Ci è voluto del tempo, ma anche l’American Psychological Association (APA) ha chiarito che la transessualità non è un disturbo mentale, ribadendo il suo no alle terapie di conversione. Si definiscono terapie, ma altamente dannose e inutili. Si parla infatti di un trattamento molto pericoloso per la salute mentale di una persona, poiché volta a cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere.
L’APA conta centinaia di migliaia di dottori, consulenti ed educatori e si tratta della principale organizzazione scientifica e professionale che rappresenta la psicologia negli Stati Uniti.
American Psychological Association: terapia riparative solo per aumentare lo stigma
La risoluzione dell’American Psychological Association si basa in particolare sulle persone transgender, spiegando che:
Le identità e le espressioni non binarie, transgender e di genere sono sane e l’incongruenza tra il proprio sesso e genere non è né patologica né considerabile come un disturbo mentale.
Evidenziando come molte persone non binarie conducono una vita normale come tutte le altre, è quindi ovvio che con una terapia di conversione si vuole solamente alimentare “lo stigma e la discriminazione nei confronti delle persone transgender e di genere diverso“.
Identità di genere non binaria e trans sono “normali variazioni”
Secondo alcuni studi, ricorda l’American Psychological Association, essere non binari e transgender non è una malattia, bensì una “normale variazione nell’espressione umana del genere”. Proprio per questo motivo, spingere una persona ad “accettare” un sesso che non gli appartiene può portare gravi traumi alla salute mentale e fisica.
Basta vedere i dati del 2020 del Progetto Trevor. Il sondaggio condotto su 40.000 giovani LGBT ha evidenziato che il 10% era stato sopposto a una terapia di conversione, di questi, il 78% era ancora minorenne, quindi su volere della famiglia.
Altri sondaggi hanno riportato che il 16% dei casi la terapia viene condotta dalla famiglia stessa.
Si parla di costrizione per il 61%, riguardo coloro che volevano diventare etero. Mentre l’8% aveva problemi con la sua identità di genere, il 27% invece mirava sia a cambiare orientamento sia a risolvere la propria disforia di genere.
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