Come vivono le persone LGBTIQ+ a Gaza e nei Territori Palestinesi

Si verificano preoccupanti manifestazioni di omobitransfobia, che provengono sia da importanti leader religiosi musulmani, sia da figure di spicco della società laica.

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palestina lgbtiq
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I diritti fondamentali delle persone LGBTIQ+ sono ancora una questione irrisolta e altamente sensibile nei territori amministrati direttamente dall’autorità palestinese. Si verificano preoccupanti manifestazioni di omobitransfobia, che provengono sia da importanti leader religiosi musulmani, sia da figure di spicco della società laica.

Secondo l’Equal Dex, nella classifica LGBTIQ+ World Equality la Palestina occupa il 190° posto su 197 nel mondo (leggi qui cos’è Equal Dex).

In alcune zone della Cisgiordania si registrano segnali di maggiore apertura e tolleranza nei confronti delle persone LGBTIQ+. A Ramallah, principale città della Cisgiordania, sono stati organizzati negli anni timidi eventi e manifestazioni a sostegno dei diritti LGBTIQ+. Tuttavia, anche in queste aree, le persone omo-bisessuali, intersex e transgender sono considerate portatrici di tabù e devono affrontare discriminazioni e ostracismo.

Proprio a Ramallah nel Giugno del 2022 fu vietato da persone riconducibili ad Hamas il concerto dell’artista Bashar Murad perché queer. Nel 2019 l’Autorità Palestinese (con a capo Abu Mazen) aveva bandito le attività LGBTIQ+ organizzate da alcunə attivistə. Nel 2017 lo scrittore Abbad Yahya, autore del romanzo “Delitto a Ramallah” fu perseguitato a causa del “tema gay” del suo romanzo, che pure era stato velato dall’autore con un titolo che rimandava al genere crime.

 

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Sempre nel 2019 un sondaggio condotto dal centro di ricerca Arab Barometer stabilì che soltanto il 5% dei Palestinesi della Cisgiordania ritiene che la società dovrebbe tollerare l’omosessualità. Si tratta del numero più basso nel mondo arabo.

Appena un anno fa l’attivista LGBTIQ+ 25enne Ahmad Abu Murkhiyeh fu decapitato ad Hebron (Cisgiordania, territori palestinesi), a causa della sua omosessualità e del suo fervente impegno per i diritti delle persone LGBTIQ+ palestinesi. Murkhiyeh era un ragazzo palestinese gay che aveva cercato asilo in Israele,  si era recato per qualche giorno nella sua terra d’origine e lì aveva trovato la morte, a causa della sua condizione di persona LGBTIQ+.

Ahmad Abu Murkhiyeh fu decapitato ad Hebron
Ahmad Abu Murkhiyeh fu decapitato ad Hebron

Alcuni dati raccolti negli ultimi anni, sempre da Equal Dex:

  • 4% della popolazione palestinese percepisce la Palestina come posto sicuro per gay e lesbiche
    (dato del 2023)
  • 5% accetta l’omosessualità
    (intesa nei paese arabi, dato del 2014)
  • 34,7% accettazione persone omosessuali come vicini di casa
    (dato del 2014)
  • 6% della popolazione palestinese percepisce la Palestina come posto sicuro per gay e lesbiche
    (dato del 2013)
  • 4% è d’accordo sul fatto che la società dovrebbe accettare l’omosessualità
    (dato del 2013)

Nella Striscia di Gaza, sotto il controllo di Hamas, la situazione è notoriamente difficile per le persone LGBTIQ+. Sono stati segnalati casi di persecuzioni, violenze e persino omicidi di persone sospettate di essere omosessuali e/o persone con identità di genere non conforme. L’organizzazione terroristica Hamas ha imposto una rigorosa applicazione della legge islamica, che condanna l’omosessualità, rendendo estremamente pericolosa la vita per le persone LGBTIQ+.

Photo: Shahar Reznik
Photo: Shahar Reznik

L’attività sessuale tra persone dello stesso sesso è vietata a Gaza dall’ordinanza del codice penale del mandato britannico del 1936. Questa disposizione comporta una pena massima di dieci anni di reclusione. Solo gli uomini sono criminalizzati secondo questa legge. La legge fu ereditata dagli inglesi durante il loro mandato sulla Palestina. La legge continua ad essere in vigore oggi a Gaza, sebbene non lo sia in altre aree dei territori palestinesi. Ma secondo Ani. F. Kassim, redattore capo dell’Annuario palestinese di diritto internazionale, la legge in questione “potrebbe essere interpretata come se autorizzasse l’omosessualità”. L’attivazione della sanzione è condizionata a tre fattori: età, consenso ed estorsione.

È colpevole di un crimine e passabile di reclusione fino a 14 anni:
– qualsiasi persona che abbia rapporti sessuali illeciti con una donna contro la sua volontà mediante l’uso della forza o minacce di morte o gravi lesioni personali, oppure quando si trovi in stato di incoscienza o comunque incapace di resistere;
– qualsiasi persona commetta un atto di sodomia con chiunque contro la sua volontà, con l’uso della forza o con minacce di morte o di lesioni personali gravi, oppure quando si trovi in stato di incoscienza o comunque incapace di resistere;
– qualsiasi persona abbia rapporti sessuali illegali o commetta un atto di sodomia con una persona di età inferiore ai sedici anni.

Secondo un rapporto di Amnesty International del 2022, le autorità palestinesi non riescono a prevenire e indagare su minacce e attacchi omofobici e transfobici. A luglio 2022, le forze di sicurezza sono rimaste a guardare mentre una folla picchiava giovani e bambini che partecipavano a una parata organizzata dall’Ashtar Theatre di Ramallah che includeva bandiere arcobaleno. Come afferma Amnesty, “l’attacco è avvenuto nel mezzo di un’ondata di incitamento alla violenza e all’incitamento all’odio contro le persone LGBTI e le femministe su cui le autorità non hanno indagato”.

In generale nei territori palestinesi manca una legislazione specifica per proteggere i diritti delle persone LGBTIQ+. Questo rende difficile affrontare la discriminazione e le violenze basate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. Le organizzazioni per i diritti umani e gli attivisti hanno lavorato e lavorano per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere una maggiore tolleranza e uguaglianza per la comunità LGBTIQ+, ma le sfide rimangono significative.

Né le unioni civili né il matrimonio tra individui dello stesso sesso ricevono alcun tipo di riconoscimento giuridico all’interno dei territori palestinesi.

Il deterioramento dei diritti umani è ben evidenziato dalla stretta sulle pene di morte. Secondo il Centro Palestinese per i Diritti Umani, i tribunali di Gaza hanno emesso 27 nuove condanne a morte nel 2022, 11 in più rispetto al 2021, trasformando 5 condanne all’ergastolo in condanne alla pena capitale. Ciò è avvenuto dopo che il Ministero della Giustizia di Gaza ha istituito il Comitato Penale Supremo, che ha incoraggiato condanne più severe, apparentemente per scoraggiare i crimini violenti.

Molti palestinesi gay, lesbiche, bisessuali e transgender hanno cercato rifugio, sia in modo legale sia clandestino, nei principali centri urbani israeliani, come Tel Aviv, in cerca di una società più tollerante nei loro confronti. Gli affetti e le relazioni tra persone LGBTIQ+ di origini arabe ed ebree hanno contribuito a rompere le barriere di ostilità e incomprensione tra le due comunità.

Queste relazioni amorose tra individui LGBTIQ+ israeliani e palestinesi fungono da ponte verso una futura convivenza pacifica tra i popoli e promuovono l’apertura interculturale. Spesso, queste coppie dimostrano di essere più aperte al dialogo e meno inclini ai pregiudizi.

Se la repressione LGBTIQ+ nei territori palestinesi è oggettivamente evidente, è doveroso fare alcune riflessioni sul comportamento di Israele e sulla sua pericolosa svolta politica che, seppur ancora oggi certamente democratica, è scivolata negli ultimi anni tra le braccia dell’internazionale di destra.

In un corrosivo articolo – come ce ne sono moltissimi soprattutto in questi giorni sui media di opposizione in Israele – apparso nel marzo 2018 sul quotidiano liberal israeliano Haaretz, ci si chiede infatti se l’occupazione israeliana non sia stata da sempre la miglior alleata della persecuzione delle persone palestinesi LGBTIQ+. Scrive l’autore Dorgham Abusalim:

“Troppo spesso, i palestinesi LGBTIQ+ sono ridotti a vittime, privati della propria autonomia e sfruttati dagli israeliani per promuovere l’immagine di Israele nel mondo come un rifugio sicuro – scrive Abusalim – Gli esempi di tale pratica abbondano, dalle campagne sponsorizzate dal governo israeliano alle notizie fino ai documentari e ai film. Pertanto, viene prestata poca attenzione ai tanti giovani di Gaza che desiderano lasciare Gaza, ma non a causa del loro orientamento sessuale. È a causa della miseria inflitta loro dal continuo assedio di Israele e dai suoi debilitanti attacchi militari su larga scala che hanno reso Gaza quasi inadatta all’abitazione umana, così come dalla prolungata chiusura da parte dell’Egitto del valico di Rafah, l’unica porta d’accesso al mondo per la maggior parte delle persone abitanti di Gaza”

 

 

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