Performatività omosessuale: perché due donne etero dovrebbero baciarsi?

Tra le motivazioni identificate, la ricerca dell'attenzione maschile, ma anche il desidero di esplorare la propria sessualità.

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Nel vasto e complesso panorama delle dinamiche sociali e sessuali contemporanee, emerge – ma in realtà esiste da un po’ – un fenomeno intrigante e multiforme: la performatività omosessuale tra donne eterosessuali.

Questo comportamento, che spazia dalle semplici effusioni ad atteggiamenti più spinti tra donne che si identificano come eterosessuali, ha suscitato l’interesse della comunità scientifica e dei media, portando alla luce questioni riguardanti identità, espressione sessuale e dinamiche sociali.

Un recente studio, condotto da un team di ricercatrici in ambito psico-sessuale, ha esplorato le ragioni e le implicazioni del fenomeno, fornendo una nuova prospettiva su un comportamento spesso osservato ma raramente compreso in profondità.

Cos’è la performatività omosessuale?

Nei locali gay, negli spazi queer e persino agli eventi di speed dating: per donne e persone che si identificano come lesbiche, è canonico imbattersi in donne eterosessuali che “hanno solo voglia di divertirsi e sperimentare un po’”. 

Oggi questo fenomeno ha un nome: la performatività omosessuale – diversa dal queerbaiting che si riferisce a una serie di comportamenti in cui individui – in particolare donne – che si identificano come eterosessuali, manifestano pubblicamente affetto o attrazione fisica verso persone dello stesso sesso.

Si tratta di un fenomeno complesso, che si inserisce nel più ampio contesto delle dinamiche sociali, culturali e di genere.

In un’epoca in cui le definizioni di orientamento sessuale e identità di genere sono in costante evoluzione, la performatività omosessuale sfida le convenzioni tradizionali e solleva questioni significative riguardo l’autenticità, l’espressione sessuale e la fluidità dell’orientamento sessuale.

È importante notare però che, mentre alcuni potrebbero vedere questi comportamenti come una mera ricerca di attenzione o come un gioco, per altri rappresentano un‘esplorazione genuina della propria identità e sessualità.

Tale comportamento trova un terreno particolarmente fertile negli ambienti universitari, dove le giovani donne possono sperimentare e esprimere liberamente la propria sessualità in un contesto sociale più aperto e meno vincolato dalle aspettative tradizionali.

In questo contesto, la performatività omosessuale può diventare un modo per navigare complesse dinamiche sociali, esplorare la propria identità e affermare la propria autonomia in spazi sociali in continua evoluzione.

Lo studio

Il fenomeno della performatività omosessuale è stato indagato e approfondito da uno studio condotto dalle ricercatrici Samantha Stevens, Flora Oswald e Jes Matsick, pubblicato sulla rivista “Personal Relationships“.

Qui, vengono esplorate le motivazioni e i significati psicosociologici dietro il comportamento di donne eterosessuali che partecipano a manifestazioni omosessuali, in particolare in età universitaria, dove la percentuale di coloro che dichiarano di averlo fatto oscilla tra il 20 e% il 33%. 

Attraverso sondaggi online somministrati a 282 donne eterosessuali che hanno riferito di aver praticato attività omosessuali, si mescolano aspetti come l’identità, gli atteggiamenti, le motivazioni e le valutazioni delle esperienze.

Le ricercatrici hanno utilizzato l’analisi delle classi latenti, una tecnica statistica avanzata, per identificare modelli comuni e raggruppare le partecipanti in base alle loro motivazioni:

  • motivato dall’altro: questo gruppo includeva donne la cui performatività omosessuale era guidata dalla ricerca di attenzione maschile e dal desiderio di stabilire legami sociali;
  • sessualmente motivato: donne in questo gruppo erano motivate da desiderio sessuale e dall’esplorazione della propria sessualità;
  • motivato in modo ambiguo: questo era il gruppo più numeroso e presentava una percentuale relativamente bassa di motivazioni specifiche.

Interessante è stato notare come tutte e tre le categorie abbiano riconosciuto l’influenza dell’alcol e del contesto festaiolo come elementi catalizzatori per la performatività omosessuale.

Se il gruppo con motivazione ambigua ha percepito l’esperienza in modo meno positivo, le donne nel gruppo motivato dall’altro hanno percepito l’esperienza come più oggettivante, ma non necessariamente in modo negativo. Infine, le donne del gruppo sessualmente motivate hanno mostrato un maggiore interesse verso l’esperienza, esprimendo il desiderio di ripeterla con maggiore consapevolezza. Insomma, probabili bisessuali ingenue!

Questi risultati evidenziano non solo la complessità delle motivazioni dietro la performatività omosessuale ma anche come le diverse esperienze possono essere percepite e valutate in modi diversi, a seconda dei fattori motivanti e del contesto in cui avvengono.

Tuttavia, è fondamentale riconoscere che l’esplorazione della propria sessualità non può mai avvenire a scapito del rispetto verso gli altri. È essenziale ricordare che gli spazi queer sono stati creati per offrire alla comunità LGBTQIA+ luoghi sicuri e accoglienti per incontrarsi, fare rete, partecipare all’attivismo o semplicemente godersi momenti di svago.

Questi spazi sono pensati con un target specifico al centro, e il loro ruolo e significato nella comunità non dovrebbero essere sottovalutati o ignorati. Mentre è quindi naturale e sano esplorare la propria identità e sessualità, è altrettanto importante farlo con consapevolezza e rispetto per gli spazi e le esperienze altrui.

Ma sopratutto, è importante sottolineare come, ancora una volta, i risultati dello studio dimostrano che ad influenzare le scelte e le inclinazioni delle donne vi sia sempre quella matrice subdola che tutt* abbiamo imparato a conoscere bene in queste settimane: il patriarcato.

Tra le motivazioni addotte e specificate dalle donne che hanno ammesso di praticare performatività omosessuale, una fetta notevole del campione intervistato ha infatti dichiarato di farlo per attirare l’attenzione maschile.

Un’inclinazione solo all’apparenza innocua, che però ha notevoli conseguenze sulla comunità delle donne bisessuali, spesso etichettate come promiscue, volubili, quando il loro orientamento sessuale non viene direttamente invalidato proprio a causa di questi atteggiamenti.

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