Intersex, storica risoluzione ONU: le procedure mediche forzate violano i diritti umani

Sin dagli anni 50', innumerevoli persone intersex sono state costrette a rientrare nel canone binario tramite interventi chirurgici e terapie ormonali non consensuali.

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Le procedure mediche non necessarie – e spesso forzate – per “normalizzare” le persone intersex sono ufficialmente una violazione dei diritti umani. Lo ha stabilito il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, con una risoluzione che finalmente restituisce alle persone gender variant il diritto di decidere sul proprio corpo.

Un’iniziativa – i cui primi promotori sono i governi di Australia, Cile, Finlandia e Sudafrica – figlia della crescente attenzione verso la comunità intersex, che da decenni lotta per il proprio diritto all’autodeterminazione.

intersex intersessualita
Bandiera intersex – intersessualita

I danni delle procedure mediche forzate sulle persone intersex

Si stima che circa l’1,7% della popolazione mondiale manifesti tratti intersessuali, nascendo con caratteristiche fisiche, genetiche o ormonali che si discostano dalle convenzionali definizioni di genere maschile o femminile.

Un caso emblematico è quello dell’atleta Caster Semenya, che per lungo tempo è stata al centro di controversie legate ad accuse infondate di doping, ed addirittura costretta a sottoporsi a una terapia ormonale per abbassare i propri livelli di testosterone. In realtà, le sue eccezionali prestazioni sportive derivano da caratteristiche biologiche innate.

Sin dagli anni 50, pratiche che comprendono interventi chirurgici, terapie ormonali e altri trattamenti medici non consensuali, vengono applicate senza il consenso dellǝ direttǝ interessatǝ, con l’obiettivo di far rientrare i corpi intersex in una delle due categorie sessuali maggiormente riconosciute: maschile o femminile.

Nonostante il consenso generale tra professionisti sanitari e organizzazioni per i diritti umani sul fatto che tale forzatura sia estremamente dannosa, molti genitori di bambin* intersex vengono ancora oggi convinti a sottoporli ad operazioni la cui natura invasiva e spesso non necessaria porta con sé un ventaglio di conseguenze negative, sia sul piano fisico che psicologico.

Dal punto di vista fisico, gli interventi chirurgici, soprattutto quelli eseguiti in tenera età, possono causare dolore cronico, perdita di sensibilità e funzionalità degli organi genitali, nonché complicazioni a lungo termine che possono influenzare la fertilità e la funzionalità ormonale.

Le terapie ormonali, se non attentamente monitorate e desiderate dall’individuo, possono altresì portare a effetti collaterali indesiderati e a un senso di estraneità verso il proprio corpo.

Sul piano psicologico, le conseguenze possono essere altrettanto devastanti. La mancanza di consenso nelle decisioni mediche riguardanti il proprio corpo equivale per molti individui intersex a una violazione.

Moltǝ sperimentano traumi, ansia, depressione e difficoltà nell’accettare la propria identità. Uno scenario ulteriormente aggravato dallo stigma e dalla mancanza di comprensione che spesso circondano le persone intersex, conducendo a isolamento sociale, discriminazione e difficoltà nelle relazioni interpersonali.

Il lungo percorso verso l’autodeterminazione

Già nel 2013, l’Organizzazione Mondiale della Sanità espresse una chiara opposizione nei confronti degli interventi di sterilizzazione precoce praticati sui minori intersessuali, una posizione sostenuta con forza anche dagli organi competenti in materia di diritti umani delle Nazioni Unite.

Questi ultimi espressero infatti, in oltre 50 occasioni dal 2011, la loro condanna per tali pratiche, sottolineando la necessità di vietare ogni forma di intervento medico non emergenziale eseguito senza un consenso informato, pieno e volontario sulle persone con caratteristiche intersessuali.

Verso la fine del 2023, l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite rafforzò questa posizione attraverso l’emissione di una nota tecnica. In essa si raccomanda esplicitamente il divieto di qualsiasi “intervento medico forzato o coercitivo su persone intersessuali, inclusi quelli non urgenti che non beneficiano del pieno consenso dell’individuo.

Posizione che si fonda sulle numerose indicazioni già fornite in passato dagli organi dei trattati internazionali sui diritti umani, e che ha portato già alcuni paesi – come la Grecia – a mettere dei divieti in autonomia. 

Oggi, la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite aggiunge un altro tassello al percorso verso l’autodeterminazione delle persone intersex, ma anche nel cammino verso una maggior rappresentazione e visibilità delle problematiche che affliggono la comunità.

 

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