Russia, il regime di Putin durerà almeno fino al 2030. Vinte le elezioni farsa con l’88% dei voti

“Elezioni né libere né giuste”, la replica della Casa Bianca. A Roma, davanti l'ambasciata russa, le associazioni LGBTQIA+ italiane hanno manifestato a sostegno delle persone LGBTQIA+ che vivono in Russia.

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Primo ministro dal 1999 al 2000 e dal 2008 al 2012, presidente della Russia dal 2000 al 2008 e dal 2012 ad oggi, con quinto mandato fino al 2030 appena conquistato. Vladimir Putin ha vinto le elezioni farsa che si sono tenute in Russia nel weekend, con oltre l’88% dei voti e un’affluenza che ha superato il 73%. Si tratta del più alto numero di voti ottenuto nella storia della Russia moderna. Se solo si potesse parlare di reali ‘elezioni’.

Agli sfidanti, ovvero il candidato comunista Kharitonov, quello di Gente Nuova Davankov e quello del Partito liberaldemocratico Slutsky, sono rimaste le briciole. Ma quanto avvenuto in Russia è puro teatro degli orrori, morte della democrazia, certificazione di un regime. Oggi 71enne, tra sei anni Putin potrà candidarsi per un sesto mandato, avendo sapientemente cambiato la Costituzione che gli impediva di restare al Cremlino.

Dalla Casa Bianca hanno sottolineato come le elezioni russe “non sono ovviamente né libere né giuste”.

Le elezioni in Russia non sono state né libere né regolari ed hanno riguardato anche territori ucraini occupati illegalmente”, ha cinguettato il ministro degli esteri Antonio Tajani. “Continuiamo a lavorare per una pace giusta che porti la Russia a terminare la guerra di aggressione”.

Il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha parlato di “svolgimento illegale delle elezioni sul territorio ucraino, mancanza di scelta per gli elettori e l’assenza di un monitoraggio indipendente da parte dell’Osce. Non sono queste le caratteristiche di elezioni libere ed eque”.

Putin è un uomo “ubriaco di potere” che vuole “regnare per sempre“, il commento del presidente ucraino Volodymir Zelensky, che ha apertamente parlato di elezione che “non ha legittimità“.

Le percentuali fake di Putin non hanno nulla a che fare con la realtà, ovviamente. Non vale la pena discuterne“, ha scritto su Telegram Leonid Volkov, braccio destro del defunto dissidente russo Alexei Navalny.

Il voto si è svolto in condizione di estrema repressione della società, rendendo impossibile una scelta libera e democratica“, ha detto il ministero degli Esteri polacco Zbigniew Rau.

Le pseudo elezioni in Russia non sono né libere nè giuste, il risultato non sorprende nessuno. Il regime di Putin è autoritario, si asa sulla censura, la repressione e la violenza. Le “elezioni” nei territori occupati dell’Ucraina sono nulle e costituiscono un’altra violazione del diritto internazionale“, ha commentato la ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock.

Yulia Navalnaya, moglie del defunto oppositore del presidente russo Vladimir Putin, Alexei Navalny, ha votato all’ambasciata russa di Berlino e sulla scheda ha scritto il nome di Alexei. È stata proprio Yulia a lanciare l’iniziativa “Mezzogiorno contro Putin”, con migliaia di persone che nella giornata di ieri, alle ore 12:00, si sono messe in coda per votare, sia in Russia che all’estero, contro il presidente in carica.

In tutta la Russia ci sono stati decine e decine di arresti, dinanzi a proteste dentro e fuori dai seggi elettorali, con le ambasciate russe all’estero, Italia compresa, prese pacificamente d’assalto da parte dei manifestanti.

Russia, il regime di Putin durerà almeno fino al 2030. Vinte le elezioni farsa con l'88% dei voti - ambasciata russa 3 - Gay.it
Associazioni LGBTQIA+ davanti l’ambasciata russa di Roma

 

L’amore non è estremismo”, si leggeva in uno dei cartelli portati in piazza da attivisti e attiviste delle associazioni LGBTQIA+ italiane, tra cui Gaynet, Agedo, Mario Mieli e Libellula, nei pressi dell’ambasciata russa di Roma, che hanno aderito alla protesta internazionale promossa da All Out. Presente anche una delegazione dei Radicali Italiani. L’iniziativa ha espresso solidarietà alle persone LGBT+ in Russia e chiesto una mobilitazione collettiva dei Paesi democratici per offrire rifugio a chi in questo momento è costretto a fuggire dal Paese, complice la nuova sentenza della Corte Suprema che lascia mano libera alle forze dell’ordine di identificare e arrestare persone anche per il solo fatto di aver avuto contatti con realtà ritenute vicine al mondo arcobaleno. Dopo aver rappresentato una catena umana di persone con indumenti a tinte scure, a simboleggiare un regime che priva di colori un intero Paese, gli attivisti e le attiviste si sono dirette sotto l’ambasciata russa, mostrando i cartelli ai passanti. L’azione si è conclusa con un intervento ordinario delle forze dell’ordine. Simili azioni si sono svolte in contemporanea a Londra, Berlino, Città del Messico, New York, Helsinki, Taipei, Bogotà, San Paolo, Ottawa, Roma, Bangalore, Varna.

Nei giorni delle elezioni russe – ha dichiarato Rosario Coco, Presidente di Gaynet – abbiamo aderito alla protesta globale lanciata da All Out per esprimere solidarietà alle persone LGBT+ in Russia e ribadire la pericolosità di un regime oppressivo ed estremista alle porte dell’Europa. La strumentalizzazione della causa LGBT+ operata da Putin per giustificare sin dall’inizio la guerra in Ucraina, aggrava la retorica dell’odio e la discriminazione in tutta l’Eurasia e dimostra che si tratta di una battaglia di libertà e democrazia, specie se consideriamo i ripetuti tentativi della Federazione Russa di ispirare movimenti estremisti e reazionari all’interno dell’Unione Europea e nel mondo”.

Da un quarto di secolo Vladimir Vladimirovič tira i fili del più vasto Stato del mondo, con 150 milioni di abitanti al suo servizio. Per anni abbiamo dovuto sopportare dichiarazioni al limite del folle, che raccontavano Putin come “grande statista”, con i leader della destra italiana a scodinzolargli tra le gambe. “Farei cambio tra Renzi e Putin domattina, altro che dittatore”, cinguettava Salvini nel 2014, rilanciando così nel 2015: “Se devo scegliere tra Obama e Putin scelgo PUTIN tutta la vita”, prima di sparare a zero contro il Capo dello Stato: “Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin”. Parole che oggi fanno venire i brividi. Nel corso degli ultimi 25 anni Putin ha incarcerato i propri oppositori e ha chiuso giornali e tv a lui ostili, mentre misteriosi decessi hanno visto cadere i suoi più acerrimi nemici. Uno dopo l’altro.

Nel 2013 il parlamento nazionale russo ha approvato all’unanimità una legge che proibisce la distribuzione di materiale propagandistico a sfondo omosessuale, rivolto ai minori di 18 anni, in tutto il Paese. La tristemente celebre “legge contro la propaganda LGBT”, che ha di fatto reso illegali i Pride, così come il parlare in difesa dei diritti LGBTQ+, distribuire materiale che promuova le istanze delle persone omosessuali, propagandare l’idea che le relazioni tra persone dello stesso sesso siano uguali a quelle etero, mostrare film, serie tv e/o spettacoli tv con coppie dello stesso sesso. Nel 2021 Putin ha modificato la Costituzione, vietando ufficialmente il matrimonio egualitario e le adozioni per le persone transgender, definendo la “fede in Dio” come valore fondamentale della Russia.

Nel 2018, dinanzi alle ripetute denunce di violenze nei confronti degli omosessuali in Cecenia, la Russia negò davanti al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU le accuse di torture e assassinii ad opera delle forze di sicurezza della regione del Caucaso contro la comunità LGBTI e riportate dal quotidiano Novaja Gazeta. Tra i suoi principali alleati c’è Ramzan Kadyrov, dal 2007 a capo della Cecenia, repubblica della Federazione russa, ovvero colui che ha dato vita all’omocausto ceceno. Negli ultimi 7 anni attivisti, giornalisti e sopravvissuti hanno accusato il governo ceceno di aver arrestato, torturato e ucciso decine di persone LGBT+. A fine 2021 vi abbiamo raccontato la storia di Salman, deportato e massacrato per presunta omosessualità.

A fine 2022 la  Duma ha approvato la nuova legge contro la propaganda LGBTQIA+, ancor più stringente della precedente, perché definitivamente censorea nei confronti di tutto e tutti, miniro o non. Lo scorso giugno Putin ha ordinato che le persone LGBTQIA+ venissero considerate malate per legge, vietando la transizione di genere. A fine 2023 la Corte Suprema russa ha dichiarato estremista il movimento LGBTQIA+, con arresti a pioggia. Cosa Putin potrà continuare a fare, fino al 2030, è l’unica domanda che oggi dovrebbe risuonare in tutte le democrazie del mondo.

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Associazioni LGBTQIA+ davanti l’ambasciata russa di Roma

 

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