Alcuni paesi africani, caraibici e del Pacifico accusano l’Unione Europea di imporre i propri valori liberali tramite pressioni economiche e per questo potrebbero boicottare la messa in vigore dell’EU-ACP Agreement, accordo tra l’Unione e il Gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Il trattato copre questioni attinenti allo sviluppo economico, alla cooperazione regionale, al commercio, e mira a promuovere la cooperazione e il dialogo tra le due parti.
I leader di alcuni paesi in via di sviluppo temono che l’UE stia cercando di imporre diritti legati alla parità di genere e alle minoranze sessuali. L’accordo EU-ACP Agreement condiziona infatti il sostegno economico dell’UE a determinate priorità sociali ed economiche di stampo liberale, tra cui l’educazione sessuale, la parità di genere, l’aborto, le questioni LGBTIQ+ e altre politiche sociali di parificazione dei diritti delle minoranze.
Dall’Uganda alla Nigeria, in tutta l’Africa abbiamo assistito negli ultimi mesi a una violenta escalation di repressione verso la comunità LGBTQIQ+ e più in generale verso i diritti civili. In vista della ratifica dell’accordo, che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2024, la International Islamic Fiqh Academy ha rilasciato un documento nel quale avvisa i musulmani dei ventidue stati membri dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica che le istanze sostenute nell’accordo EU-ACP Agreement in tema di aborto, omosessualità, identità di genere ed educazione sessuale è “ingannevole e contraddittoria con gli insegnamenti chiari dell’Islam“. È la premessa per far saltare il patto globale e ribadire che le teocrazie islamiste non accettano i valori liberali occidentali.
L’International Islamic Fiqh Academy è un’organizzazione internazionale di studiosi islamici che emette pareri giuridici (fatwa) sull’applicazione delle leggi islamiche sulle questioni che attengono alla vita contemporanea e alla morale Fa parte dell’Organizzazione della cooperazione islamica (OCI) e offre orientamenti religiosi e giuridici ai musulmani in tutto il mondo.
L’accordo EU-ACP prevede una revisione ventennale degli impegni internazionali relativi alla “salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi“, che obbliga tutte le nazioni a “portare leggi e regolamenti che criminalizzano o in altro modo limitano i diritti sessuali e riproduttivi in accordo con la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile“, incluso fornire ai bambini una “educazione sessuale completa“, legalizzare le relazioni omosessuali, la prostituzione e l’aborto.
Ma non sono soltanto gli islamici dei paesi in via di sviluppo a remare contro l’accordo, e a sbandierare un fantomatico “oltraggio dei valori” da parte degli Occidentali. Inquietante in tal senso anche la campagna anti-occidentale portata avanti da Family Watch International (che ha sede negli USA) che nelle parole del suo presidente Sharon Slater ha definito l’EU-ACP Agreement un’operazione “esca e scambio”. Slater ha detto che quanto proposto dall’Unione Europea “ha trasformato questo accordo economico in un trattato di ingegneria sociale sessuale e sociale, utilizzando la forza del diritto dei trattati per imporre ai paesi ACP i valori devianti, sessuali e sociali dell’UE“.
Family Watch International (FWI) è un’organizzazione non governativa (ONG) internazionale che si concentra principalmente sulla promozione di politiche e valori tradizionali della famiglia e della moralità. L’organizzazione è stata fondata nel 1999 e ha sede negli Stati Uniti, ma opera a livello globale.
Le attività di Family Watch International includono la partecipazione a conferenze internazionali, il monitoraggio delle politiche internazionali che riguardano la famiglia, la promozione di leggi e politiche che riflettano i principi conservatori riguardo a famiglia, moralità e diritti dei genitori. FWI si oppone spesso a questioni come l’educazione sessuale inclusiva nelle scuole, i diritti delle persone LGBTIQ+ e altre questioni legate alla sessualità e ai diritti riproduttivi. Qualcosa di paragonabile all’italiana Pro Vita (che è dichiaratamente di stampo cattolico, mentre FWI è multi-confessionale) ma su scala globale.
Slater di FWI ha sottolineato che molti paesi stanno rivalutando la loro posizione sull’accordo EU-ACP, tra cui Namibia, Nigeria, Jamaica, Trinidad e Tobago e Uganda.
L‘Uganda è già al centro di un impasse internazionale, dopo che Banca Mondiale e Stati Uniti hanno stoppato i fondi in conseguenza della feroce legge anti-LGBTQI approvata nel paese.
Il governo della Nigeria ha dichiarato che non era presente alla firma con l’Unione Europea e che l’accordo è attualmente sotto esame interno, con l’obiettivo di garantire che le disposizioni dell’EU-CP Agreement non violino la legislazione nazionale della Nigeria, paese dove soltanto pochi giorni fa quasi 100 persone sono state arrestate con l’accusa di aver partecipato a un rito matrimoniale gay.
Il governo della Namibia ha rilasciato una dichiarazione ministeriale che ha evidenziato diverse disposizioni “non conformi alla Costituzione namibiana”.
Un arcivescovo cattolico romano di Trinidad e Tobago (paese dei Caraibi) ha fortemente criticato l’accordo EU-ACP, affermando che non si allinea con i valori del popolo caraibico e rappresenta “un’ennesima imposizione coloniale su piccoli stati fragili“.
Per avviare l’applicazione dell’accordo EU-ACP il 1° gennaio 2024, è necessario il consenso del Parlamento europeo e la ratifica degli stati membri. Sono quindi fondamentali le firme di tutti gli stati membri dell’UE e di almeno due terzi degli Stati dell’Organizzazione dei paesi africani, caraibici e del Pacifico (ACP).
Seguite tutte le news sull’Africa su Gay.it >
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.
Da quale fonte si apprende che l'Europa voglia legalizzare la prostituzione nei paesi africani, caraibici e del Pacifico? Regolarizzare non è sinonimo di legalizzare perché implica la stesura di regole. I giornali di parte non dovrebbero parlare a voce dei gay e appiccicargli ideologie che non gli appartengono.