A settembre dello scorso anno, le esternazioni xenofobe della Ministra degli Interni britannica Suella Braverman erano state oggetto di una bufera di polemiche sul governo pupulista ed antimmigrazione di Rishi Sunak.
Nel parlare del piano per la gestione dell’immigrazione in Gran Bretagna, Braverman, che pur discendendo da una famiglia di migranti promuove la deportazione degli stessi fuori dal paese, aveva dichiarato come una buona parte dei rifugiati LGBTQIA+ si “fingessero omosessuali” per ottenere asilo, e che le richieste avanzate da questi ultimi andassero valutate con attenzione per evitare che “se ne approfittassero”.
Le affermazioni della Ministra, all’epoca, provocarono indignazione sia all’interno sia all’esterno della comunità LGBTQIA+, portandole il soprannome di “Cruella Braverman” e ad accuse di insensibilità e di mancanza di comprensione delle gravi sfide che gli individui LGBTQ+ affrontano nei loro paesi d’origine, spesso segnati da persecuzioni, abusi e violenze. Anche la popstar Elton John intervenne pubblicamente sulla questione.
Tuttavia, il governo sembra oggi voler continuare sulla propria strada. Oltre due anni dopo la sua introduzione, il controverso piano del governo britannico di deportare i richiedenti asilo in Ruanda ha ricevuto l’approvazione del Parlamento martedì scorso. La Camera dei Lord, non eletta, ha facilitato la trasformazione del disegno di legge in legge, ritirando l’ultimo degli emendamenti proposti poco dopo la mezzanotte, secondo quanto riportato dall’Associated Press.
Nell’affrontare la questione dei migranti LGBTQIA+, considerati a rischio, il vice ministro degli interni Michael Tomlinson, ha definito il Ruanda un paese “molto progressista” e pronto ad “accogliere i migranti gay” deportati dalla Gran Bretagna.
Nonostante le ripetute critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani, che accusano il governo ruandese del presidente Paul Kagame di essere severamente intollerante al dissenso, Tomlinson ha lodato il paese dell’Africa orientale, affermando addirittura che sia “più sicuro della Gran Bretagna” per coloro che si identificano come LGBTQIA+.
“Non è illegale essere gay in Ruanda e la discriminazione per qualsiasi motivo è illegale“, ha commentato Tomlinson, evidenziando poi che il paese ospita già più di 135.000 rifugiati e richiedenti asilo. Poi, commentando la discussione in parlamento, ha aggiunto: “Francamente, alcuni dei dibattiti che abbiamo ascoltato sono stati molto condiscendenti e quasi arroganti nel guardare il Ruanda dall’alto in basso”.
Ed effettivamente, stando ai report della Human Rights Watch, il Ruanda è uno dei pochi paesi dell’Africa orientale a non criminalizzare le relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso, e qui le politiche del governo sono viste generalmente come più progressiste rispetto ad altri paesi dell’Africa orientale. Questo non vuol dire però che le condizioni siano tanto ottimali da permettere ai rifugiati LGBTQIA+ di essere inviati in Ruanda in tutta sicurezza.
Nella pratica, si legge infatti nel report di HRW, le persone LGBTQIA+ non dispongono formalmente di tutele specifiche contro crimini d’odio e discriminazioni, non esiste una legge su unioni civili né tantomeno sul matrimonio egualitario, la transizione di genere è limitata e la popolazione – fortemente influenzata dall’integralismo religioso – si è più volte dichiarata intollerante verso le identità non conformi. Tanto che in molti hanno paura di fare coming out.
Il Ruanda ha peraltro anche già respinto diverse richieste di asilo da parte di individui perseguitati per il loro orientamento sessuale o identità di genere nel loro paese d’origine.
Nel complesso, il rapporto parla inoltre di arresti e processi sommari nei confronti di “oppositori reali e presunti del governo”, tra cui blogger e giornalisti, tra torture, abusi, violenze e persone “scomparse nel nulla”.
“Se si guardano le statistiche, Kigali [capitale del Ruanda] è probabilmente più sicura di Londra”, ha ribadito Mitchell, senza però condividere alcuna statistica pertinente a sostegno delle proprie affermazioni.
I dati delle Nazioni Unite presentano infatti un quadro diverso: il tasso di omicidi nel Paese è triplo rispetto a quello della Gran Bretagna. Inoltre, questa nazione africana figura in posizioni elevate nelle classifiche internazionali relative alla piccola criminalità organizzata, occupando alcuni dei peggiori primati.
La dinamica tra Gran Bretagna e Ruanda appare quindi sorprendentemente simile a quella osservata tra Italia e Albania. Nel novembre scorso, infatti, la premier italiana Giorgia Meloni ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Primo Ministro albanese Edi Rama, allo scopo di reindirizzare circa 3000 migranti al mese, intercettati dalle unità navali italiane, sulle coste albanesi.
Oltre a ricevere numerose critiche dall’UE, che ha etichettato l’accordo come non conforme al diritto internazionale comunitario, il dibattito si è esteso anche alle sorti dei rifugiati LGBTQIA+ in Italia. Questi ultimi trasferiti in una nazione intollerante, potrebbero infatti trovarsi di fronte a un’accoglienza meno che calorosa – simile a quella che verrebbe riservata ai profughi deportati in Ruanda dalla Gran Bretagna.
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