La replica di Cristina D’Avena è un fiume di retorica

L'artista risponde all'accusa di simpatizzare con i fascisti. Ma la toppa è peggio del buco?

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Cristina D'Avena
Cristina D'Avena
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Nelle ultime ore Cristina D’Avena ha fatto incazzare i social perché canterà ai quarant’anni di Fratelli D’Italia.

La simpatia della cantante per Giorgia Meloni ha generato l’indignazione del suo pubblico, in primis quello LGBTQIA+, tanto da definirla una ‘banderuola’ che pecca di scarsa integrità politica.

In seguito alla bufera, la risposta dell’artista non è tardata ad arrivare: “Da quarant’anni canto in tutti i posti dove sono benvoluta e accolta” scrive in uno statement ufficiale su Instagram. “Nelle piazze dei paesi, nei palazzetti delle città, nei teatri, in televisione, nelle feste LGBTQIA+ e anche alle Feste dell’Unità. Nei Pride e al Vaticano. E sempre e ovunque con tutto l’impegno e la gratitudine possibili.”

Il post è un susseguirsi di luoghi comuni e frasi fatte, dove le canzoni hanno l’obiettivo di portare allegria e spensieratezza “a chiunque, nessuno escluso” e la musica è libera da ideologie: “Non mi schiero e non cambio pelle all’improvviso” ci tiene a precisare D’Avena, specificando che parteciperà solo per cantare e non “militare sotto una bandiera”.

Perché (naturalmente) la musica “unisce, include, e conforta”.

Ho sostenuto, e sempre sosterrò, i diritti civili e l’amore universale che dovrebbe essere alla base della crescita di ogni essere umano” conclude l’artista, lasciando ancora più amaro in bocca di prima.

Può la musica davvero unire quando celebra un partito che chiude porti e cancella i diritti fondamentali delle persone? La musica è universale, ma ballare e cantare spensierate significa ignorare ogni contatto con la realtà circostante? La reazione sui social va da chi conferma D’Avena come opportunista e poco coerente a chi ribadisce che l’artista sta facendo solo il suo lavoro, e questo non definisce né la sua posizione né i propri valori.

Eppure Dua Lipa (tanto per dirne una) si è rifiutata di cantare al Qatar 2022 fin quando non rispetteranno i diritti umani, confermando che anche la musica pop più leggera e gaia può mandare un messaggio forte e chiaro. Partecipare ad un evento organizzato dall’estrema destra non rende automaticamente Cristina D’Avena una fascista che ci vorrebbe tutt* nei forni crematori, ma all’alba del 2023 e in un clima politico così fragile possiamo ancora permetterci la retorica del ‘vogliamoci bene nonostante tutto‘?

A voi la parola.

Leggi anche: Se Laura Pausini si rifiuta di cantare Bella Ciao, dov’è il ruolo dell’arte nella politica?

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