua bio su Instagram. Mugler ha esplorato diversi ambiti artistici, dalla fotografia, al teatro, alla macchina da presa. Basti ricordare il videoclip girato per il brano Too Funky (1992) di George Michel.
All’interno della mostra, divisa in atti – proprio come uno spettacolo teatrale – oltre alle sue creazioni di haute couture e prêt-à-porter, sono presenti gli scatti fotografici, soprattutto durante il sodalizio artistico con Helmut Newton, i videoclip e i profumi, a cui il designer si è dedicato dopo aver lasciato la direzione del marchio.
Gli show di Mugler sono sempre stati un campo di battaglia per le femministe. Soprattutto nel ventennio ’80/’90, quando lo stilista ha dato libero sfogo alla sua creatività, realizzando una precisa idea di donna con progetti massimalisti e visionari – come Gaultier, Alaïa e Versace.
Nell’ultimo decennio del ‘900, dove più che mai andavano formandosi partitismi nel fashion system, c’era chi accusava Mugler di sessualizzare il corpo femminile, rendendolo schiavo dello sguardo maschile e chi, come la critica d’arte e femminista Linda Nochlin, riteneva che le Donne-Mugler «sono talmente estreme, che […] non sono oggetti sessuali, bensì soggetti sessuali. Inoltre, capiamo che siamo di fronte a una specie di artificio, si tratta di una performance».
Anticipando di decenni il linguaggio non binario, lo stilista ha più volte presentato in passerella modelli maschili in abiti iper-femminili e figure del calibro di RuPaul, fortemente dirompenti in quegli anni. Il mondo della moda aspetterà molti anni prima di accogliere i codici rivoluzionari di Thierry Mugler e raramente con gli stessi risultati.
Le sue sfilate sono state delle vere e proprie pièce teatrali, dove creature fantastiche, ninfe, donne con sembianze di serpente, di farfalle e di robot, mettevano in scena l’idea di umanità del creativo. Certo, si potrebbe obiettare che de Beauvoir – già nel ’49 – ha fatto chiarezza sul legame schiavizzante tra donna e natura (o donna e magia), con l’intento ben preciso di relegarla, nei secoli, a un immaginario immutabile e invalidante. Ma non è mai stato uno sguardo femminista quello usato da Mugler – almeno, mai dichiarato. Lui ha messo in scena le proprie ossessioni e il mondo fantastico che popola la sua mente. Poi, i fatti contano. Le sue creazioni sono state indossate dalle più grandi star dello spettacolo, da Madonna in giù. E Madonna di femminismo e autodeterminazione ha dimostrato di saperne qualcosa.
Negli ultimi anni, si deve a Kim Kardashian la nuova primavera artistica di Thierry Mugler. Mentre il marchio omonimo continua il suo tragitto con continui cambi di direzione, lo stilista ha ripreso a creare pochi e studiatissimi capi, riportando la sua creatività al centro della scena internazionale.