Dal 1 gennaio del 1948 ad oggi l’Italia repubblicana ha avuto dodici presidenti della Repubblica. Da Enrico De Nicola, durato 5 mesi appena, a Sergio Mattarella, il cui incarico finirà a inizio 2022. Dodici presidenti della Repubblica, tutti uomini. Puntualmente, come capita da tempo ogni sette anni, anche in queste ultime settimane il toto-nomi ha coinvolto donne aspiranti presidenti, rilanciando la questione del genere come scelta di campo in ambito politico.
Da almeno 20 anni data come papabile prima donna al Quirinale, Emma Bonino potrebbe finalmente abbracciare quel voto trasversale che nelle ultime 3 elezioni l’ha sempre sfiorata, ma mai del tutto sospinta al titolo di prima cittadina italiana. Nel 1999 un sondaggio SWG rivelò che il 31% degli italiani voleva proprio lei, icona radicale, come Capo dello Stato. Tre volte ministro, oggi 73enne senatrice e in passato 3 volte vicepresidente del Senato della Repubblica, Bonino andrebbe così a chiudere una carriera politica straordinaria.
Senatrice a vita e oggi 91enne, Liliana Segre ha già declinato l’invito per il Quirinale, per quanto, sondaggi alla mano, sarebbe tra i nomi più apprezzati dagli italiani. Prima donna di sempre ad essere eletta presidente del Senato, la 75enne Maria Elisabetta Casellati farebbe felice i partiti di centrodestra, liberando lo scranno della seconda più alta carica dello Stato per far suo il primo. Proprio Casellati, in passato più volte distante dalle battaglie della comunità LGBT, è risultata decisiva nell’affossamento del DDL Zan a palazzo Madama, appoggiando la richiesta del voto segreto alla tagliola richiesto da Lega e Fratelli d’Italia. Voto segreto all’epoca contestato da Pd, 5 Stelle e LeU.
Altro nome molto papabile tra gli attuali rappresentanti di governo quello di Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale nonché ministra della Giustizia. Vicinissima a Comunione e Liberazione, Cartabia si è sempre tirata fuori da qualsivoglia baruffa politica di tipo mediatico, dicendo no al matrimonio egualitario nel lontano 2011.
Oggi 70enne, ha le sue chance anche Rosy Bindi, ex DC poi PD, nel 2006 eletta ministra per le politiche per la famiglia nel governo Prodi. Fu lei, insieme a Barbara Pollastrini, a proporre i DICO, malamente naufragati e lontani parenti delle unioni civili poi approvate nel 2016. Nel 2018, dopo 24 anni, non si è ricandidata alle elezioni politiche, rimanendo fuori dal Parlamento.
In ambito centrosinistra, spazio anche ad Anna Finocchiaro, 66enne ministra per le pari opportunità nel primo governo Prodi. Anche lei come Bindi ha salutato il Parlamento nel 2018, dopo 31 anni ininterrotti.
60 anni appena, Roberta Pinotti rientra tra le papabili presidenti, dopo aver guidato il ministero della Difesa dal 2014 al 2018, esattamente come Sergio Mattarella tra il 1999 e il 2001.
72enne ex sindaca di Milano, Letizia Moratti potrebbe essere una delle carte a sorpresa del centrodestra, dopo essere diventata a inizio 2021 vicepresidente nonché assessore al Welfare della Regione Lombardia. 20 anni fa fu nominata Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca da Silvio Berlusconi.
Altra possibile sorpresa, perché fuori dalla politica parlamentare, quello di Elisabetta Belloni, 63enne ex direttrice generale della Farnesina, ora a capo dei servizi segreti. Prima donna ad avere simile riconoscimento. Mai deputata e/o senatrice, è stata segretario generale del Ministero degli affari esteri dal 2016 al 2021. Potrebbe strappare voti da tutti i partiti attualmente in Parlamento.
Tirato da più parti per la giacca per un secondo mandato che ha più volte gentilmente declinato, Sergio Mattarella a gennaio avrà un successore. Se non fosse Mario Draghi, super favorito ma stritolato in una tenaglia politica che lo costringerebbe a concludere la legislatura da presidente del Consiglio, e smascherata la boutade Silvio Berlusconi, che Lega, FDI e di rimbalzo IV, inspiegabilmente alimentano da settimane, mai come quest’anno l’ipotesi “donna al Quirinale” sta lentamente prendendo forza. Se non fosse che l’idea delle cosiddette ‘quote rosa’ faccia storcere il naso a molti, perché una donna al Quirinale dovrebbe andarci per meriti proprio, e non solo e unicamente “in quanto donna”.
Ma in un’Italia che dal 1948 ad oggi ha avuto appena tre donne presidenti della Camera e una donna presidente del Senato, infrangere il tabù Quirinale sarebbe gradito, corretto, doveroso, necessario. In un’Italia in cui, statisticamente parlando, ogni tre giorni viene brutalmente ammazzata una donna, e il più delle volte tra gli affetti di casa, un Capo dello Stato al femminile farebbe scuola, indicherebbe una strada, un cambiamento effettivo nei ruoli di potere, ancora oggi nella stragrande maggioranza dei casi a trazione maschile. In un Paese normale non ci dovrebbero essere distinzioni di genere, tanto nel mondo della politica quanto in quello del lavoro, ma l’Italia di oggi è tutt’altro che ‘normale’, visto e considerato che su 949 parlamentari solo 339 sono donne, così come la differenza in busta paga fra uomo e donna è del 23,7%. A favore del primo, naturalmente. Ed è qui che la battaglia su una signora al Quirinale, sulla prima storica presidente della Repubblica, si fa ancora una volta campale, per iniziare a picconare quel vetro di cristallo che dal 1948 ad oggi non si è mai concesso neanche una piccola crepa.
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