Bridgerton 2, la recensione. Più casta e meno queer, torna la sopravvalutata soap firmata Shondaland

Su Netflix dal 25 marzo, per provare a bissare lo spropositato successo di fine 2020.

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Bridgerton 2, la recensione. Più casta e meno queer, torna la sopravvalutata soap firmata Shondaland - BRIDGERTON 207 Unit 01731R - Gay.it
Bridgerton. (L to R) Charithra Chandran as Edwina Sharma, Simone Ashley as Kate Sharma, Shelley Conn as Mary Sharma, Jonathan Bailey as Anthony Bridgerton in episode 207 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2022
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Bridgerton. Jonathan Bailey as Anthony Bridgerton in episode 205 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2022

Il giorno di Natale del 2020 eravamo ancora nel pieno della pandemia da Covid-19, con mezzo mondo chiuso in casa a fagocitare qualsiasi prodotto partorito dai colossi dello streaming. Proprio quel giorno, era il 25 dicembre, sbarcò su Netflix Bridgerton, serie prodotta Shonda Rhimes e creata da Chris Van Dusen, tratta dai romanzi di Julia Quinn, ambientati nel mondo dell’alta società londinese durante la Regency Era di inizio ‘800.

Il boom fu clamoroso e onestamente impronosticabile. Nel suo primo mese di messa in onda Bridgerton ha asfaltato tutti i precedenti record Netflix, facendo parlare di sè per i ripetuti e apprezzati nudi di Regé-Jean Page, esploso negli abiti di Simon Basset, Duca di Hastings, e la leggerissima trama in salsa pop con intrecci d’amore e spruzzate da telenovela milionaria. Tralasciando l’accuratezza storica, mai neanche lontanamente considerata dagli autori, Bridgerton ha successivamente collezionato 12 nomination agli Emmy, vincendone uno, due agli Screen Actors Guild Award, una ai DGA, una ai PGA e addirittura una ai Grammy Award.

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Bridgerton. (L to R) Florence Emilia Hunt as Hyacinth Bridgerton, Ruth Gemmell as Lady Violet Bridgerton, Luke Newton as Colin Bridgerton, Jonathan Bailey as Anthony Bridgerton, Luke Thompson as Benedict Bridgerton in episode 207 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2022

Diventato incredibilmente fenomeno globale, Bridgerton torna ora su Netflix con l’attesissima stagione 2, tratta dal romanzo “Il visconte che mi amava“, tutto incentrato sul Duca Anthony Bridgerton, primogenito della famiglia Bridgerton interpretato da Jonathan Bailey, attore dichiaratamente e orgogliosamente gay.

Dopo aver accompagnato all’altare la sorella Daphne Bridgerton, Anthony decide di convolare a nozze. Inizia così la ricerca della moglie perfetta, per portare avanti il cognome della propria famiglia al fianco di una donna rispettabile e appagante, che non contempli l’amore. Perché il Duca non vuole innamorarsi, dopo aver visto sua madre soffrire la morte dell’amato marito. Ad un ballo Anthony incontra Edwina Sharma, giovane elegante, colta, bellissima, nominata “Diamante di stagione” dalla regina. Tutto sembra perfetto per dar forma ad un altro matrimonio regale, se non fosse che la sorella maggiore di Kate, Kate Sharma, faccia inizialmente di tutto per rompere il fidanzamento tra Edwina e il bel Duca, da lei inizialmente odiato. Peccato che tra lei e Anthony, litigio dopo litigio, esploda l’amore apparentemente impossibile…

Una milionaria soap opera che torna a ripetersi e a ripetere il canovaccio originale, perdendosi in originalità e annaspando nella sua eccessiva lunghezza. Otto ore suddivise in otto puntate su Netflix dal 25 marzo, per provare a bissare lo spropositato successo di fine 2020, lasciando pericolosamente in disparte nudità e scene di sesso, qui ridotte all’osso rispetto all’exploit della prima stagione, negli occhi di tutti segnata dal sontuoso e acclamato didietro di Regé-Jean Page, da molti visto come papabile prossimo James Bond. Vero è che il bellissimo Jonathan Bailey si regala un nudo alla prima puntata, ma nelle successive sette il suo Duca e la profumiera di stagione Kate, interpretata da Simone Ashley, non fanno altro che annusarsi ad un palmo di distanza, frenando a fatica feromoni e pulsioni sessuali come se improvvisamente Tv2000 avesse soppiantato Netflix sul fronte distributivo.

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Bridgerton. (L to R) Simone Ashley as Kate Sharma, Jonathan Bailey as Anthony Bridgerton in episode 204 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2022
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Bridgerton. Golda Rosheuvel as Queen Charlotte in episode 206 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2022

Negare la centralità della sottotrama erotica del primo Bridgerton significherebbe negare l’evidenza, con questo secondo capitolo che gioca esageratamente a lungo con un (duplice) menage-a-trois familiare che incrocia sorelle, madri, cugini e figlie, ma in modo del tutto casto e onestamente poco originale nei suoi ripetuti sviluppi, mentre l’ormai svelata identità di Lady Whistledown traccia una seconda linea narrativa che va a dare visibilità alla defenestrata famiglia Featherington in cui Lady Portia e sua figlia Prudence sembrano sempre più Lady Tremaine di Cenerentola e Genoveffa.

Sontuosa nei costumi, nelle acconciature mastodontiche e nelle ricche scenografie, Bridgerton 2 paga lo scotto di uno script meno intrigante, più ovvio, con un ritmo decisamente più frenato e ugualmente sciocco nella sua evoluzione, ma senza il plus della prima volta, della novità che irrompe dal nulla in piena pandemia intrattenendo decine di milioni di persone annoiate, incazzate, eccitate e impaurite in tutto il mondo. La traccia queer che nel corso della prima stagione aveva coinvolto Benedict Bridgerton e Sir Granville è stata letteralmente cancellata da un colpo di pennello, lasciando il secondo fratello maggiore di Bridgerton continuare a perseguire il proprio amore per la pittura ma tra le braccia di una musa.

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Bridgerton. (L to R) Polly Walker as Lady Portia Featherington, Bessie Carter as Prudence Featherington in episode 204 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2022

Perso per strada il duca di Hastings Regé-Jean Page, che ha rifiutato di prendere parte persino ad un semplice cameo perché sommerso dalle richieste recitative, in questa nuova stagione ritroviamo la bella Daphne, interpretata da Phoebe Dynevor, e assistiamo ad una maggiore presenza di Colin Bridgerton e soprattutto di Eloise Bridgerton, ribelle di casa sempre più orientata verso l’iconica Jo March di Piccole Donne, ‘femminista’ di inizio ‘800 in un mondo dominato a proprio piacimento dagli uomini.

L’amore assoluto continua a regnare sovrano tra scandali e gossip da quattro spiccioli esattamente come avvenuto con la prima stagione, ma Bridgerton 2 appare annacquato, con tempi lunghissimi al cospetto di un frustrante tira-e-molla sentimentale che impiega otto ore per giungere a dama. Prodotto qualitativamente parlando chiaramente sovrastimato, Bridgerton torna in onda con la consapevolezza di voler ‘intrattenere’, senza dover obbligatoriamente e necessariamente cavalcare meriti televisivi forse troppo velocemente attribuitogli. Perché qui abbiamo Febbre d’Amore che incontra Downton Abbey, senza neanche più il pruriginoso uragano ormonale della prima stagione. Con la 3a dovrebbe essere adattato il romanzo “La proposta di un gentiluomo“, tutto dedicato all’artista di casa Bridgerton, Benedict, con la consapevolezza che la saga editoriale ideata da Julia Quinn è arrivata addirittura a quota 9 capitoli.

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