Davanti alla persistente crociata ideologica del governo contro le identità non conformi, le famiglie di bambinə e adolescenti transgender resistono imperterrite alla possibilità che farmaci come la triptorelina, considerati essenziali per la transizione di genere secondo il consenso scientifico, possano diventare introvabili per lə pochə giovani trans che ne fanno uso.
La triptorelina, farmaco che agisce come bloccante della pubertà, è infatti vitale per quellə ragazzə che desiderano interrompere temporaneamente lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, in attesa di intraprendere un percorso di transizione più consapevole e meno traumatico.
Questi trattamenti consentono di guadagnare tempo prezioso per prendere decisioni informate riguardo alla propria identità di genere, riducendo il disagio e l’ansia associati ai cambiamenti corporei indesiderati.
A partire dall’inizio di quest’anno, il governo, ispirato dalla destra repubblicana statunitense, ha però tentato in tutti i modi di mettere in discussione e limitare le terapie affermative considerate “salvavita” per bambinə e adolescenti affettə tormentatə dalla loro incongruenza di genere.
Inizialmente, è stata condotta una faziosa ispezione presso il centro di eccellenza Careggi di Firenze, seguita dall’istituzione di un tavolo tecnico ad hoc e di una relazione – definita dagli stessi professionisti sanitari “confusionaria e incompleta” – che avrebbe evidenziato “criticità” nei protocolli per la somministrazione dei bloccanti della pubertà.
La maxi commissione, che fa capo ai ministri della salute e della famiglia, Schillaci e Roccella, e composta in gran parte da figure ideologicamente allineate con l’attuale governo, si prepara ora a “rivedere” i protocolli AIFA. È facile immaginare che si tratti di un’operazione orchestrata con precisione, il cui esito era già deciso ben prima del suo inizio.
Un approccio preconcetto a cui questo governo ci ha ormai abituato, e che in questo caso rischia però di compromettere l’accesso a trattamenti fondamentali, mettendo a repentaglio la salute mentale e fisica – quando non la stessa vita – dellǝ giovani transgender.
L’unica risorsa a disposizione delle famiglie coinvolte rimane la protesta pacifica e il dissenso. Recentemente, sei genitori insieme ai loro figli hanno manifestato il loro disaccordo incatenandosi davanti alla sede dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Alcunə ragazzə indossavano una maglietta con la scritta: “Chiedimi se sono felice”.
“La vera domanda da porre, che però i politici che parlano di questo tema non si pongono, è proprio quella. Oggi siamo qui incatenati – ha spiegato ad ANSA Christian Cristalli, responsabile delle politiche trans nella segreteria nazionale di Arcigay – in occasione della prima riunione di un tavolo tecnico sui farmaci per la disforia di genere, perché a quel tavolo non ci sono associazioni, non sappiamo come siano stati scelti gli esperti. La triptorelina è un farmaco sicuro e dagli effetti reversibili, come conferma una nota stampa di 12 società scientifiche di pochi mesi fa. Ma su questo tema ora si fa campagna elettorale“.
Le parole di Cristalli mettono in luce una delle principali preoccupazioni della comunità: la mancanza di rappresentanza e di coinvolgimento delle associazioni trans* nel processo decisionale. La disconnessione tra le esigenze reali dǝ giovani transgender e le politiche messe in atto, spesso guidate più da ideologie politiche che da evidenze scientifiche, appare infatti voluta.
“In pratica tutto viene fatto su di noi e senza di noi. Mentre siamo qui per dire che questo non è un tema su cui fare ideologia e propaganda, si tratta di salute e benessere delle persone“, spiega all’ANSA Silvia, mamma di Zoe, 14 anni e in trattamento da un anno. “In alcuni casi si tratta addirittura di vita o di morte, perché ci sono adolescenti che per la difficoltà di questi percorsi sono arrivati a togliersi la vita mentre il farmaco li aiuta a gestire con più calma i cambiamenti di un corpo in cui non si riconoscono”.
Per molte famiglie, le terapie affermative rappresentano l’unica via per garantire ai loro figli una vita dignitosa e felice. La mancanza di accesso a tali farmaci può infatti avere conseguenze devastanti e comprovate: aumento del rischio di depressione, ansia e, nei casi più estremi, suicidio tra lǝ giovani transgender. Tutti elementi che questo governo, dichiaratamente intenzionato a “proteggere i diritti dellǝ bambinǝ”, sembra ignorare.
La mobilitazione davanti all’AIFA è solo una delle tante iniziative che le famiglie e le associazioni stanno portando avanti per difendere il diritto all’autodeterminazione della fascia più vulnerabile della comunità LGBTQIA+.
La richiesta è chiara: un approccio basato sulla scienza e sull’ascolto delle persone direttamente coinvolte, piuttosto che su pregiudizi e ideologie politiche.
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