Perché il destino della comunità black è anche quello della comunità LGBT

I diritti civili o sono di tutti o nessuno si può ritenere al sicuro.

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Il Presidente Obama, primo uomo di colore eletto presidente degli Usa, ha abbandonato il vertice Nato per tornare e confortare una nazione che in questi giorni è scossa come neanche l’11 settembre è riuscito a fare. Quella volta infatti il nemico era un’incognita, un nemico esterno che aveva valicato i confini ritenuti inviolabili del territorio americano schiantandosi con gli aerei.

Ma oggi il rischio è quello di una guerra civile. Da una parte una comunità black, ma anche una comunità latina, che scende in strada per protestare contro una politica di sopraffazione da parte delle forze di polizia. Dall’altra le forze di polizia in questione, cioè il braccio esecutivo dello Stato americano, che negano l’evidenza, appoggiate in questo dai gruppi più conservatori e da un candidato presidenziale, quel Trump che è diventato volto e riferimento politico e ideologico della middle e working class bianca americana. Un Trump che ha tutto l’interesse politico a che lo stato di guerra civile continui almeno fino alle elezioni per poter poi proporsi come soluzione “finale”.

In mezzo, milioni di americani di ogni colore e classe sociale, da Beyoncé che dice di aver paura per il futuro di sua figlia (è successo nel 2015 che la polizia abbia pestato e incarcerato in un ospedale psichiatrico una donna di colore perché “una donna di colore non può guidare una BMW”) all’ex sindaco Giuliani che accusa di razzismo e di antiamericanismo il movimento di protesta Black Lives Matter, nato nel 2013.

I fatti parlano da sé. Sono 123 le persone di colore uccise dalla polizia solo in quest’anno. La regola generale ripetuta ad ogni omicidio dalle autorità è che le vittime abbiano messo in atto comportamenti tali da causare la reazione della polizia. Ma ogni volta che una telecamera è presente, essa racconta una realtà diversa. Ogni volta. Che si trattasse del disgraziato obeso strangolato dai poliziotti sul marciapiede di New York mentre supplicava “sto soffocando” qualche anno fa all’ultimo, quel Philando Castile ucciso nel sedile passeggero con accanto la fidanzata che registrava terrorizzata mentre il suo ragazzo moriva agonizzante nell’indifferenza del poliziotto che gli aveva appena sparato, la realtà raccontata dai fatti filmati è quella di un comportamento inumano delle forze di polizia.

Perchè la comunità LGBT dovrebbe essere interessata a quello che accade a neri e latini? Lo ha detto chiaramente il leader di HRC, la più importante organizzazione per i diritti gLGBT statunitense. I diritti civili o sono di tutti o nessuno si può ritenere al sicuro. Una motivazione che, aggiungiamo noi, ha una sua valenza storica. È stata la brutalità della polizia americana verso la comunità LGBT solo 50 anni fa a dare il via alla rivolta di Stonewall e alla nascita del movimento, che è arrivato ad ottenere il matrimonio per le coppie gay solo un anno fa. Analogamente, anche la comunità black ha lottato fino ad avere un Presidente di colore. Ma paradossalmente, accanto a questo che forse è il suo più grande successo, una parte è rimasta ancora nelle condizioni in cui viveva 50 anni fa, e forse anche peggio. E in questo caso la discriminante la fa l’accesso all’istruzione di grado superiore e le possibilità economiche. I neri che sono riusciti ad avere un’istruzione superiore sono pienamente integrati nel tessuto americano. Quelli che non vi hanno accesso, no.

Entra nella scena un nuovo movimento, il Black Lives Matter, nato due anni fa dall’ennesimo brutale pestaggio di un nero da parte delle forze di polizia. Vale la pena di notare che sono due donne lesbiche ad averlo fondato. Alicia Garza e Patrisse Cullors dirigono un movimento in cui coesistono la dimensione queer e quella black, perché non puoi separare una persona dalla sua sessualità e dal colore della sua pelle, come dicono loro nelle interviste. E tutto torna poiché proprio negli ultimi mesi le riviste che parlano di diritti della comunità LGBT puntano il dito sul fatto che tutto finora ha avvantaggiato la comunità gay e lesbica bianca, ma ben poco è stato fatto per trattare i problemi specifici di neri, latini e asiatici queer.

Il fatto che la polizia abbia arrestato e poi rilasciato uno dei leader di Black Lives Matter, DeRay Mckesson durante una protesta per i fatti di Baton Rouge, non fa altro che creare ancora più tensione. Oggi l’ex sindaco di New York Giuliani ha affermato: “I giovani di colore devono portare rispetto alla polizia e temere i loro coetanei, poiché nel 99% dei casi saranno i loro coetanei ad ucciderli“: ne è nata una vera e propria bufera mediatica.

Un tripudio di razzismo concentrato in dati statistici facilmente contestabili, visto che la percentuale di omicidi bianco su bianco è quasi pari all’82% e, udite udite, il 71% degli omicidi di poliziotti è commesso da bianchi e non da neri. Ma il razzismo, come l’omofobia non si ferma davanti all’evidenza di una telecamera, figurarsi a quella di un dato statistico. E Giuliani incarna proprio quell’idea di “America ordine e legge” per la quale la vita umana non vale nulla. Specialmente se nera.

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