Da Dua Lipa non scappate: se andate a ballare, a qualunque serata o club queer, potete star certi che arriverà a rotazione. La sua musica è diventata pilastro fisso per ogni playlist notturna, in coda a Madonna, Elodie, Kylie Minogue, Britney, e tutta la compagnia.
Non è sempre stato così: nel 2018 – quando canzoni come IDGAF o One Kiss cominciavano a martellarci in testa ovunque andassimo, a lei la consideravano una ‘miracolata’, la meteora passeggera di cui il grande pubblico a malapena ricordava il nome, una one hit wonder nelle casche del Papete Beach.
Poi nel 2020 è scoppiata una pandemia che ci saremmo volentieri risparmiatə, e Dua Lipa è venuta in soccorso: i primi mesi del lockdown, per moltə persone, erano quelli in cui ci si distraeva ascoltando Future Nostalgia in camera, ballando in mutande per casa in attesa di poterlo rifare – chissà quando – in discoteca. Nonostante l’annata peggiore di tutte per lanciare il tuo secondo album, quelle canzoni ci sono rimaste addosso ancora oggi: Don’t Start Now, Levitating, Physical, o Break My Heart contengono la dopamina del classico pop: quella che ti rimane nel cervello, ti porta alla nausea per quanto l’hai ascoltata, ma ti ritrovi a ballarla anche cinque anni dopo.
Oggi Dua Lipa,a 28 anni compiuti, è pronta al terzo capitolo: dopo il boom Dance the Night – direttamente dalla colonna sonora di Barbie – lo scorso ottobre ha lanciato il nuovo singolo Houdini, psichedelico inno dance dedicato a tuttə le single (e non) del mondo, un segno d’ammonizione alla tua rush: o mi prendi o sparisco come un’illusionista austro-ungarico. Solo un assaggio, di quello che arriverà: cosa si sa del terzo album di Dua Lipa?
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In un’intervista con Rolling Stone, Lipa ha confermato che il terzo lp arriverà quest’anno, avrà 11 tracce, e vedranno alla produzione Kevin Parker dei Tame Impala, Danny L Harle, e KOZ. Il titolo è ancora top secret, ma Lipa ha dichiarato che un’unione di pop e psichedelica, liberamente ispirato dalla rave culture del Regno Unito. L’estetica sarà un’altra cosa rispetto a prima: niente technicolor futurista, e più gruppi Brit pop come Oasis e Blur. Uuna ragazza meno chic e glamour come in Future Nostalgia menefreghista che gira di notte per Londra ascoltando Primal Scream e Massive Attack.
“È un disco un po’ più grezzo” spiega a Rolling Stone “Voglio catturare l’essenza della gioventù e della libertà, cosa succede quando ti diverti e lasci che le cose accadano, belle o brutte che siano. Tanto non puoi farci nulla, devi solo seguire il ritmo che ti impone la vita”.
Sebbene diverso dal precedente, DL3 sarà un album 100% Dua Lipa con testi perfetti da mettere come caption su Instagram, e canzoni ambientate in discoteca, dove ci si bacia, ci si diverte, e non si sa cosa accadrà dopo. Niente ballate, ma solo un brano che sfocia in una semi-ballad che ricorda un’unione tra Carole King e i Fleetwood Mac. “We call it love but hate it here/Did we really mean it when we said forever?” canta in un’altra canzone che invece definisce una midtempo sognante sul cambiamento, che strizza l’occhio a Cool di Gwen Stefani. In un’altra canzone fa i complimenti del suo ex, cantando: “I must have loved you more than I ever knew.… I’m not mad/I’m not hurt/You got everything you deserve”.
Tra le ispirazioni Lipa menziona anche artisti rock ed elettronici degli anni ’90, come Moby e i Gorillaz. Gente generalmente poco gentile con le popstar, soprattuto se donne. Ma lei la definisce super legata alla loro musica: “Il modo in cui si sono comportati, le cose che hanno fatto sono odiose. È la loro caratteristica principale” dice a Rolling Stone.
L’album apparirà grezzo e facile in superficie, ma Dua Lipa dichiara di aver lavorato meticolosamente ad ogni brano riscrivendolo, perfezionandolo, e ri-toccandolo “per vedere se poteva fare ancora di più”.
Chissà quanto ci toccherà attendere per assaggiare cosa bolle in pentola. Nel frattempo, Lipa non dimentica le cause più importanti: l’artista si è dichiarata apertamente pro-palestina ed è stata tra le celebrità che hanno firmato la petizione per il ceasefire della guerra tra Israele e Hamas.
Solo lo scorso 2021, sul New York Times il rabbino Shmuley Boteach ha accusato Lipa e sorelle Hadid di antisemitismo per il supporto palestinese, ma anche oggi Lipa mette in chiaro: “I miei sentimenti nei confronti degli sfollati sono autentici, ma è un argomento difficile da trattare perché è divisivo. Si può soffrire per tutte le vite che vengono perse. E devo dire questo: non giustifico ciò che Hamas sta facendo, a prescindere da ciò che il New York Times diceva. Ogni vita è preziosa“.
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