SOTTO QUEGLI OCCHI A MANDORLA

La Cina paradiso gay? I media parlano di omosessualità. Il governo fornisce cifre. Molto è da fare, ma la strada si traccia. Che una galleria di bellezze orientali sia di buon auspicio.

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I media di stato cinesi hanno sviluppato un ‘insaziabile appetito’ per le news che riguardano i gay. Lo affermava lo scorso 27 gennaio l’edizione del Singapore Strait Times. Pare infatti che tutto sia partito dal giornale cinese "Huaxia Times" che ha definito la Cina "un mezzo paradiso per omosessuali". Dopo di che, la rivista "Moderrn Civilization Pictorial’ pubblicato dall’Accademia Cinese di Scienze Sociali ha dedicato un intero numero all’omosessualità. Non bastasse, il numero di febbraio del mensile "City Weekend" dedica la copertina a una storia gay, e il Ministro della Salute Pubblica cinese afferma che il numero dei gay in Cina va dai 30 ai 40 milioni, una cifra stratosferica anche per il paese più popoloso del mondo, soprattutto se riportata da un organo ufficiale. Gli attivisti gay ritengono che l’apertura del governo alla questione gay sia dovuta al desiderio di prevenire un’esplosione di infezioni da HIV tra gli uomini gay, che pare siano una piccola percentuale sul totale dei casi di Aids registrati in Cina.

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Ma cosa sta accadendo nel paese della Grande Muraglia? L’argomento dell’omosessualità è rimasto un tabù fino all’avvento della "apertura" politica avvenuta intorno al 1980. Prima di allora, specialmente durante la Grande Rivoluzione Culturale, i gay e le lesbiche erano soggetti a attacchi in pubblico, condannati al carcere o a pene amministrative. Un’interpretazione molto larga dell’articolo 106 della Legge Criminale della Repubblica Cinese che afferma che "ogni vandalismo deve essere punito con l’arresto", premetteva alla polizia cinese di incarcerare gli omosessuali, considerati autori di atti "vandalici". Agli inizi degli anni ’90 c’è stato una decisa apertura verso varie tematiche, tra cui l’omosessualità, e anche gli organi istituzionali si sono dimostrati meno inflessibili. Un episodio emblematico fu l’evento gay "Men’s World" che l’11 novembre 1992 si tenne a Pechino, con l’inatteso sostegno dei media e del governo locale.

Tuttavia, già a partire dal 1993, un atteggiamento più conservatore ha preso potere all’interno della politica del governo, e ogni attività volta alla tutela delle persone omosessuali fu inevitabilmente repressa. Nel 1993, un locale di Pechino venne chiuso perché colpevole di "promuovere l’omosessualità, invece di condannarla, e di divulgare idee sanitarie errate". Nel marzo del 1997, la polizia irruppe nell’unico luogo di ritrovo per gay e lesbiche della città di Guangzhou, ordinando agli sfortunati che si trovavano sulla pista da ballo in quel momento di accovacciarsi a terra; li lasciarono lì per tutti i cinquanta minuti della perquisizione, al termine della quale vennero arrestati una ventina di avventori terrorizzati, condannati a quindici giorni di carcere con l’accusa di vandalismo.

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Anche quando, con un allentamento della morsa conservatrice, gli atti omosessuali venivano difficilmente puniti col carcere, non era raro che la polizia fabbricasse qualche motivo per incarcerare gli omosessuali, spesso per poterli anche ricattare personalmente.

Solo negli ultimi anni, nonostante i gay, le lesbiche e le altre minoranze sessuali subiscano ancora maltrattamenti da parte della polizia, la pressione si è comunque allentata. Molti omosessuali hanno dapprima cercato comprensione nelle loro famiglie e tra i loro amici, poi hanno rifiutato il matrimonio di copertura tradizionale, e infine hanno cominciato realmente a combattere per i propri diritti. Così, la fine degli gli anni ’90 è stato il momento del "coming out" per i gay e le lesbiche cinesi. Nello stesso tempo, il governo e la società sono diventati più tolleranti verso le minoranze sessuali.

Se le leggi cinesi non sanciscono esplicitamente se il comportamento omosessuale sia legale o no, certamente non proteggono in alcun modo i diritti dei gay e delle lesbiche. E il governo non ha mai riparato a questa mancanza. Così, gli omosessuali hanno faticato a trovare spazi dove rivendicare i propri diritti, persino quando venivano trattati come criminali, licenziati dal posto di lavoro, sbattuti fuori di casa o internati in case di cura per malati mentali. Infatti, ancora nel 1994 l’Associazione degli Psichiatri Cinese approvava la lista delle malattie mentali in cui continuava a comparire l’omosessualità, mentre tutto il resto del mondo civilizzato aveva già rifiutato di considerare l’orientamento omosessuale una condizione patologica.

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Solo nel marzo del 2001, l’Associazione ha rivisto la propria posizione in merito, stralciando l’omosessualità dalla lista e mettendosi così in linea con le altre grandi nazioni del mondo. Gli standard corretti attualmente affermano che il comportamento omosessuale non deve essere considerato anormale per definizione. Mentre suggeriscono che i desideri omosessuali possono costituire un "disordine mentale" per persone infelici per il loro orientamento sessuale, coloro che non hanno problemi con l’essere gay non necessitano di aiuto psichiatrico, ha detto Chen Yanfang, vice presidente della commissione permanente della associazione.

Le organizzazioni gay operano un ruolo fondamentale nella lotta contro il pregiudizio, nel promuovere la tolleranza, e soprattutto nello sviluppo di una maggiore consapevolezza della comunità omosessuale nei confronti dell’Aids. Si sono creati, così, alcuni network gay informale e non organizzati in associazioni nazionali che ricoprono una funzione indispensabile nel divulgare la lotta all’Aids, nonostante non abbiano alcuna protezione né assistenza economica dal governo. Ciononostante, avvocati e attivisti svolgono ancora il loro lavoro volontariamente.

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