61enne del cinema britannico, Coppa Volpi a Venezia, un EFA, un Bafta e un Oscar vinto, Tilda Swinton è da decenni icona LGBTQ+. Lei stessa, lo scorso anno, si è definita “queer”, 35 anni dopo il folgorante esordio con Caravaggio, cult dell’indimenticato Derek Jarman. Mamma di due figli e da quasi 20 anni sposa di Sandro Kopp, Tilda, musa tra i tanti di Luca Guadagnino, ha spiegato all’Irish Times come mai si sia sempre considerata ‘queer’. Perché nella Londra degli anni ’80, e al fianco del leggendario Jarman, l’attrice conobbe una comunità che mai più l’ha abbandonata.
All’epoca Tilda viveva nel quartiere di Chelsea ed era diventata un’attivista LGBTQ+, in strada contro la temuta Sezione 28 voluta da Margaret Thatcher, o a sostegno dei minatori, ogni fine settimana. “Ho vissuto i miei 20 anni in un ambiente completamente queer, era proprio il periodo in cui l’essere queer veniva rivendicato, perché era sempre stato un termine utilizzato come insulto. E io sono stata una ragazza queer, ma non dal punto di vista della vita sessuale. La gente diceva che ero queer”.
Anni di smottamenti sociali e politici, ma anche gli anni dell’AIDS, che videro la comunità LGBTQ+ internazionale piombare nell’incubo. Derek Jarman, dichiaratamente omosessuale, morì nel 1994 per complicazioni legate all’AIDS. Un anno devastante per Tilda, che vide morire decine di amici. “Quell’anno andai a 43 funerali, tutti morti per AIDS”, ha ricordato Swinton. “L’unica persona che capì realmente cosa stessi passando era mia nonna, che ha vissuto due guerre mondiali, e mi disse: ‘Questa è la guerra della tua generazione'”.
Non a caso Tilda si è detta fortemente legata al personaggio di Jill nella serie capolavoro It’s a Sin, di Russell T. Davies, in Italia arrivata su StarzPlay: “Ero quella ragazza. Quella è stata proprio la mia esperienza. Quella era l’atmosfera tra la fine dei miei 20 anni e l’inizio dei 30. La vera tragedia fu la rottura con le famiglie d’origine. Molte persone non potevano tornare a casa, quindi rimanevano insieme a noi, ci siamo presi cura di tutti nel miglior modo possibile”. I ricordi dell’AIDS hanno trasformato Londra in una città difficile da vivere, per l’attrice.
“Il modo in cui vivevamo tutti insieme è crollato a causa delle persone che si ammalavano e morivano, o tornavano a casa o lasciavano il Paese. Sono venuta qui nelle Highlands quando sono nati i miei bambini e non sono più tornata a Londra. Trovo ancora difficile tornarci. Posso contare su tre mani le volte che ci ho trascorso più di una notte”.
Attualmente al cinema con The French Dispatch di Wes Anderson, Tilda bisserà a breve con Memoria di Apichatpong Weerasethakul, visto a Cannes 2021, senza dimenticare altri 4 film in post produzione e uno attualmente in lavorazione. The Killer di David Fincher.
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