Arriva anche in Italia la possibilità di avere terapie ormonali adeguate alle esigenze e al benessere delle singole persone. Si apre una strada anche per le persone non binary.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Alessandra Fisher, medico specialista in Endocrinologia e Malattie del ricambio, all’interno della SOD di Andrologia, Endocrinologia femminile e Incongruenza di Genere, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi.
La dottoressa Fisher si occupa della tematica dal 2005 e il suo impegno è focalizzato nella ricerca clinica e nell’assistenza delle persone con varianza di genere e con differenze dello sviluppo sessuale, in età adulta ed evolutiva. E’ inoltre presidente della Società Italiana Genere Identità e Salute (SIGIS).
La prima cosa che ho notato parlando con la dottoressa Fisher è il rispetto per le molteplici sfumature delle identità di genere e una cura particolare nel precisare le numerose e differenti esigenze che hanno le persone che si avvicinano a un percorso di affermazione di genere (ve ne parliamo qui ndr). Parlando con la dottoressa, si nota una grandissima attenzione al benessere del singolo individuo, visto come essere umano di cui rispettare esigenze di carattere fisico e psicologico. Non si tende più ad ingabbiare l’originalità all’interno di confini binari, costringendo le persone transgender ad accettare spesso una terapia ormonale che tende a curare una forma di dismorfismo con il rischio di provocarne un’altra.
Ogni persona ha il diritto di piacersi e di scegliere le caratteristiche che la fanno stare bene.
Qui un link di INFO TRANS a proposito dell’AFFERMAZIONE DI GENERE >
Partiamo dall’inizio, e cioè il contesto non binario e la possibilità di approcciare terapie ormonali.
In considerazione di una visione molto più aggiornata sull’identità di genere che non è più binaria, la terapia deve avere obiettivo di massimizzare il benessere della persona, nel rispetto di ciò che la persona sente di essere. La terapia ormonale non deve dare necessariamente un aspetto binario maschile o femminile (non tutti desiderano questo) e quindi veniamo incontro alla esigenze di queste persone.
Per esempio, non tutte le persone assegnate a maschio alla nascita, desiderano uno sviluppo mammario o rinunciare alla vita sessuale.
Una persona assegnata a femmina alla nascita invece, può voler bloccare il ciclo, ma non desiderare un eccesso di peluria maschile. Qualcuno può desiderare una massa muscolare maschile e un abbassamento del timbro della voce, ma il rischio di comparsa di alopecia non sarebbe tollerabile. Scegliendo alcune molecole in associazione ad una terapia ormonale con dosaggio adeguato, si raggiunge un obiettivo quanto più vicino a ciò che la persona desidera. Perché non tutte le persone sono uguali.
Può fare altri esempi pratici?
La terapia con testosterone può aumentare le possibilità di perdere i capelli. Non è possibile prevedere prima dell’inizio della terapia l’entità dell’eventuale alopecia. E’ importante essere consapevoli dei possibili effetti collaterali della terapia e che l’entità degli stessi è variabile da persona a persona. Un’opzione terapeutica finalizzata a limitare la perdita di capelli è rappresentata dall’utilizzo di inibitori della del 5-alfa reduttasi.
Quali sono le tempistiche degli effetti di questa terapia?
Gli studi legati sia all’efficacia che ai rischi della terapia ormonale di affermazione di genere si basano su una terapia binaria, mirata cioè alla massima mascolinizzazione e femminilizzazione. Non sono ancora disponibili dati relativi alla sicurezza ed efficacia della terapia individualizzata per le persone non binarie.
Gli inibitori della 5-alfa reduttasi hanno effetti collaterali? Quali sono?
I dati disponibili riguardano esclusivamente la popolazione di uomini cisgender, su cui sono stati riportati effetti collaterali limitati, tra cui il calo del desiderio sessuale.Non sono disponibili dati relativi al profilo di sicurezza in popolazione transgender.
Questa terapia presenta indubbiamente dei pro rispetto a quella standard, quali sono invece gli eventuali contro?
Non essendo disponibili studi relativi a una terapia individualizzata, non abbiamo informazioni che ci permettano di quantificare l’efficacia delle modificazioni, il tempo necessario per ottenerle. Inoltre, non possiamo sapere se limitare la comparsa di alopecia, possa limitare anche ulteriori segni di mascolinizzazione, come l’abbassamento del timbro della voce.
Mi parlava di una precisazione da fare riguardo a fertilità ed eventuali gravidanze per le persone AFAB (assigned female at birth ndr), sotto terapia ormonale.
E’ fondamentale ricordarsi che, anche se la terapia con testosterone induce generalmente scomparsa dei cicli mestruali (amenorrea), non rappresenta un metodo contraccettivo. Pertanto, è importante utilizzare metodi contraccettivi. La terapia con testosterone, infatti, può indurre gravi malformazioni del feto in caso di gravidanza.
Alcune persone confondono questo tipo di terapia con il microdosing, cosa può dirci al riguardo?
Dosaggi più bassi sono una possibilità, ma non l’unica, perché per alcune persone è possibile utilizzare associazioni di molecole differenti e non solo dosaggi differenti.
La dottoressa mi spiega inoltre che non è corretto parlare di transizione di genere e di persone FtM o MtF, in quanto non si fa un percorso che parte da qualcosa verso un’altra, ma il percorso ha l’obiettivo di affermare il proprio genere (quindi è più corretto parlare di percorso di affermazione di genere). Inoltre, poiché l’identificazione di genere è variabile da persona a persona, non si ritiene più corretto parlare di persona MtF o FtM, perché si darebbe in tal caso come assunta una identificazione al cento per cento femminile o maschile, rispettivamente.
Per questo è preferibile riferirsi al genere assegnato alla nascita (persona assegnata a femmina alla nascita, assigned female at birth, AFAB o persona assegnata a maschio alla nascita, assigned male at birth, AMAB) proprio al fine di includere tutte le possibili declinazioni dell’identità di genere.
Ringraziamo la dottoressa Fisher e tutti i ricercatori che in Italia e all’estero si impegnano a ricercare e applicare terapie sempre più innovative e finalizzate al benessere delle persone con disforia di genere.
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