Allarme Aids: test a sorpresa a Verona. L’11% sieropositivo

Una ricerca condotta in sette città europee, tra cui Verona, svela l'arretratezza del nostro Paese in termini di prevenzione e lotta all'Aids. Il 57,1% dei sieropositivi non sa neanche di esserlo.

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Si è conclusa in aprile, con una conferenza al Parlamento Europeo, la ricerca europea "Sialon" coordinata dal Programma Promozione Salute della Regione Veneto e condotta in sette città europee, tra cui Verona con la partnership di Arcigay. Scopo  dello studio era quello di capire quanto fossero diffuse HIV e sifilide tra gli uomini omo e bisessuali e di raccogliere dati sui comportamenti a rischio utilizzando indicatori standard a livello internazionale. I campioni sono stati presi in maniera casuale e in numero rappresentativo tra la popolazione che frequenta la scena gay nell singole città esaminate.

A Verona sono stati raccolti 405 campioni di saliva nei luoghi di incontro gay (discoteche, bar, saune, battuage), e sono stati distribuiti altrettanti questionari: tutto si è svolto garantendo l’anonimato delle persone, ma assicurando nel contempo la possibilità di collegare i risultati dei test per l’HIV e la sifilide sui campioni di saliva alle risposte fornite nei questionari. Associato a questo studio, inoltre, ne è stato condotto anche uno definito più "qualitativo" con interviste a venti uomini e ragazzi che hanno indagato più in profondità sui comportamenti a rischio e l’accesso ai servizi sanitari.

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Per quanto riguarda le infezioni di HIV trovate con le analisi sui campioni di saliva, Verona è risultata inferiore solo a Barcellona: nella città scaligera, infatti, l’11,8% delle persone casualmente contattate sono risultate sieropositive, di cui il 57,1% non era al corrente del proprio stato di salute perché ha dichiarato di non avere mai fatto un test specifico per l’HIV (4,8%) o di essere risultato sieronegative all’ultimo test (52.4%). A Barcellona, invece, si conferma un trend già rilevato negli ultimi anni con percentuali di infezione oscillanti attorno al 17/18%. I risultati delle altre città (Bucarest, Bratislava, Praga, Lubiana), invece, sono tutti al di sotto del 6%.

Di particolare rilievo, poi, la differenza tra i più giovani e i più adulti per quanto riguarda la prevenzione. Gli under 25 hanno fatto un test in misura minore nell’ultimo anno (34,4%) e sono anche stati meno raggiunti da programmi di prevenzione (57,4%) in confronto ai più adulti. Sempre i più giovani sono risultati anche più vulnerabili in termini di pratiche a rischio: solo il 25,9% ha usato il preservativo nell’ultimo rapporto anale (contro il 50,2% dei maggiori di 25 anni), mentre anche il rapporto orale ricettivo con eiaculazione in bocca è risultato essere più frequente tra i più giovani che tra gli over 25 (il 27,3% contro il 14,6%).

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Prevedibilmente le pratiche più a rischio sono risultate in generale più contenute con i partner occasionali, rispetto ai partner fissi: con i partner occasionali il 33% ha avuto rapporti anali non protetti negli ultimi sei mesi e solo il 16,3% si è fatto eiaculare in bocca, mentre entrambe le percentuali aumentano notevolmente con i partner fissi (rispettivamente il 58,1% e il 43,3%).

Tra i fattori di rischio, è emersa l’associazione tra l’uso di alcool o droghe durante il sesso (in particolare hashish, cocaina ed ecstasy) e la tendenza a proteggersi di meno, così come quella tra la sieropositività e il fatto di avere avuto in precedenza, o di avere allo stato attuale, altre malattie sessualmente trasmissibili come la sifilide, dato che conferma la tendenza di quest’ultima ad aumentare il rischio di trasmissione dell’HIV. Infine, un altro dato preoccupante allontana l’Italia dagli standard europei e l’avvicina a quello dei paesi dell’Est del contintente: solo meno della metà delle persone ha ricevuto preservativi tramite programmi di prevenzione, e tanto meno li ha ricevuti dai servizi sanitari (poco più del 5%), confermando che tutto il lavoro di prevenzione è di fatto a carico delle sole associazioni lgbt.

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Non ultimo il dato sull’omofobia percepita rispetto al contesto religioso (88%), politico (65,6%) e sociale (52,8%), quando più di uno su tre pensa che il proprio ambiente familiare, lavorativo o scolastico abbiano atteggiamenti negativi nei confronti delle persone omo e bisessuali. Questo impedisce, per paura di essere giudicati e di dovere affrotnare dei conflitti, di rivolgersi con serenità alle strutture adeguate per ricevere informazioni sulla prevenzione, per svolgere i test regolarmente e per sottoporsi alle cure adeguate.

E questi dati non devono stupire se associati a quelli di un’altra ricerca svolta tra gli allievi delle ultime classi dei licei di quattro regioni italiane dalla quale emerge l’assoluta mancanza di conoscenze dei diciottenni maschi in tema di sessualità, malattie sessualmente trasmissibili, contraccezione e HIV. Tra le domande rivolte ai medici, infatti, durante la ricerca "Amico Andrologo", spiccano interrogativi come "L’Aids esiste ancora?" oppure "Non è una malattia degli omosessuali?". Molti, poi, i giovani che si chiedono se l’omosessualità sia curabile e se dipenda da traumi infantili.

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Parte oggi, invece, la ricerca intitolata EMIS, la più grande ricerca europea in Internet sul sesso tra uomini. Il questionario resterà online per tutta l’estate, disponibile in 31 paesi e in 25 lingue ed è rivolto agli uomini che hanno rpaporti sessuali con altri uomini. Anche in questo caso si tratta di uno studio che protegge l’anonimato di chi vorrà contribuire. Si può partecipare alla ricerca compilando il questionario che si trova all’indirizzo www.emis-survey.eu oppure cliccando sul banner che trovate sull’home page di Gay.it. Le informazioni  che verranno raccolte aiuteranno le organizzazioni locali e nazionali a capire i bisogni degli uomini gay e bisessuali, per migliorare le proprie strategie di prevenzione e l’accesso ai servizi.

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