“Un vero e proprio caso di mobbing a sfondo sessuale“. Ci sarebbe questo dietro la morte di un agente penitenziario, che tra la notte fra il 17 e il 18 febbraio si è tolto la vita con la sua pistola di ordinanza. A parlarne alla Gazzetta del Mezzogiorno è stato l’avvocato Antonio La Scala, amico intimo dell’uomo, vessato da anni sul posto di lavoro per via della sua vita privata.
“In quasi 15 anni di umiliazioni subite, ha sempre rifiutato l’etichetta di omosessuale, ma era questo l’argomento principale con il quale alcuni suoi colleghi lo tormentavano”, ha raccontato l’avvocato, parlando di un uomo introverso e riservato. Scapolo, 56 anni, l’agente penitenziario si occupava quotidianamente del padre malato, servendosi di permessi speciali che gli consentivano di assentarsi dal carcere di Turi, presso cui prestava servizio.
Agente penitenziario suicida, la madre citerà in giudizio l’amministrazione
“Mi chiedo come abbia potuto procurarsi la pistola che viene sistematicamente lasciata in armeria, nel carcere, al termine dell’orario di lavoro”, si è domandata la madre dell’uomo, riferendo alla stampa che il figlio si trovava in aspettativa dal lavoro. Anche prima del trasferimento nel 2008 nell’istituto di pena pugliese, stando alle parole di La Scala, l’uomo avrebbe subito atti di bullismo e violenza verbale da parte di alcuni colleghi. Tra le lettere conservate dall’avvocato, alcune risalenti già al 2005 e al 2006, quando l’amico prestava servizio nel carcere di Verona:
Era un uomo un po’ timido, ansioso per carattere, gentile. Due giorni fa ho raccolto il suo ennesimo sfogo: non ce la faceva più. Mi ripeteva che i colleghi lo prendevano in giro, non gli credevano, dicevano che non stava bene con il cervello, che era malato immaginario, lo dileggiavano perché non si era mai sposato.
La madre dell’agente ha rivelato che adirà le vie legali per fare chiarezza sulla vicenda e capire se sia possibile individuare uno o più responsabili della morte del figlio. Il sospetto è quello dell’istigazione al suicidio, reato previsto dal codice penale italiano.